Amazon contro i furbacchioni del reso: stretta contro gli utenti indisciplinati

È notizia di questi giorni: Amazon ha adottato una linea molto dura contro i cosìddetti "furbacchioni del reso", che sono stati bannati.

Amazon contro i furbacchioni del reso: stretta contro gli utenti indisciplinati
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Amazon inizia la caccia ai "furbacchioni del reso". Dopo aver trovato l'accordo con i lavoratori del centro di distribuzione di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, la compagnia di Jeff Bezos ha dato il via a una vera e propria crociata contro i propri utenti che, nella fattispecie, non seguono le regole di buona condotta sulle politiche di reso e restituzione previste dalla piattaforma, che rappresenta un'eccellenza da questo punto di vista, nonché un punto di riferimento che negli ultimi tempi è stato seguito anche da altri rivenditori, sia online che fisici.

La politica di Amazon

Prima di passare al succo vero e proprio del nostro articolo, occorre dare uno sguardo alla politica di sostituzione e reso di Amazon che, come dicevamo poco sopra, rappresenta un'eccellenza a livello di e-commerce. Eccellenza di cui molti stanno approfittando, però. Nella pagina dedicata, leggiamo che è possibile restituire la maggior parte degli articoli fino al "termine di 30 (trenta) giorni di calendario dalla data di avvenuta consegna, salvo che il diritto di recesso sia escluso dalla normativa applicabile. Potrai verificare i casi in cui il recesso è escluso alla pagina Diritto di recesso". Inoltre, Amazon consente di effettuare il reso senza specificare alcun tipo di motivo particolare. Rimandare ad Amazon un prodotto che non funziona/non ci è piaciuto/è risultato diverso dalle aspettative è estremamente semplice: basta aprire la procedura di reso, stampare l'etichetta, incollarla sul pacco e spedire il tutto. Amazon si impegna a effettuare il rimborso completo nel minor tempo possibile ed è proprio questo il punto che ha spinto il gigante di Jeff Bezos a prendere una decisione drastica, nonostante la normativa dell'Unione Europea sui resi.

La legge europea

Al di là delle politiche interne ad Amazon, qual è la normativa europea in termini di rimborsi e resi? Per capirlo ci si siamo affidati direttamente al sito dell'Unione Europea, su cui si legge che gli utenti hanno il diritto di restituire gli acquisti effettuati al di fuori dei punti vendita "per qualsiasi motivo", anche se hanno cambiato idea, in un periodo massimo di quattordici giorni successivi all'acquisto del prodotto, periodo di tempo definito dagli stessi "di riflessione". Un tempo che non si estende a tutti i tipi di prodotti ma che esclude i beni di consumo (biglietti aerei, cibi e bevande, abiti su misura, prodotti audio, contenuti online e altro).
Tuttavia, la normativa europea prevede anche la restituzione dei beni entro i quattordici giorni successivi alla notifica al venditore, a patto che non siano stati utilizzati. Il venditore, dal canto suo, deve essere prontamente informato via mail o fax ad avvenuto esercizio del diritto di recesso. A questo punto le politiche sono variegate e cambiano a seconda del venditore: alcuni, ad esempio, prevedono il pagamento delle spese di spedizione, con il rimborso previsto entro 14 giorni dalla ricezione della cancellazione.

La svolta di Amazon

Dopo aver spiegato a grandi linee quali sono le politiche previste dalla UE e Amazon, andiamo a discutere di quella che è la novità più importante degli ultimi tempi. Stiamo ovviamente parlando della notizia che abbiamo riportato su queste pagine qualche tempo fa che riguarda il ban per alcuni clienti dalla piattaforma di e-commerce. Alla base di tutto c'è la volontà di Amazon di combattere gli abusi di tali linee guida, e non è un caso che il divieto di accedere al catalogo sia stato intimato esclusivamente a utenti (al momento pochi) che hanno effettuato un numero elevato di resi nel giro di un anno.
La volontà sembra essere quanto mai chiara: Amazon vuole evitare che le persone abusino della propria politica di reso, ad esempio acquistando beni per effettuare recensioni e poi restituirli, o per usarli come oggetti "usa e getta". Basta infatti farsi un giro sul forum dei rivenditori per notare come azioni del genere siano sempre più frequenti.

Bisogna però capire come sarà gestito il tutto per evitare di incappare in qualche multa, e non è un caso che al momento questo nuovo sistema sia in fase di test negli Stati Uniti e non nel Vecchio Continente. Se da una parte gli utenti hanno assoluta ragione di rivendicare il proprio diritto di reso in caso di articoli difettosi e/o non idonei alle proprie esigenze (come nel caso dell'abbigliamento), i rivenditori hanno chiesto ad Amazon una maggiore tutela, per evitare di generare incassi soltanto "virtuali" a seguito di una restituzione e perdere del denaro.
La soluzione per accontentare tutti, come la verità, potrebbe stare nel mezzo, ma è chiaro che andare a ritoccare uno dei punti cardine della politica Amazon sarebbe un vero sacrilegio - soprattutto per chi sfrutta il servizio in maniera civile e normale. Speriamo solo che questi primi ban servano da monito per gli utenti più indisciplinati e che il servizio di reso e restituzione della piattaforma rimanga immutato, poiché vero valore aggiunto all'esperienza Amazon.