Big Tech e licenziamenti: cosa c'è dietro la crisi della Silicon Valley

Continua a far discutere la crisi delle compagnie tech, tra licenziamenti, ridimensionamenti e strategie tutte da ricostruire.

Big Tech e licenziamenti: cosa c'è dietro la crisi della Silicon Valley
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Diciottomila licenziamenti. Queste le conseguenze degli ultimi tagli di Amazon, colpita da una crisi senza precedenti e costretta a lasciare a casa un enorme numero di persone in tutto il mondo. Ma quella del colosso dell'e-commerce, per quanto notevole per l'enormità dei numeri, è solo la punta di un iceberg ben più grande e complesso, un iceberg che mostra licenziamenti a catena in tutte le più grandi aziende tech mondiali.
Dopo un biennio di grande crescita le cose sono precipitate lungo tutto il 2022 e non accennano a migliorare: cosa sta succedendo nella Silicon Valley?

Il caso Amazon

Iniziamo dalla punta dell'iceberg, Amazon. Il colosso dell'e-commerce, quello da sempre sulla cresta dell'onda e che dovrebbe sentire meno degli altri il peso della recessione economica, ha purtroppo iniziato già nel 2022 una catena interminabile di licenziamenti: gli analisti parlavano di almeno 10mila persone che sarebbero rimaste a casa nelle prime settimane del nuovo anno e a queste se ne sono aggiunte altre 8mila.
Numeri che fanno paura, ma che vanno comunque rapportati alla forza lavoro di Amazon, che conta oltre 1,5 milioni di dipendenti in tutto il mondo. Si parla di poco più dell'1% della forza lavoro totale dell'azienda che verrà lasciato a casa e che riguarderà solo i settori delle vendite e delle risorse umane e non quelli dei numerosi magazzini sparsi per il globo.

Dopo un biennio di crescita ininterrotta, riconducibile anche alla pandemia e all'aumento vertiginoso delle vendite online, Amazon si è ritrovata tra le mani una crisi senza precedenti, con le contrazioni del mercato, il potere di spesa diminuito e gli acquisti in caduta libera.
Durante il lungo periodo di Covid con annesso lockdown, l'azienda aveva dimostrato parecchio ottimismo nel valutare la sua crescita e il suo allargamento societario, salvo poi scontrarsi con la crisi e la realtà dei fatti del post-pandemia. Da qui la scelta di bloccare le assunzioni nei settori di vendita e poi l'inizio dei licenziamenti a catena, con interi settori smantellati per evitare perdite ulteriori di denaro.

Gli altri

Parlavamo di Amazon come punta dell'iceberg proprio perché la sua situazione è emblematica per capire la crisi che ha colpito l'intero settore tecnologico da un anno a questa parte. Meta ha lasciato a casa oltre 11mila dipendenti, il 13% della sua forza lavoro e Twitter ha licenziato metà dei suoi lavoratori, solo per citare due attori fondamentali del settore.
A livello generale, si parla di oltre 150mila licenziamenti tra le aziende del settore tecnologico. Numeri da capogiro, emblema di una crisi incontrovertibile frutto di scelte e valutazioni molto sbagliate che ora stanno presentando un conto quanto mai salato.

Zuckerberg sta affrontando il più grande taglio di personale da quando ha creato la sua azienda, considerando che, per circa la metà, i suoi attuali dipendenti erano stati assunti dal 2020 a oggi; Musk ha licenziato oltre 3700 persone per cercare di porre una freno a perdite che si aggirano sui 4 milioni di dollari al giorno.
Ma c'è anche Snapchat, che ha lasciato a casa il 20% dei suoi lavoratori (quasi mille persone) o aziende meno conosciute come Stripe, che cesserà il contratto di oltre 1100 dipendenti. Tutti chiedono scusa: tutti ammettono di aver sbagliato, ma cosa di preciso?

Tanti errori

In tanti danno la colpa al Covid e in parte, seppur in senso molto più largo, la pandemia è la principale responsabile di questa situazione. O meglio, lo sono le valutazioni errate che queste aziende e i mercati finanziari hanno fatto durante il lockdown.
Ricordiamo tutti, infatti, quanto la tecnologia sia diventata fondamentale durante il periodo in cui eravamo costretti a restare a casa. L'intero settore aveva visto crescere le quotazioni in borsa dell'86%, frutto di nuove immissioni di denaro e importanti investimenti, con i titoli che venivano acquistati in massa perché portatori di facili e immediati guadagni.

La fine della pandemia e l'allentamento delle misure restrittive hanno però riportato il mondo alla normalità e la gente alle sue vecchie abitudini, costringendo le aziende del settore tech a rimettere i piedi ben piantati a terra.
Quel mercato che tanto era stato gonfiato tra il 2020 e il 2021 si è rapidamente sgonfiato per tutto il corso del 2022, portando a cali vertiginosi di tutti i titoli quotati in borsa delle principali aziende tech mondiali. Per due anni ci si era convinti che queste realtà avrebbero continuato a guadagnare ininterrottamente e i loro titoli erano aumentati di valore ben più di quanto avrebbero fatto altrimenti, salvo poi scontrarsi con la dura realtà dei fatti e bilanci aziendali quasi sempre disastrosi.

Valutazioni sbagliate

A questa "bolla" le aziende avevano ciecamente creduto, pensando che il boost generato dal Covid e dai mercati sarebbe durato per sempre. Così, mentre il loro valore in borsa aumentava a dismisura, queste aziende hanno portato avanti investimenti corposi, nuove assunzioni e processi di crescita ed espansione fin troppo velleitari, forse sopravvalutando la loro forza e ponendosi obiettivi alla luce dei fatti fin troppo ottimistici.
Investimenti in nuove tecnologie, apertura di nuovi settori di ricerca e sviluppo, tentativi di crescita ed espansione fuori da ogni regola e logica.

Quando tutto è tornato alla "normalità", il conto da pagare si è rivelato salatissimo: i nuovi investimenti si sono rivelati in parte infruttuosi, i conti si sono tinti di rosso in larga parte dell'industria e dalle crescite record degli utili siamo passati a un trend opposto verso il basso. Non c'è azienda che nel 2022 abbia visto aumentare i suoi ricavi o che non sia stata costretta ad attuare tagli o a rivedere al ribasso le sue fin troppo ottimistiche previsioni di crescita.

Una crisi generale

A livello generale sono notevolmente diminuiti i ricavi portati dalla pubblicità, da sempre la maggiore fonte di guadagno per tutte queste aziende.
La situazione di crisi mondiale che stiamo vivendo negli ultimi mesi ha portato a tagli di investimenti nel settore, che hanno iniziato a far sentire il loro peso nei bilanci.
Anche TikTok, tra le poche ad essere ancora in crescita nonostante la crisi del settore, ha dovuto rivedere le sue previsioni proprio per il calo generale degli investimenti pubblicitari in tutto il settore tecnologico.

Ma anche realtà ben più legate alla vendita di prodotti e servizi stanno sentendo la crisi tech sulla propria pelle: abbiamo già parlato di Amazon, ma anche Microsoft ed Apple non se le stanno passando benissimo, colpite più delle altre dalla crisi economica che sta spingendo gli utenti ad acquistare molto meno. Anche il mercato dei beni fisici e dei servizi ha iniziato una fase di contrazione che potrebbe durare ancora a lungo.

Futuro a tinte fosche

I licenziamenti potrebbero essere stati solo l'inizio, visto che sono numerosi gli analisti che prevedono un futuro ancora più duro per tutto queste aziende, che saranno portate dalla crisi del mercato verso cambiamenti aziendali e strutturali profondi e irreversibili.
La sensazione è che queste realtà, spinte da guadagni astronomici e apparentemente facili e gonfiate dall'anomalia del Covid, abbiano perso di vista il loro core business e le loro reali fonti di guadagno, lanciandosi troppo spesso in progetti collaterali che hanno portato più perdite economiche che reale crescita.

Il Metaverso, la corsa allo spazio o alla guida autonoma, sono tutte cose affascinanti e di grandi prospettive ma che per ora non sembrano aver pagato, con perdite economiche che potevano essere ammortizzate quando queste aziende crescevano ma che diventano una zavorra pesantissima con una crisi è così forte e acuta.
Forse è tempo che queste aziende riprendano a occuparsi davvero delle persone e dei loro bisogni concreti, dei servizi e delle cose che alla gente interessano; quelle cose essenziali che, soprattutto in un periodo di crisi, sono le uniche che spingono le persone a spendere o investire dei soldi.
Più che guardare sempre al futuro, ogni tanto è meglio anche pensare al presente e piantare i piedi per terra per resistere alla tempesta.