Fotografia notturna e Astrofotografia: muoviamo i primi passi

Siete mai stati incuriositi dalla fotografia notturna o dall'astrofotografia? Ecco una guida che vi aiuterà a capire un po' di più questa materia.

Fotografia notturna e Astrofotografia: muoviamo i primi passi
Articolo a cura di

Almeno una volta nella vita ognuno di noi ha provato a immortalare il fantastico paesaggio stellare sospeso sulle nostre teste. Chi ha fatto più di un tentativo, con un cellulare o con una macchina fotografica, ne sarà rimasto probabilmente deluso: immagini poco definite, esposizioni sballate e foto soltanto da cestinare sono spesso i risultati che si ottengono. Questo perché, a discapito di quello che si possa pensare, la fotografia notturna e l'astrofotografia sono ostiche da padroneggiare, anche per i fotografi "terreni" più esperti.
Niente paura, con un po' di attenzione e una buona dose di pazienza si può arrivare a buoni risultati anche con attrezzature casalinghe o entry level, senza per forza sborsare un capitale in apparecchiature all'avanguardia.
Vista la complessità dell'argomento abbiamo diviso questa guida in due parti. In questo articolo parleremo delle nozioni introduttive, nel prossimo invece ci addentreremo maggiormente nella pratica.

Le nozioni base di fotografia

Se si parte proprio da zero è giusto che si evidenzino almeno le nozioni fotografiche di base più utili nel campo della fotografia notturna. Innanzitutto, bisogna capire come è costruita - a grandi linee- una macchina fotografica (che sia una Reflex o una camera di un telefono il processo è quasi identico) e sapere che almeno tre sono gli elementi fondamentali che bisogna conoscere: la Sensibilità ISO data dal Sensore, il Diaframma e l'Otturatore.
Il Sensore è un piccolo parallelepipedo lucido e si trova nel cuore delle fotocamere e dei nostri smartphone, posizionato subito dopo le lenti. La sua funzione è quella di trasformare (grazie a dei fotodiodi) qualsiasi segnale luminoso in un segnale elettrico, che poi il software tradurrà in un'immagine (una tipica foto JPEG ad esempio) oppure in un pacchetto dati grezzi (detto file RAW).

Il Sensore quindi funge come la nostra Retina, che capta il segnale del mondo circostante permettendo di elaboralo nel proprio cervello. Un aspetto fondamentale del sensore è la possibilità di impostare la sua sensibilità alla luce, rendendolo più o meno reattivo al segnale. Si parla in questo caso di valori ISO e generalmente più sono alti (ISO 6400, ISO 16800, andando a salire) e più imprimono facilmente la luce - restituendo però più "rumore digitale" man mano che si sale.

Il Diaframma è paragonabile alla nostra Iride e alla Pupilla: più è dilatato, più è grande (prendete ad esempio gli occhi dei gatti)

e più luce può entrare. È uno dei componenti fondamentali in quanto è modificabile dall'utente stesso a seconda delle proprie esigenze, e nasconde nel suo utilizzo alcune "conseguenze" che rappresentano l'ABC del fotografo (come l'effetto sfocato e la scelta della profondità di campo - ma per ora concentriamoci solo sul suo ruolo primario).
Quando si parla di diaframma si notano spesso le diciture "f/2.8", "f/4", "f/10" e così via: sono i cosiddetti STOP e - detta molto semplicemente - sono i vari gradi di esposizione che un determinato obiettivo permette. Per essere davvero precisi essi in realtà indicano il "rapporto focale" di un obiettivo, ma non sarebbe saggio dilungarsi in altre nozioni quando c'è così tanto di essenziale da dire; i fotografi professionisti o i grandi amanti della fotografia non ce ne vogliano quindi per questa spiegazione piuttosto semplicistica ma, in parole povere, la cosa importante da ricordare è che più il numero dopo la f è piccolo e più stiamo permettendo alla luce di entrare.

L'Otturatore invece è da considerarsi come una vera e propria palpebra umana. È una parte meccanica a forma di "serranda" che più rimane aperta e più lascia esposto il sensore ai segnali luminosi dell'esterno. Anche questa parte è regolabile manualmente e, grazie ad essa, si possono inventare moltissime combinazioni a seconda del tempo di apertura che si impone: per esempio un otturatore che scatta in un 1/2000 di secondo è talmente veloce che permette di imprimere sul sensore un'immagine molto "sfuggevole", come magari un'auto in corsa o un ciclista in curva, mostrando persino le ruote statiche. Se invece allungassimo i tempi, magari portando la velocità ad 1/30 di secondo allora potremmo avere difficoltà nell'inquadrare un soggetto fermo, perché un tempo così lento e sensibile risentirebbe persino dei micromovimenti del corpo umano, facendo apparire la foto mossa.
Mantenere un otturatore aperto molto a lungo ci permette di fare "foto a lunga esposizione", cioè una foto che continua a captare segnale luminoso e a sovrapporre segnale su segnale (banalmente si potrebbe dire che è come un video con la grande differenza però che ogni fotogramma non è sequenziale all'altro, ma bensì sovrapposto a quello precedente).

Differenza tra Fotografia Notturna e Astrofotografia

Una delle altre cose fondamentali da conoscere è la differenza tra fotografia notturna e astrofotografia e sapere soprattutto a quale delle due ci si vuole dedicare. Sebbene possano sembrare simili in realtà vi sono più differenze che similitudini: la prima - anche detta "notturna paesaggistica" - si limita ad inquadrare un paesaggio terrestre, con elementi naturali o artificiali, e cercare poi di rendere protagonista la volta celeste, dando spesso maggior risalto alla Via Lattea (e in particolare al suo nucleo, che da noi è visibile molto bene per tutta l'estate).

L'astrofotografia invece si dedica più al profondo cielo ("Deep Sky", in inglese) ovvero a tutti quegli oggetti che sono quasi impossibili da vedere ad occhio nudo (alcuni di straordinaria bellezza) se non in qualche cielo davvero buio.
Spesso richiede non solo una strumentazione fotografica di un certo livello, ma anche determinati telescopi di supporto e "montature" che possano permettere anche ore di sessione mantenendo sempre ben inquadrato il nostro target. Ma di quest'ultima branca, essendo la più complessa, ce ne occuperemo in un secondo momento. Adesso focalizziamo le nostre nozioni di base sulla fotografia notturna.

Conoscere i nostri soggetti

Le stelle, oggetti cosmici di inimmaginabile potenza, capaci di raccontarci i più oscuri segreti dell'intero Universo, sono in realtà dei soggetti davvero sfuggenti. Quante volte infatti ci è capitato di scorgerne solo poche o nessuna anche con un cielo sereno? Questo a causa di due fattori, uno naturale e uno purtroppo di natura antropica: la Magnitudine Apparente e l'Inquinamento Luminoso.

La NASA, Stanley Kubrick e l'obiettivo multimilionario Uno degli obiettivi più luminosi della storia della fotografia ha un valore di f/0.7 e fu creato appositamente per il programma Apollo nel 1966 dalla società Carl Zeiss. Lo scopo era scattare dalle varie sonde orbitanti foto molto luminose e dettagliate della superficie lunare. La cosa ancor più curiosa è che ne furono costruiti solo dieci esemplari: sei andarono alla NASA, uno a Zeiss stesso e tre furono comprati nientepopodimeno che dal regista Stanley Kubrick, che li adoperò per il suo meraviglioso Barry Lyndon, in particolare per una scena che il regista imponeva fosse fatta solo ed esclusivamente a lume di candela e che quindi richiedeva obiettivi fuori dal comune. Il valore di questo obiettivo? Non molto, solo 23 milioni di dollari. Cadauno.

La Magnitudine Apparente è, senza troppi giri di parole, una scala che permette di indicare quanto è luminoso un oggetto osservato dalla Terra. Più il numero è basso (spesso anche con valori negativi) e più la luminosità è intensa e di conseguenza più sarà facilmente rilevabile, anche ad occhio nudo.
Per esempio, la stella più luminosa del nostro firmamento è Sirio ed ha una "MA" di -1,46. Ci basti comunque sapere per ora che in generale l'occhio umano, senza alcun tipo di problema visivo o impedimento - e assumendo che non siate dotati di questi - è in grado di riconoscere oggetti che vanno al di sotto del valore +5 o +6. Sembrerebbe in realtà un valore appagante visto che in esso sono raccolte centinaia di migliaia di corpi celesti, ma allora come mai nei nostri cieli non se ne ha un effettivo riscontro? Qui purtroppo entra in gioco il fattore umano.

L'inquinamento luminoso è probabilmente la piaga più grande che attanaglia astronomi, astro-amatori e fotografi. Si può misurare in svariati modi (Radianza, Magnitudine per arco secondo), ed il suo effetto è più che tangibile, tanto che spesso basta dare uno "sguardo" alla zona per capire in che situazione ci si trova. È causato prevalentemente da tutta quella radiazione luminosa artificiale che si disperde in qualche modo e che inevitabilmente si riflette nella nostra atmosfera e sulle nostre nubi.
L'intero cielo quindi diventa più splendente, coprendo inevitabilmente le stelle più deboli. LED, luci parassite, neon e fari proiettati direttamente in cielo sono tra le peggiori cause che contribuiscono all'aumento dell'IL, e sebbene il nostro paese non sia uno dei più grandi, né tanto meno uno dei più popolosi, è in realtà uno dei più colpiti da questo problema a causa della sua morfologia e della sua distribuzione demografica. In tutta Italia si stima che non ci siano più di una manciata di zone in cui si possa godere di un vero cielo buio.

Per nostra fortuna ci basterà anche un cielo mediamente buio per iniziare, e ci si può accontentare delle zone rurali fuori le grandi città o meglio ancora dei paesini di montagna. Anche l'altitudine gioca un ruolo fondamentale, quanto più si è in alto tanto migliore sarà la qualità dell'aria. Per sapere sotto quale cielo viviamo, senza doverci per forza equipaggiare con particolari strumentazioni, possiamo affidarci ai nostri occhi e alla preziosissima "Scala Di Bortle".

La Scala Di Bortle

La scala di Bortel fu creata nel 2001 da John E. Bortle proprio per venire in soccorso a principianti e ad astrofili in erba, al fine di dare una classificazione gerarchica del proprio paesaggio celeste.

È divisa in nove sezioni con il livello 1 a rappresentare il cielo "perfetto" (in Italia non se ne ha riscontro) e dove l'unica fonte di luce dovrebbe essere quella della Via Lattea stessa, fino ad arrivare gradualmente al livello 9: il cielo tipico dei centri urbani più grandi, in cui persino le costellazioni più luminose e famose sono nascoste. Nel nostro Bel Paese purtroppo ci sono pochissime e rarissime zone di livello 2-3, e spesso si trovano in alta montagna (non facilmente raggiungibili), quindi bisogna accontentarsi di quello che si ha. Per iniziare - come abbiamo ricordato anche prima - andrebbe bene anche un cielo di livello 4 o 5, a patto di non aspettarsi chissà quale miracolo, ma vi assicuriamo che con i giusti accorgimenti e con una buona dose di pratica sarete soddisfatti del vostro lavoro, anche in condizioni non ideali.

Inoltre va ricordato che la scala è sì molto utile e quasi sempre affidabile, ma essendo basata esclusivamente su rilevazioni empiriche personali può succedere che un luogo decantato come stupefacente possa poi rivelarsi scadente: nuvole, umidità, getti di aria ad alta e bassa quota possono fare molta differenza quindi, prima di iniziare con la caccia esasperata al cielo migliore, bisogna partire con quanto di più semplice si ha sottomano e da lì in poi costruire il proprio castello di esperienze.

Le chiacchiere preliminari sono state molte, e se ci avete seguito fin qui vuol dire che forse il vostro interesse è più nobile e ardente di quanto pensiate, ergo vi invitiamo a tenervi pronti e ad assimilare bene quanto più possibile queste nozioni base. La parte noiosa è probabilmente finita, torneremo presto con la seconda parte di questa guida avventurandoci - finalmente - in qualche test pratico e tecnico: stelle, arriviamo!