Cuba: lo smartphone statale e la tecnologia per tutti

L'arrivo a Cuba di uno smartphone di Stato riaccende il dibattito sull'accesso di tutti a internet e alle nuove tecnologie.

Cuba: lo smartphone statale e la tecnologia per tutti
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Sta facendo parecchio discutere la scelta di Cuba di produrre degli smartphone low cost "statali", costruiti da aziende controllate dallo Stato, con sistema operativo dello Stato e pensati appositamente per gli abitanti del paese. In questo modo non solo si vogliono superare i limiti imposti dalle tecnologie estere, ma anche creare degli oggetti tecnologici alla portata di tutti, soprattutto dei cittadini con bassa disponibilità economica.
Una soluzione che riapre la discussione sul tema dell'accesso di tutta la popolazione a internet e ad oggetti ormai fondamentali per il progresso e la vita di tutti i giorni. Creare delle soluzioni pubbliche per superare i limiti del privato è la soluzione giusta per dare a tutti le stesse possibilità?

Lo smartphone socialista

Lo hanno battezzato "dispositivo socialista", in onore di quella macchina statale che a Cuba tutto accentra e tutto condensa, che mette il bene della collettività - e della repubblica - davanti a quello dei singoli. Non è un caso che sempre più nazioni cerchino di prodursi da se gli apparati tecnologici più importanti. La tecnologia e l'accesso ad essa è sempre più importante e farlo diventare un affare di stato potrebbe portare alla vittoria di una partita non scontata.
Da qui la scelta di Cuba di dare in mano all'azienda di stato Gedeme la produzione di tre nuovi smartphone, tutti low cost, tutti con caratteristiche tecniche limitate e con un sistema operativo in fase di sviluppo chiamato NovaDroid e che sarà prodotto nel Paese e pensato proprio per i suoi abitanti. Entro fine giugno saranno prodotte le prime 6000 unità, per ora con Android 10, e saranno vendute tramite i negozi dell'azienda telefonica di stato, Etesca.

Giochi di potere

Se l'obiettivo dichiarato è quello di dare accesso tecnologico a tutti, quello principale sarà mostrare al mondo autonomia nella realizzazione di prodotti di alta tecnologia, aggirando i limiti imposti dalle tecnologie estere e senza fare affidamento sulle grandi aziende straniere del settore. Si tratta del secondo passo di una strategia che dal 2018 ha iniziato a fornire connessione dati in tutta L'Avana. Gedeme, l'azienda che produce i dispositivi, non è comunque nuova nella produzione di prodotti informatici, elettrici ed elettronici, avendo lavorato per lungo tempo su strumenti specifici per il settore delle telecomunicazioni.
Chiaro che per i componenti interni dei nuovi smartphone - processori, schede, lenti - si è dovuto fare affidamento a fornitori esteri, ma l'obiettivo a lungo termine sembra essere quello di produrre tutto direttamente in casa, senza limitarsi al solo assemblaggio o alla progettazione. Ambizioni spropositate, ma frutto di una strategia ben precisa e che verrà certamente portata avanti con costanza e determinazione.

I modelli

I modelli che entreranno in produzione saranno tre, tutti di fascia medio bassa, con tecnologia non certo di alto livello ma prezzo che, seppur non comunicato, dovrebbe essere davvero parecchio concorrenziale, pensato appunto per garantire accesso a chi solitamente non può permettersi questo tipo di tecnologie. Per ora sono state pubblicate le schede tecniche di soli due dispositivi: il primo GDM MB10, avrà uno schermo da 6 pollici con risoluzione in HD, processore MediaTek P22, 3 GB di RAM e 32 GB di spazio di archiviazione espandibile con schede di memoria; la batteria sarà da 3200 mAh, mentre i sensori per le foto saranno tre, due sul retro da 8 e 3 megapixel e uno davanti, da 5; la connettività sarà quella base con Wi-Fi, Bluetooth 4.0, connettore da 3,5 mm.
Il secondo modello si chiamerà GDM P4R e avrà caratteristiche leggermente migliori: display HD+ da 6,22 pollici, 4GB di RAM e 64 GB di spazio di archiviazione; il processore sarà lo stesso del modello precedente, mentre la batteria sarà leggermente più performante, così come il comparto fotografico, con doppio sensore posteriore da 13 e 3 megapixel e anteriore da 8; in questo modello saranno presenti anche un sensore per le impronte digitali e il riconoscimento facciale.

L'OS è tutto

L'azienda cubana sta puntando comunque tanto sull'implementazione del suo sistema operativo fatto in casa, il NovaDroid, sviluppato a partire dal codice sorgente del sistema open source di Google. Si tratterà di un passo piuttosto importante, su cui Gedeme e lo stato stanno puntando tanto, forse ancora di più rispetto alla produzione stessa dei device. NovaDroid, infatti, sarà pensato per adattarsi alle esigenze e alla realtà della società cubana: si tratta di un progetto già in fase di sviluppo e ormai integrato nei tablet prodotti dalla stessa azienda. Le ottimizzazioni saranno pensate per offrire ai cittadini dei servizi finalmente degni di questo nome: ad oggi, infatti, sono numerose le limitazioni cui sono soggetti molti servizi che noi usiamo da anni.
Sul Play Store di Google, ad esempio, per i cubani non è possibile scaricare e comprare app a pagamento o utilizzare acquisti in app. Il nuovo sistema offrirà comunque compatibilità con oltre 1 milione di applicazioni dei diversi app store di Android e avrà al suo interno alcune app gratuite già preinstallate, alcune importanti a livello internazionale, come Firefox o Omninote, e altre che saranno sviluppate direttamente dalla Gedeme per i suoi smartphone.

Tech per tutti

Quella cubana è una mossa importante, con scopi ben precisi, atti a stabilire una sorta di egemonia tecnologica di questo tempi importantissima, soprattutto per uno stato da sempre alla ricerca del superamento delle ingerenze straniere e private. Nonostante i suoi scopi apparentemente non nobili, atti più a dimostrare potere che ad aiutare, la produzione di questi nuovi smartphone "statali" riaccende innegabilmente la luce su un tema importante e mai troppo spesso dibattuto: l'accesso alle tecnologie.
I costi piuttosto alti di certi dispositivi e la produzione da anni in mano a poche, selezionate e grandissime aziende, esclude di fatto molto persone dall'accesso non solo a prodotti fondamentali per la vita di tutti i giorni, ma anche a strumenti di comunicazione ormai imprescindibili per qualsiasi tipo di uso. L'accesso di tutti alla tecnologia è un tema che ogni governo dovrebbe iniziare a prendere sempre più in seria considerazione, per garantire a tutti pari diritti e pari libertà, nonché uguali possibilità.

Tanti problemi

Lo abbiamo visto durante lo scorso anno, in piena pandemia, con le disparità di trattamento cui sono stati costretti alcuni studenti: con l'obbligo di seguire le lezioni online a subire un forte disagio sono stati tutti quei ragazzi che provenivano da famiglie che non potevano permettersi connessioni ad alta velocità o dispositivi per poter seguire le lezioni a distanza insieme agli altri compagni di classe. Uno stato degno di questo nome non dovrebbe permetter questo, non dovrebbe far si che esistano tali disparità tra persone, ragazzi o famiglie; tutti dovrebbero avere le medesime possibilità e i medesimi mezzi, anche se con disponibilità economiche diverse.
Bisognerebbe iniziare seriamente a pensare ad una dotazione tecnologica di base a cui tutti dovrebbero accedere di diritto: Cuba lo ha fatto producendo da se dei prodotti a basso costo che, si spera, diano a tutti la possibilità di comprare determinati prodotti, ma qualsiasi Paese dovrebbe iniziare ad approntare soluzioni per sopperire ad un problema che alla lunga potrebbe farsi sempre più grave, allargando le disparità e tracciando solchi sociali profondi non solo tra stati diversi ma anche tra cittadini dello stesso Paese.

Poche soluzioni

Prodursi da soli i propri device è impresa difficile e proibitiva, ma diminuire l'ingerenza e lo strapotere economico delle grandi aziende del settore sarebbe fondamentale per ristabilire un certo equilibrio. I grandi produttori vanno avanti con le loro ricerche e i loro studi, producendo prodotti sempre più avanzati ma anche sempre più costosi. Che senso ha digitalizzare ogni aspetto della nostra vita se poi alcuni cittadini nemmeno riescono ad avere accesso alla rete internet? Una riflessione che tutti i Paesi dovrebbero fare, perché la tecnologia e i dispositivi ad essa legati, che lo vogliamo o meno, assomigliano sempre più a beni di prima necessità a cui tutti, nessuno escluso, dovrebbero avere pari diritto d'accesso.