Speciale Google+

Finalmente svelato il social network made in Google.

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Alla fine, dopo mesi di indiscrezioni, anche Google ha presentato al mondo il suo social network, o meglio, la sua idea per integrare tutti gli spunti del Web 2.0 in una piattaforma unica. Basata naturalmente sulle tecnologie di Mountain View.

Dopo lo zoppicante - per usare un dolce eufemismo - tentativo fatto nel 2009 con Google Wave, l'azienda di Larry Page e Sergei Brin ha passato gli ultimi due anni a studiare e raffrontare i maggiori social network del mondo, cercando un modo per proporre al pubblico un prodotto che fosse al tempo stesso innovativo e consueto, capace di avere lo stesso appeal di Facebook e Twitter. Google Plus, per ora in fase closed beta, rappresenta il risultato di questo studio: il social network della grande G non va inteso come un progetto a se stante, ma rappresenta l'inizio di un ripensamento generale dell'intera struttura del motore di ricerca più noto, che passa per i contenuti generati dagli utenti, certo, ma ha come obiettivo la creazione di un ecosistema integrato, capace di spodestare dal trono non tanto Mark Zuckerberg, quanto Microsoft ed Apple.

Una volta effettuato l'accesso, ci troviamo davanti una pagina molto simile alla home di Facebook, solamente meno blu. Qui possiamo condividere i nostri pensieri, link, immagini e quant'altro ne più ne meno come faremmo su qualsiasi altro sito; quello che distingue Google+ dagli altri siti è la gestione dei contatti, basata sulle "cerchie" ovverosia dei gruppi preimpostati (amici, conoscenti, familiari e via dicendo) in cui possiamo inserire i nostri contatti e, per ogni singola condivisione, possiamo decidere con quale cerchia interagire. C'era già anche in Facebook, direte voi. Ed è vero, tuttavia non possiamo fare a meno di notare come con l'interfaccia di Google tutto sia molto più intuitivo: basta un singolo click per selezionare o deselezionare le cerchie, mentre tutti gli input (gestiti con l'ormai noto sistema delle notifiche) provenienti dai nostri contatti possono essere gestiti singolarmente. Per esempio, quando un nostro amico ci tagga in una fotografia non appare la notifica dicendo "sei stato taggato" (per poi magari scoprire che il tag è su una foto di noi riversi per terra sbronzi e con una scimmia in testa): con Google+ appare la foto e, subito sotto, la richiesta "ti hanno taggato qui, per te va bene?". Finché non siamo noi ad approvare il tag, insomma, la foto resta invisibile. Un buon passo avanti per quanto riguarda la privacy, che anche altri servizi dovrebbero implementare. 

Sempre riguardo la gestione del profilo, è molto positiva l'enfasi che gli ingegneri di Mountain View hanno messo sulla privacy e sulla condivisione di informazioni. Tutto il sistema è molto più chiaro di quello proposto da Facebook e permette un maggior controllo sulle informazioni e i dati che desideriamo (o non desideriamo) condividere.
Per il resto il feeling che si ha usando Google Plus è strano: da una parte sembra di avere a che fare con la versione "vuota" di Facebook (un problema che si supererà solo quando le iscrizioni saranno aperte a tutti), dall'altro l'integrazione con i servizi di Google permette di mantenere un'interfaccia molto meno confusionaria di quella cui ci ha abituato il sito blu. Non c'è bisogno di un sistema di messaggistica interno, dato che l'account si sincronizza in automatico con Gmail, né di una chat a se stante, dato che GTalk è automaticamente attivo su tutte le pagine a dominio google che visiteremo;stesso discorso per le fotografie (Picasa) e i documenti (GoogleDocs).
Probabilmente ci vorrà almeno un annetto prima di poter trarre delle conclusioni sul successo o meno di questa nuova piattaforma ma, come dicevamo all'inizio, concentrarsi solo su G+ perdendo di vista il quadro generale è un grave errore. 
Nei piani di Google, questo ennesimo servizio deve sancire definitivamente il monopolio della premiata ditta Page, Brin e Schmidt sulla rete: il sogno di Mountain View è avere utenti che gestiscono la loro vita sociale su GooglePlus, connettendosi da un terminale Android o da un computer che usa Chrome (o meglio ancora il futuro ChromeOS), in cui tutte le informazioni sono condivise sui server di Google. Dal nostro punto di vista una prospettiva di questo tipo appare abbastanza inquietante, data la sempre maggiore mole di dati che affidiamo alla rete (intendendo per rete tutti i servizi, da Facebook a Blogger, fino a Twitter e ai classici Mail provider) e la preponderanza di Google nei servizi che usiamo già oggi. Guardando la cosa da un punto di vista meno etico e più business, è chiaro che nel breve termine G+ non rappresenta assolutamente una minaccia per FaceBook o Twitter. I due network californiani ad oggi contengono talmente tante informazioni e hanno un numero talmente elevato di utenti che sarebbe impensabile immaginare un esodo di massa in tempi brevi. Tuttavia immaginando tempistiche più ampie Google ha una cosa che per ora nessuno dei due dominatori del settore possiede: una solidità finanziaria. Detto chiaramente, a Mountain View hanno un modello di business che funziona: l'azienda guadagna, mentre Facebook e Twitter no (basti guardare le ultime inchieste di Fortune e Forbes). Sono delle grandi promesse ma, come troppo spesso accade nell'IT, è difficilissimo trasformare una grande idea in una macchina capace di fare soldi e soddisfare degli investitori. Per ora FB e Twitter non sono ancora public companies e la lentezza con cui Zuckerberg sta portando la sua creatura al Nasdaq fa capire perfettamente come le incognite siano molte più di quelle che appaiano. Nel frattempo però il denaro per mantenere i server e pagare i dipendenti continua ad uscire e molti analisti stanno cominciando a rivedere al ribasso le stime di crescita e di fatturato sia del social network che del sito di microblogging più famosi del mondo.

Google+ Insomma, la battaglia che si sta giocando va molto oltre alla condivisione di un paio di meme e di qualche link preso da failblog: rappresenta un giro di boa fondamentale nel mondo dei media, destinato a disegnare le logiche di potere e i contenuti che verranno veicolati da qui ai prossimi quindici anni. Da questo punto di vista noi utenti dobbiamo stare molto attenti, sapendo che le aziende bramano più di ogni altra cosa i nostri dati. Il vero discrimine fra un servizio e l'altro sarà sempre più legato alla protezione delle informazioni e al livello di privacy che ci sarà garantito.