Da Epic a Spotify, una coalizione contro le politiche dello Store Apple

Epic e Spotify si uniscono ad altre aziende per contrastare commissioni e politiche di Apple all'interno del suo store. Cambierà davvero qualcosa?

Da Epic a Spotify, una coalizione contro le politiche dello Store Apple
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Tutti contro Apple. Le recenti polemiche sulle commissioni applicate dall'azienda americana per le app presenti nel proprio store hanno sollevato le proteste e la rabbia di numerose aziende del mondo. Da qui la nascita di una vera e propria organizzazione non profit per sensibilizzare il mondo sul tema e portare Apple ad un cambio radicale delle sue politiche.
La "Coalition for app fairness", con Epic Games e Spotify a capo del folto gruppo, ha l'obiettivo di sostenere modifiche legali che costringano Apple a rivedere buona parte delle sue politiche commerciali e del suo modo di approcciarsi con gli sviluppatori esterni. L'organizzazione ha dato vita ad un documento piuttosto ampio con dieci principi che andrebbero applicati non solo allo store della mela ma anche a tutti gli altri negozi di app.

L'unione fa la forza

La coalizione, già diffusa a livello globale, avrà due sedi, una a Washington e l'altra a Bruxelles e conta al suo interno nomi di un certo peso dell'industria tech: oltre alle già citate Epic e Spotify da notare la presenta di Match, ma anche di Blockchain, Deezer, Basecamp, Blix, Tile e degli sviluppatori dell'European Publisher Council, News Media Europe e Protonmail. Il gruppo punta ad ampliare il suo raggio d'azione, per far si che le cose possano cambiare e portare quante più aziende possibili ad unirsi alla causa.

Ad essere sotto accusa è in primo luogo la commissione tra il 15% e il 30% che Apple impone a tutte le app che utilizzano il suo sistema di pagamento e all'insieme di regole piuttosto rigide che gli sviluppatori devono rispettare per essere presenti nel portale. L'organizzazione considera queste condizioni troppo restrittive, appositamente create per porre la stessa Apple in una posizione dominante sulle commissioni da applicare agli acquisti degli utenti.

Concorrenza sleale

La coalizione ritiene che questa tassazione abbia fruttato alle casse di Cupertino ricavi di oltre 15 miliardi di dollari, riducendo le entrate degli sviluppatori, costretti a versare parte dei loro introiti ad Apple e, di riflesso, anche il potere d'acquisto dei consumatori.
Secondo l'organizzazione la tassazione diventerebbe particolarmente ingiusta perché imposta alle app che competono direttamente con Apple, mettendole in una posizione di netto svantaggio e costringendo gli sviluppatori ad attuare prezzi più alti rispetto a quelli di Tim Cook e soci, creando meno competitività e una spesa mediamente più alta per gli utenti.

I principi

"Riteniamo che ogni sviluppatore di app abbia diritto a un trattamento equo e che ogni consumatore debba avere il controllo completo sul proprio dispositivo. I nostri principi dell'App Store garantiranno parità di condizioni per piattaforme come Apple e uno standard di condotta coerente in tutto l'ecosistema delle app". Questo il manifesto d'intenti dell'organizzazione, da cui si sviluppano poi i dieci principi appositamente pensati per Apple ma applicabili a tutti gli store presenti sul mercato.

1) Il primo punto critica l'obbligo per gli sviluppatori di utilizzare un solo app store in esclusiva e i servizi ausiliari di chi lo gestisce, come i sistemi di pagamento;

2) Il secondo vuole andare contro chi obbliga gli sviluppatori ad essere bloccati su una sola piattaforma e accettare modelli di business prestabiliti;

3) Il terzo punto vuole portare gli sviluppatori ad avere accesso alle stesse interfacce e informazioni tecniche che il proprietario dello store mette a disposizione dei suoi sviluppatori;

4) Il quarto dice che ogni sviluppatore dovrebbe avere accesso sempre a uno store se la sua app soddisfa i requisiti di sicurezza, privacy e qualità;

5) Il quinto obbliga a non utilizzare i dati di uno sviluppatore per competere contro di lui.

6) Il sesto punto parla del diritto di uno sviluppatore di poter comunicare direttamente con i propri utenti tramite la propria app senza avere l'obbligo di passare sempre e comunque dallo store;

7) Il settimo vorrebbe un impegno dei proprietari degli store a non dare maggior risalto ad app e servizi proprietari interferendo in maniera diretta con le preferenze degli utenti;

8) L''ottava richiesta parla delle commissioni che gli sviluppatori sono tenuti a pagare e che non devono mai essere ingiuste, irragionevoli e discriminatorie;

9) Il nono principio si concentra sulla concorrenza tra store, con i proprietari dei negozi online che non dovrebbero vietare o scoraggiare l'utilizzo di store concorrenti;

10) L'ultimo principio, infine, propone una trasparenza di regole, politiche e opportunità di promozione e marketing, che devono essere ben visibili a tutti e applicate in modo coerente e obiettivo, con avvisi di qualsiasi modifica e procedure semplici e veloci per gestire le controversie.

Il motivo del contendere è insomma quel 30% di commissioni applicato sugli acquisti in-app da Apple, lo stesso che ha scatenato le rimostranze recenti di Epic Games e Spotify. Le aziende chiedono la possibilità di bypassare il sistema e di comunicare direttamente con i propri utenti, gestendo in autonomia le transazioni e senza dover per forza passare dal filtro della mela.

La risposta di Cupertino

Dal canto suo Apple non sembra voler rinunciare troppo facilmente alla sua politica e al suo ecosistema chiuso e strettamente controllato.
Da qui la nascita di una campagna marketing per spiegare le proprie scelte e le proprie politiche: i vari articoli curati dalla stessa Apple sottolineano quanto il sistema, seppur restrittivo, porti ad avere tra le mani solo le app migliori e più sicure, con un catalogo globale ricco e facilmente esplorabile, una grande attenzione alla privacy e alla sicurezza e procedure di rimborso facili e rapide.
Apple parla di sviluppatori che hanno guadagnato oltre 155 miliardi di dollari grazie ad Apple Store, una piattaforma che da lavoro a oltre 2,1 milioni di persone.

L'ora del cambiamento?

Da anni le pratiche dell'azienda sono sotto l'occhio dei regolatori internazionali. Il ban a Fortnite, le denunce di Spotify e la nascita di questa coalizione a livello globale non stanno facendo altro se non rincarare la dose e mettere tutto sempre più sotto i riflettori. Apple ha sempre fatto del suo sistema chiuso e controllato un punto di forza, vantandosi delle sue regole restrittive e del suo sistema operativo fortemente personalizzato e controllato. Si limita la libertà di utenti e sviluppatori, ma si offre un ecosistema che non vuole avere falle o intromissioni.
Una politica che gli utenti hanno sempre accettato piuttosto volentieri, ma che nel tempo si è andata a scontrare con le richieste degli sviluppatori e le maggiori libertà offerte dai sistemi della concorrenza. iOS è sempre andato bene così com'era stato pensato ma agli utenti non è mai stato offerto nessun tipo di reale alternativa.

Compromesso possibile?

Normale che Apple cerchi di privilegiare se stessa e il suo mondo, forte dell'immagine che si è costruita e di politiche spesso criticabili ma che l'hanno resa quello che è e trasformata nel tritasassi tecnologico mondiale che è oggi. Allo stesso tempo è logico che gli sviluppatori vorrebbero ricevere in ogni sistema e su ogni piattaforma lo stesso trattamento.
Sono i due lati di una medaglia sui quali è giusto fare più di una riflessione, sia da parte di Apple, che per forza di cose dovrà cercare di aprirsi ad un mondo tecnologico che da sempre chiede equità e libertà e a cui dovrebbe essere data maggior voce in capitolo, sia da parte degli stessi sviluppatori, che grazie agli Store guadagnano spazio e visibilità e non possono pretendere di fare il bello e il cattivo tempo su sistemi operativi chiusi e appositamente pensati per viaggiare solo su dispositivi proprietari e nient'altro.

iOS non è Android e chi lo utilizza sa che avrà dalla sua meno libertà e possibilità, così come dovrebbe essere per gli sviluppatori. Come sempre occorrerà trovare il giusto compromesso per accontentare tutti, il punto d'incontro che non snaturi la filosofia stessa alla base del mondo Apple e che non trasformi gli sviluppatori in servi di aziende ben più grandi, preservando libertà e possibilità, fondamentali in un mondo tecnologico dominato da colossi ma che ha bisogno come il pane delle piccole realtà e delle loro lungimiranti ambizioni.