Alla scoperta dell'hardware, e della storia, della prima Playstation

Ogni mito che si rispetti deve avere una storia leggendaria sulle sue origini e quella della prima PlayStation non fa eccezione.

Alla scoperta dell'hardware, e della storia, della prima Playstation
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Alla fine degli anni 80, quello che sarebbe diventato a tutti gli effetti il padre della PlayStation, Ken Kutaragi, che al tempo lavorava come ingegnere nei Sound Lab di Sony, stava passando vicino alla figlia che giocava con il suo Famicom (NES dalle nostre parti). Kutaragi fu colpito dagli enormi limiti della console Nintendo in termini di qualità e capacità sonore e decise di realizzare segretamente un chip audio dedicato alle console da gioco (a proposito, qui si parla del chip audio di PlayStation 5) nei laboratori di Sony.
Sony e Nintendo al tempo avevano stretto una collaborazione per produrre il Family Computer Disk, una periferica - uscita solo in Giappone - che aggiungeva al NES il supporto a floppy disk proprietari, più capienti delle vecchie cartucce e con importanti vantaggi in termini di costi di produzione e resa audio.
Grazie ai contatti stretti con Nintendo, Kutaragi riuscì a presentare il suo impressionante chip audio, l'SPC-700, arrivando addirittura a rischiare il licenziamento per aver lavorato segretamente alle spalle di Sony, ma fu salvato da Norio Ohga, al tempo presidente dell'azienda giapponese, che intuendone il potenziale lo accolse sotto la sua ala.

La collaborazione con Nintendo

Dopo aver stretto l'accordo per la fornitura del chip audio Nintendo chiese a Sony di sviluppare un add-on basato su CD-ROM da affiancare al Super Nintendo, il progetto prese il nome in codice di "Play Station" o "SNES CD". (in questo articolo trovate la nostra recensione dell'ultima arrivata di casa Sony, la PlayStation 5)
L'accordo, stipulato nel 1988, viaggiava su due livelli: il primo era quella di fornire un add-on CD-ROM per lo SNES, il secondo quello di produrre un sistema completo di entertainment a marchio Sony, capace di leggere sia le cartucce da gioco dello SNES, sia un nuovo formato, chiamato "Super Disk", che poteva essere utilizzato per contenere sia tracce audio che video.

A conti fatti il contratto sottoscritto all'epoca era davvero molto favorevole per Sony, che avrebbe mantenuto tutti i diritti di vendita sui prodotti che utilizzavano il Super Disk come supporto, tagliando fuori Nintendo da un'importantissima fetta di mercato.

Ed infatti l'allora presidente di Nintendo Hiroshi Yamauchi, compresi i rischi che avrebbe comportato onorare il contratto con Sony, interruppe segretamente ogni sviluppo riguardante la periferica SNES CD e decise di inviare alle spalle di Sony il vice presidente Minoru Arakawa ad Amsterdam, per stringere un vantaggioso accordo con Philips, - al tempo rivale numero uno di Sony - che permise a Nintendo di mantenere la totale gestione delle licenze.
Sony si presentò al CES del 1991 carica di aspettative, sicura di entrare a pieno titolo nel mercato videoludico, annunciando la sua partnership con Nintendo per produrre la sua "Nintendo PlayStation". Ma il colpo di scena che lasciò tutti spiazzati avvenne il giorno seguente: Nintendo annunciò l'accordo con Philips, che di fatto avrebbe tagliato fuori Sony, umiliandola pubblicamente e violando anche il rispetto reciproco che erano solite avere tra loro le aziende giapponesi.
Vennero prodotti circa 200 prototipi dell'ibrido PlayStation/SNES, poi il progetto venne cancellato definitivamente.

Sony avvicinò anche SEGA per tentare una partnership ma il progetto non andò mai in porto in quanto il presidente di SEGA Tom Kalinske considerava Sony troppo inesperta in fatto di hardware da gioco.
L'onta subita convinse il presidente Ohga a creare Sony Computer Entertainment che, sotto la direzione di Kutaragi, convogliò tutti gli sforzi e il "know how" accumulato negli anni passati nel progetto con nome in codice "PlayStation X".

Il cuore di PlayStation

Nelle fasi iniziali della progettazione gli ingegneri di Sony si chiesero se avrebbero dovuto puntare sull'ormai rodata grafica basata su sprite 2D o su quella poligonale in 3D, che in quel momento non era minimamente diffusa nel mercato home console, ma il successo di Virtua Fighter in terra nipponica li convinse a creare una console che basasse la sua offerta interamente su grafica 3D.
La CPU era una MIPS R3051 di tipo RISC a 32-bit, con un clock di 33.8688 MHz e prodotta da LSI Logic Corp. su una tecnologia in licenza da SGI (la stessa che successivamente produsse la GPU del Nintendo 64) ed era coadiuvata da due co-processori. Il primo (COP 0) si occupava della gestione della memoria e degli errori, il secondo (COP 2) veniva chiamato Geometry Transformation Engine (GTE) e si occupava dei calcoli su vettori, illuminazione e geometrie. Oltre a questi c'era un piccolo processore, il Motion Decoder (MDEC) che permetteva di decomprimere nella memoria video e riprodurre gli iconici filmati in FMV, che divennero uno dei fiori all'occhiello del gaming su PS1.

Il processore grafico invece era prodotto direttamente da Sony su un progetto di Toshiba e permetteva di renderizzare risoluzioni fino a 640×480 in modalità interleaved a 24 bit (16,777,216 colori). La GPU di PlayStation non era minimamente in grado di renderizzare grafica 2D basata su sprite, come ad esempio avveniva su SEGA Saturn grazie ad un chip dedicato, eppure negli anni ci sono stati una moltitudine di giochi 2D. Questo era possibile grazie all'ingegnoso utilizzo della grafica 3D fatto dagli sviluppatori, ogni oggetto apparentemente 2D su PlayStation era un oggetto 3D del quale era possibile visualizzare solo un lato, in modo tale da poter creare l'illusione di uno scenario totalmente piatto.

La GPU poteva inoltre utilizzare vari effetti quali nebbia, che spesso veniva impiegata per limitare la draw distance e conseguentemente la potenza di calcolo richiesta a renderizzare una scena (qualcuno ha detto Silent Hill?), le trasparenze (che ad esempio su SEGA Saturn, diretto concorrente di PlayStation, andavano create lato software) e poteva renderizzare background multipli sovrapposti così da creare un effetto di parallasse.

Il processore audio era a 16 bit con frequenza di 44.1 kHz e supporto ADPCM a 24 canali, è curioso sapere che la PlayStation al tempo era molto ricercata tra gli audiofili, grazie alla sua capacità di riprodurre CD audio con una qualità pari se non superiore a lettori CD molto più costosi. Inizialmente Sony scelse un pad con un layout molto simile a quanto visto su Super Nintendo, unica differenza, a parte il totale cambio di ergonomia, è stata l'aggiunta di una seconda fila di tasti dorsali che, data la natura della console, potesse favorire una migliore navigazione in ambienti 3D.

A differenza di quanto fatto da Nintendo che utilizzava delle lettere per identificare i tasti dei suoi pad, i tasti frontali del pad di PSX presentavano quattro simboli, che nelle intenzioni iniziali del designer Teiyu Goto, dovevano rappresentare funzioni specifiche: il triangolo identificava un controllo sulla visuale, il quadrato ricordava un foglio di carta e doveva essere usato per richiamare i menu, cerchio e croce invece simboleggiavano rispettivamente le scelte "Conferma" e "Cancella", ma nel mercato occidentale decisero di invertire tali funzioni.

Nella prima versione del controller non era presente nessuna levetta analogica, ma la natura totalmente 3D della console spinse Sony a introdurle, prima nel Dual Analog controller, poi nel Dualshock, che diventò il controller standard di PlayStation. La PSX utilizzava supporti proprietari rimovibili per salvare i progressi di gioco, le Memory card, disponibili ufficialmente nel solo taglio da 128 Kilobyte.
Altro aspetto che sancì il successo di PlayStation fu l'impiego dei CD come supporto, che portava un vertiginoso aumento dello spazio disponibile e abbatteva i costi.
Ovviamente Sony era consapevole che utilizzare un supporto così comune avrebbe esposto la console alla pirateria così, per tentare - a conti fatti solo parzialmente - di arginare il problema ogni copia originale nascondeva al suo interno una serie di errori, che era impossibile riprodurre in fase di masterizzazione ma che venivano letti e decodificati dal lettore della console. Molti credevano erroneamente che il tipico colore nero dei dischi PS1 fosse parte della protezione anti pirateria, ma in realtà aiutava solo l'utente finale a riconoscere un disco originale.


La ricetta del successo

Inizialmente Sony si assicurò il supporto di moltissime software house giapponesi, ma c'erano delle criticità: la totale assenza di studi proprietari che avrebbero potuto sviluppare software esclusivi per la nuova arrivata di Sony e l'enorme costo dei devkit basati su workstation Sony NEWS, che scoraggiava l'arrivo di nuovi sviluppatori. La questione venne risolta totalmente con l'acquisizione di Psygnosis nel 1993 per 48 milioni di dollari.
La software house di Liverpool ebbe due grandi meriti: il primo fu quello di incaricare SN Systems di sviluppare un devkit che potesse essere installato facilmente su ogni PC utilizzando solo due schede di espansione, rendendo lo sviluppo su PlayStation più facile ed economico; il secondo fu quello di sviluppare software e fornire supporto a qualunque sviluppatore di terze parti, un approccio molto inclusivo e in totale discontinuità con quanto fatto da Nintendo e Sega negli anni passati.

Al momento dell'uscita della PlayStation, avvenuta il 3 dicembre 1994 sul territorio giapponese e il 29 settembre 1995 dalle nostre parti, il competitor principale di Sony era il SEGA Saturn. In fase di progettazione il Saturn stravolse il suo concept iniziale dopo l'annuncio delle specifiche di PlayStation introducendo un processore per la grafica 3D. Seppur fosse una console molto potente sulla carta, forse anche di più di PlayStation, era molto difficile sviluppare su Saturn, l'introduzione di una doppia CPU in quell'epoca fu un enorme passo falso da parte di SEGA in quanto gli sviluppatori non erano ancora in grado di gestire al meglio i due processori.
Oltre a questo il Saturn si presentò sul mercato con un prezzo di 399$, più alto di 100$ rispetto alla nuova arrivata di Sony. Per SEGA fu una disfatta totale.

Nel 1996 Nintendo presentò al pubblico la sua Nintendo 64, che riscosse un discreto successo grazie all'ottimo hardware e ad alcune esclusive considerate ancora oggi delle pietre miliari, ma la scelta di rimanere incollata a supporti proprietari, molto costosi e dalla capienza estremamente limitata (64 MB invece dei 660 MB disponibili sui CD PSX) convinse molte software house, storicamente legate al marchio Nintendo - come Squaresoft - a passare alla nuova arrivata di Sony.
Inoltre pubblicare su PlayStation assicurava alle software house maggiori profitti: Sony chiedeva solo 10$ per ogni copia venduta, senza contare il costo bassissimo dei supporti, l'offerta era troppo ghiotta per non essere accolta. Anche la campagna di marketing scelta da fu molto aggressiva e centrò il segno, la scelta di associare a tutta la comunicazione i simboli del pad - che divennero subito iconici - e slogan come "Do Not Underestimate The Power Of PlayStation" e "U R Not (RED) E" attirarono un pubblico via via sempre maggiore e più adulto.

Una libreria incredibile

Nel corso del suo lungo ciclo vitale durato dal 1994 al 2006 la PlayStation ha potuto fregiarsi di una moltitudine di titoli di assoluto spessore, che hanno brillato non solo da un punto di vista puramente ludico ma anche tecnico. Soul Reaver, con i suoi mondi privi di caricamenti, la serie Tekken che girava a 60 fps (come molti altri picchiaduro su PSX), Spyro the Dragon con il suo avveniristico sistema di level of detail dinamico che permetteva draw distance eccezionali, Metal Gear Solid, Gran Turismo, le saghe di Resident Evil (qui trovate la nostra anteprima dell'ottavo capitolo della saga), Final Fantasy, Crash Bandicot e Tomb Raider sono solo alcuni esempi di una libreria composta da circa 8000 titoli che vede al suo interno molte pietre miliari e numerosi titoli seminali che ancora oggi influenzano pesantemente il panorama videoludico.

Quella di Sony è stata una perfetta ricetta per il successo, è riuscita a portare la sua PlayStation, ultima arrivata in un mercato totalmente dominato dalle console di Nintendo e SEGA, a essere la prima console a vendere oltre 100 milioni di unità. L'attenzione alle esigenze degli sviluppatori che fino a quel momento erano solo l'ultimo ingranaggio del sistema, le perfette scelte di marketing, e la fortuna di esser stata la console tecnicamente più versatile in un'età dell'oro videoludica hanno reso PlayStation un punto di riferimento e sinonimo di videogioco in tutto il mondo.