Apple contro Epic, atto finale. Con quella che ha tutta l'aria di essere una sentenza definitiva, viene posta la parola fine al contenzioso tra Cupertino e i creatori di Fortnite con Apple che dovrà consentire gli acquisti in-app. Vittoria paradossalmente schiacciante per gli uomini della mela, accusati di costituire un monopolio con le loro pratiche di gestione dello store proprietario, dei pagamenti e delle app di sviluppatori esterni.
Secondo i giudici, infatti, le pratiche di Apple, seppur nei limiti, non presentano nessuna violazione e le linee guida che costituiscono l'ossatura dell'Apple Store sono legittime. Epic Games potrà solo informare i suoi utenti circa la possibilità di utilizzare altri metodi di pagamento. Una sconfitta che sta già portando a un primo ricorso in appello di Epic che, salvo improbabili stravolgimenti, non cambierà di una virgola la decisione finale. Giusto così o si è persa un'ottima occasione per trasformare un sistema che inizia a mostrare le sue prime e insanabili crepe?
Alle origini dello scontro
Il caso Apple-Epic ha catalizzato per lungo tempo l'attenzione del mondo tecnologico. Volendo riassumere all'estremo la vicenda, era tutto iniziato con l'espulsione del videogame Fortnite dall'Apple Store. Epic Games aveva cercato di utilizzare all'interno del suo gioco un sistema proprietario per le microtransazioni, violando una delle regole principali dello store della mela. Da qui la scelta di Apple di eliminare il gioco e la successiva causa di Epic per il torto subito.
L'azienda, tentando il tutto per tutto, ha subito provato a smarcarsi dalla questione personale per farne una ben più grande questione di principio, facendosi portavoce delle istanze di tanti altri sviluppatori. Apple, e di riflesso tutti gli altri proprietari di store online, sono stati accusati di monopolio attraverso politiche che limitavano il libero mercato e i diritti dei consumatori. Sono state contestate le commissioni prelevate da Apple per tutti gli acquisti effettuati all'interno delle app, le somme da pagare per gli sviluppatori e le stringenti linee guida da rispettare per essere presenti all'interno dello Store. In tutto ciò, è stata anche criticata l'assenza di Store alternativi a quello principale e l'impossibilità di installare applicazioni o giochi in altri modi. In buona sostanza, Apple è stata accusa di aver instaurato un regime di assoluto monopolio e di aver scoraggiato qualunque tipo di concorrenza esterna.
La sentenza
Nelle mire di Epic, la sentenza avrebbe dovuto cambiare per sempre le regole del mercato mobile, degli store online e della vendita di app, dare maggiore libertà agli sviluppatori e rompere quelle regole che da sempre caratterizzano gli Store proprietari di sistemi come iOS o Android. Il giudice, pur riconoscendo la posizione assolutamente dominante di Apple nel settore, ha parlato di elementi non sufficienti per considerare l'azienda un vero monopolio.
Seppur con un potere contrattuale piuttosto forte e una forza tale da influenzare le politiche degli sviluppatori, la condotta di Apple non merita, per ora, un intervento dell'Antitrust. Scardinato il concetto di monopolio, seppur di poco, sono via via cadute tutte le altre richieste di Epic. Un pugno di mosche per la possibilità di aprire iOS alla presenza di store concorrenti o per la possibilità di installare app sul sistema attraverso altri metodi. Niente di fatto sull'utilizzo di metodi di pagamento al di fuori della piattaforma ufficiale. L'unica piccola vittoria per Epic è da ricercare, appunto, nella possibilità di notificare all'utente la presenza di eventuali metodi di pagamento alternativi a quelli proposti da Apple.
Apple ha davvero vinto?
Assodato il nulla di fatto del procedimento, va comunque sottolineato quanto le conclusioni della sentenza non abbiano placato i dubbi e le perplessità in materia di concorrenza e posizione dominante all'interno del mondo degli Store online. Il giudice, infatti, ha più volte sottolineato come Apple stia mettendo in essere tutti i comportamenti per accrescere la sua dominance nel mercato delle app. L'azienda non ha ancora una posizione sufficientemente grande per creare un vero monopolio, ma è sulla strada giusta per poterlo diventare in un prossimo futuro.
Considerazioni che potrebbero presto riflettersi in nuovi procedimenti internazionali, con normative che in tutto il mondo potrebbero cercare di limitare lo strapotere delle grandi piattaforme tech, accusate di schiacciare ogni tipo di concorrenza. Non solo Apple quindi, ma anche Google, Microsoft e Facebook.
Se la sentenza ha portato all'ennesimo nulla di fatto, se le cose per ora rimarranno esattamente come sono, si ritorna comunque alla domanda di partenza. É giusto che un'azienda come Apple renda iOS esclusiva per un solo store? É giusto che non permetta di scaricare app in altri modi che non siano quelli da lei approvati? É giusto che trattenga per sé una parte dei compensi degli sviluppatori? É giusto che faccia delle regole e le imponga obbligatoriamente a tutti?
Nuovo mondo, vecchie regole
Il mondo della tecnologia è sempre stato spietato. Negli ultimi anni, colossi sempre più grandi hanno preso il controllo del sistema e dettato regole che i più piccoli sono stati costretti, volenti o nolenti, a seguire. Sono le regole ciniche di un mercato che non fa sconti a nessuno, di colossi che fanno il bello e il cattivo tempo e che lasciano ben poco spazio di manovra a tutti gli altri. Si può discutere sulla posizione che hanno acquisito, sulle poche regole che ne limitano l'influenza sul mercato, sulle libertà di cui godono in tutto il mondo, sul potere sconfinato che hanno acquisito.
Poche, gigantesche aziende provano costantemente a mantenere il dominio contro la concorrenza imponendo regole da seguire ma, in linea di principio, sono assolutamente libere di poterlo fare. Il caso Apple, che in misura più ampia potrebbe valere anche per tutti gli altri, spiega piuttosto bene la situazione: l'azienda crea in casa i suoi prodotti, ne gestisce ogni aspetto dalla progettazione ai componenti interni, passando per i software e i programmi che li fanno funzionare. Cupertino non solo costruisce fisicamente i suoi dispositivi ma crea da zero i sistemi operativi che gli permettono di muoversi.
Piattaforme e sviluppatori
Quello di Apple è un orticello autosufficiente che basta a se stesso, un ecosistema chiuso e funzionante, che offre all'utente tutto il necessario per avere un'esperienza completa e soprattutto sicura. Con la crescita delle vendite e con il successo iOS, la piattaforma di Apple ha gradualmente aperto le porte agli sviluppatori esterni. Il sistema Apple è diventato uno strumento che anche altri hanno potuto sfruttare per promuovere i loro servizi, per salire alla ribalta, per poter entrare negli iPhone di milioni di persone.
Lo stesso è accaduto con Android e con Windows. I piccoli sviluppatori non hanno il potere o la forza di costruire le loro piattaforme, pertanto , usano quelle altrui per costruire il loro successo, per sviluppare i loro prodotti, per farli conoscere a quante più persone possibili. Nel mondo tech funziona così da sempre.
Fiducia
Oggi come oggi quella dei colossi del settore è una posizione che potrebbe fare paura, un controllo che mai come in quest'epoca era stato così grande e capace di influenzare le vite di milioni di persone. Un controllo che siamo stati noi a dargli, fidandoci di quello che ci hanno proposto senza mai batter ciglio, senza mai farci domande su cosa fosse giusto e su cosa fosse sbagliato. Abbiamo sempre apprezzato iOS per la sua natura di sistema sicuro, libero da ingerenze esterne, impossibile da scalfire, fatto di regole ferree e di accessi elitari.
Scaricando un'app dallo store di Apple abbiamo la garanzia che questa funzionerà bene, non comprometterà il sistema e non ci darà problemi, sappiamo che i pagamenti che faremo saranno sicuri e non porteranno a nessun grattacapo. Ci siamo fidati di Cupertino e gli abbiamo dato in mano le chiavi del nostro mondo, abbiamo accresciuto la sua posizione, così come abbiamo fatto con aziende come Facebook, Microsoft e Google e con i loro sistemi. Insieme a noi, anche i piccoli sviluppatori hanno sfruttato questi sistemi per crescere e farsi conoscere, sottostando senza battere ciglio alle regole che gli erano state imposte.
Il caso Epic Games
Per questo la posizione di Epic Games ha sin da subito sollevato più di una perplessità. Non parliamo di un piccolo sviluppatore ma di un'azienda enorme, con fatturati miliardari, che ha prodotto il videogioco più popolare degli ultimi anni e che, per molto tempo, ha sfruttato l'Apple Store per crescere e aumentare il suo parco utenti, adeguandosi senza dire nulla a regole che da sempre sono le stesse. Ha poi provato deliberatamente a infrangerle, scatenando l'immancabile mannaia di Apple e trasformando il tutto in una enorme e piuttosto discutibile questione di principio.
Epic si è fatta portavoce dei piccoli sviluppatori, dei diritti calpestati dei piccoli a discapito dei grandi, provando a farsi paladina di quel serpeggiante malcontento che da tempo aleggia intorno ai grandi colossi del settore. Ma Epic Games è tutt'altro che un piccolo sviluppatore: l'azienda sapeva bene a cosa avrebbero portato le sue mosse e, probabilmente, aveva solo intenzione di trovare nuovi e più remunerativi metodi per sfruttare le sue tecnologie proprietarie lontano dalle regole e dalle percentuali imposte da Apple. Epic, in fin dei conti, ha utilizzato la piattaforma di Apple per accrescere ulteriormente la sua posizione. Ne ha fatto una questione di principio, comportandosi però in maniera non migliore rispetto all'azienda che ha accusato.
Quali regole?
Purtroppo, nello spietato mondo delle nuove tecnologie non esistono paladini dei diritti dei più piccoli o difensori degli utenti. Tutti, dal più grande colosso al più piccolo dei creatori, cercano di portare acqua al loro mulino, di arricchirsi, di acquisire potere e visibilità, di fare business. In questo mare in continuo movimento non si può far altro che affidarsi alle nostre preferenze, ai nostri gusti, alla nostra etica.
Dobbiamo dare fiducia a chi sa darci un buon servizio e liberarcene quando ci accorgiamo che non è più così o che non fa più per noi. Dobbiamo però allo stesso tempo sperare che un sistema complesso come quello delle nuove tecnologie venga presto regolamentato in modo serio e al passo coi tempi. Quello che manca più di tutto in quest'epoca è un sistema normativo che sappia leggere la situazione odierna e fornire una guida esaustiva e precisa per dirigerla nel miglior modo possibile.
Mancano leggi studiate ad hoc, mancano regolamenti, mancano persone che sappiano di quello che parlano. Occorrono organismi dedicati, soggetti al di sopra delle parti che gestiscano certi contenziosi e che se ne occupino a livello internazionale. Con aziende di queste dimensioni potrebbe essere giunto il momento di istituzioni globali che ne regolino equamente i comportamenti in tutto il mondo. Manca un'istituzione esclusiva a cui appellarsi. All'utente, invece, manca una protezione, un cuscinetto che sia in grado di metterlo al riparo da un mercato ormai troppo grande e potente. Era necessaria la causa Epic-Apple per accorgersi del problema dei monopoli all'interno del mondo tecnologico? Forse è giunto il momento per dare una direzione più chiara a tutto questo prima che sia troppo tardi.
Apple batte Epic, ma il sistema doveva davvero cambiare?
La vittoria di Apple contro Epic non placa le discussioni su un mondo tech sempre più in mano a poche e potentissime aziende.
Apple contro Epic, atto finale. Con quella che ha tutta l'aria di essere una sentenza definitiva, viene posta la parola fine al contenzioso tra Cupertino e i creatori di Fortnite con Apple che dovrà consentire gli acquisti in-app. Vittoria paradossalmente schiacciante per gli uomini della mela, accusati di costituire un monopolio con le loro pratiche di gestione dello store proprietario, dei pagamenti e delle app di sviluppatori esterni.
Secondo i giudici, infatti, le pratiche di Apple, seppur nei limiti, non presentano nessuna violazione e le linee guida che costituiscono l'ossatura dell'Apple Store sono legittime. Epic Games potrà solo informare i suoi utenti circa la possibilità di utilizzare altri metodi di pagamento.
Una sconfitta che sta già portando a un primo ricorso in appello di Epic che, salvo improbabili stravolgimenti, non cambierà di una virgola la decisione finale. Giusto così o si è persa un'ottima occasione per trasformare un sistema che inizia a mostrare le sue prime e insanabili crepe?
Alle origini dello scontro
Il caso Apple-Epic ha catalizzato per lungo tempo l'attenzione del mondo tecnologico. Volendo riassumere all'estremo la vicenda, era tutto iniziato con l'espulsione del videogame Fortnite dall'Apple Store. Epic Games aveva cercato di utilizzare all'interno del suo gioco un sistema proprietario per le microtransazioni, violando una delle regole principali dello store della mela. Da qui la scelta di Apple di eliminare il gioco e la successiva causa di Epic per il torto subito.
L'azienda, tentando il tutto per tutto, ha subito provato a smarcarsi dalla questione personale per farne una ben più grande questione di principio, facendosi portavoce delle istanze di tanti altri sviluppatori. Apple, e di riflesso tutti gli altri proprietari di store online, sono stati accusati di monopolio attraverso politiche che limitavano il libero mercato e i diritti dei consumatori. Sono state contestate le commissioni prelevate da Apple per tutti gli acquisti effettuati all'interno delle app, le somme da pagare per gli sviluppatori e le stringenti linee guida da rispettare per essere presenti all'interno dello Store.
In tutto ciò, è stata anche criticata l'assenza di Store alternativi a quello principale e l'impossibilità di installare applicazioni o giochi in altri modi. In buona sostanza, Apple è stata accusa di aver instaurato un regime di assoluto monopolio e di aver scoraggiato qualunque tipo di concorrenza esterna.
La sentenza
Nelle mire di Epic, la sentenza avrebbe dovuto cambiare per sempre le regole del mercato mobile, degli store online e della vendita di app, dare maggiore libertà agli sviluppatori e rompere quelle regole che da sempre caratterizzano gli Store proprietari di sistemi come iOS o Android. Il giudice, pur riconoscendo la posizione assolutamente dominante di Apple nel settore, ha parlato di elementi non sufficienti per considerare l'azienda un vero monopolio.
Seppur con un potere contrattuale piuttosto forte e una forza tale da influenzare le politiche degli sviluppatori, la condotta di Apple non merita, per ora, un intervento dell'Antitrust. Scardinato il concetto di monopolio, seppur di poco, sono via via cadute tutte le altre richieste di Epic. Un pugno di mosche per la possibilità di aprire iOS alla presenza di store concorrenti o per la possibilità di installare app sul sistema attraverso altri metodi.
Niente di fatto sull'utilizzo di metodi di pagamento al di fuori della piattaforma ufficiale. L'unica piccola vittoria per Epic è da ricercare, appunto, nella possibilità di notificare all'utente la presenza di eventuali metodi di pagamento alternativi a quelli proposti da Apple.
Apple ha davvero vinto?
Assodato il nulla di fatto del procedimento, va comunque sottolineato quanto le conclusioni della sentenza non abbiano placato i dubbi e le perplessità in materia di concorrenza e posizione dominante all'interno del mondo degli Store online. Il giudice, infatti, ha più volte sottolineato come Apple stia mettendo in essere tutti i comportamenti per accrescere la sua dominance nel mercato delle app. L'azienda non ha ancora una posizione sufficientemente grande per creare un vero monopolio, ma è sulla strada giusta per poterlo diventare in un prossimo futuro.
Considerazioni che potrebbero presto riflettersi in nuovi procedimenti internazionali, con normative che in tutto il mondo potrebbero cercare di limitare lo strapotere delle grandi piattaforme tech, accusate di schiacciare ogni tipo di concorrenza. Non solo Apple quindi, ma anche Google, Microsoft e Facebook.
Se la sentenza ha portato all'ennesimo nulla di fatto, se le cose per ora rimarranno esattamente come sono, si ritorna comunque alla domanda di partenza. É giusto che un'azienda come Apple renda iOS esclusiva per un solo store? É giusto che non permetta di scaricare app in altri modi che non siano quelli da lei approvati? É giusto che trattenga per sé una parte dei compensi degli sviluppatori? É giusto che faccia delle regole e le imponga obbligatoriamente a tutti?
Nuovo mondo, vecchie regole
Il mondo della tecnologia è sempre stato spietato. Negli ultimi anni, colossi sempre più grandi hanno preso il controllo del sistema e dettato regole che i più piccoli sono stati costretti, volenti o nolenti, a seguire. Sono le regole ciniche di un mercato che non fa sconti a nessuno, di colossi che fanno il bello e il cattivo tempo e che lasciano ben poco spazio di manovra a tutti gli altri.
Si può discutere sulla posizione che hanno acquisito, sulle poche regole che ne limitano l'influenza sul mercato, sulle libertà di cui godono in tutto il mondo, sul potere sconfinato che hanno acquisito.
Poche, gigantesche aziende provano costantemente a mantenere il dominio contro la concorrenza imponendo regole da seguire ma, in linea di principio, sono assolutamente libere di poterlo fare.
Il caso Apple, che in misura più ampia potrebbe valere anche per tutti gli altri, spiega piuttosto bene la situazione: l'azienda crea in casa i suoi prodotti, ne gestisce ogni aspetto dalla progettazione ai componenti interni, passando per i software e i programmi che li fanno funzionare. Cupertino non solo costruisce fisicamente i suoi dispositivi ma crea da zero i sistemi operativi che gli permettono di muoversi.
Piattaforme e sviluppatori
Quello di Apple è un orticello autosufficiente che basta a se stesso, un ecosistema chiuso e funzionante, che offre all'utente tutto il necessario per avere un'esperienza completa e soprattutto sicura.
Con la crescita delle vendite e con il successo iOS, la piattaforma di Apple ha gradualmente aperto le porte agli sviluppatori esterni. Il sistema Apple è diventato uno strumento che anche altri hanno potuto sfruttare per promuovere i loro servizi, per salire alla ribalta, per poter entrare negli iPhone di milioni di persone.
Lo stesso è accaduto con Android e con Windows. I piccoli sviluppatori non hanno il potere o la forza di costruire le loro piattaforme, pertanto , usano quelle altrui per costruire il loro successo, per sviluppare i loro prodotti, per farli conoscere a quante più persone possibili. Nel mondo tech funziona così da sempre.
Fiducia
Oggi come oggi quella dei colossi del settore è una posizione che potrebbe fare paura, un controllo che mai come in quest'epoca era stato così grande e capace di influenzare le vite di milioni di persone. Un controllo che siamo stati noi a dargli, fidandoci di quello che ci hanno proposto senza mai batter ciglio, senza mai farci domande su cosa fosse giusto e su cosa fosse sbagliato.
Abbiamo sempre apprezzato iOS per la sua natura di sistema sicuro, libero da ingerenze esterne, impossibile da scalfire, fatto di regole ferree e di accessi elitari.
Scaricando un'app dallo store di Apple abbiamo la garanzia che questa funzionerà bene, non comprometterà il sistema e non ci darà problemi, sappiamo che i pagamenti che faremo saranno sicuri e non porteranno a nessun grattacapo.
Ci siamo fidati di Cupertino e gli abbiamo dato in mano le chiavi del nostro mondo, abbiamo accresciuto la sua posizione, così come abbiamo fatto con aziende come Facebook, Microsoft e Google e con i loro sistemi. Insieme a noi, anche i piccoli sviluppatori hanno sfruttato questi sistemi per crescere e farsi conoscere, sottostando senza battere ciglio alle regole che gli erano state imposte.
Il caso Epic Games
Per questo la posizione di Epic Games ha sin da subito sollevato più di una perplessità. Non parliamo di un piccolo sviluppatore ma di un'azienda enorme, con fatturati miliardari, che ha prodotto il videogioco più popolare degli ultimi anni e che, per molto tempo, ha sfruttato l'Apple Store per crescere e aumentare il suo parco utenti, adeguandosi senza dire nulla a regole che da sempre sono le stesse.
Ha poi provato deliberatamente a infrangerle, scatenando l'immancabile mannaia di Apple e trasformando il tutto in una enorme e piuttosto discutibile questione di principio.
Epic si è fatta portavoce dei piccoli sviluppatori, dei diritti calpestati dei piccoli a discapito dei grandi, provando a farsi paladina di quel serpeggiante malcontento che da tempo aleggia intorno ai grandi colossi del settore. Ma Epic Games è tutt'altro che un piccolo sviluppatore: l'azienda sapeva bene a cosa avrebbero portato le sue mosse e, probabilmente, aveva solo intenzione di trovare nuovi e più remunerativi metodi per sfruttare le sue tecnologie proprietarie lontano dalle regole e dalle percentuali imposte da Apple.
Epic, in fin dei conti, ha utilizzato la piattaforma di Apple per accrescere ulteriormente la sua posizione. Ne ha fatto una questione di principio, comportandosi però in maniera non migliore rispetto all'azienda che ha accusato.
Quali regole?
Purtroppo, nello spietato mondo delle nuove tecnologie non esistono paladini dei diritti dei più piccoli o difensori degli utenti. Tutti, dal più grande colosso al più piccolo dei creatori, cercano di portare acqua al loro mulino, di arricchirsi, di acquisire potere e visibilità, di fare business. In questo mare in continuo movimento non si può far altro che affidarsi alle nostre preferenze, ai nostri gusti, alla nostra etica.
Dobbiamo dare fiducia a chi sa darci un buon servizio e liberarcene quando ci accorgiamo che non è più così o che non fa più per noi. Dobbiamo però allo stesso tempo sperare che un sistema complesso come quello delle nuove tecnologie venga presto regolamentato in modo serio e al passo coi tempi. Quello che manca più di tutto in quest'epoca è un sistema normativo che sappia leggere la situazione odierna e fornire una guida esaustiva e precisa per dirigerla nel miglior modo possibile.
Mancano leggi studiate ad hoc, mancano regolamenti, mancano persone che sappiano di quello che parlano. Occorrono organismi dedicati, soggetti al di sopra delle parti che gestiscano certi contenziosi e che se ne occupino a livello internazionale.
Con aziende di queste dimensioni potrebbe essere giunto il momento di istituzioni globali che ne regolino equamente i comportamenti in tutto il mondo. Manca un'istituzione esclusiva a cui appellarsi. All'utente, invece, manca una protezione, un cuscinetto che sia in grado di metterlo al riparo da un mercato ormai troppo grande e potente. Era necessaria la causa Epic-Apple per accorgersi del problema dei monopoli all'interno del mondo tecnologico? Forse è giunto il momento per dare una direzione più chiara a tutto questo prima che sia troppo tardi.
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