Dal gatto nero al 13 che porta sfortuna: le origini delle superstizioni

Oggi vi racconteremo l'origine di alcune superstizioni che, incredibilmente, continuano ad essere diffuse ancora ai giorni d'oggi!

Dal gatto nero al 13 che porta sfortuna: le origini delle superstizioni
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Le superstizioni sono qualcosa che "accompagnano" l'essere umano fin dall'alba dei tempi. Sono, semplicemente, delle credenze di natura irrazionale - senza alcuna base scientifica - che possono influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone.
Alcune di queste vedono le loro radici in tempi molto remoti altre, invece, in tempi relativamente moderni. Oggi vi spiegheremo le origini di ben cinque di queste. Che mese migliore se non quello di Halloween per raccontarvele?

Il numero 13 è sfortunato?

Povero numero 13, schivato da chiunque. Non è raro, infatti, incontrare qualcuno che è ossessionato dalla paura di questo semplice numero, esiste una vera e propria fobia chiamata "triscaidecafobia", che vede le sue origini nella mitologia norrena. In un racconto, 12 divinità furono invitate a cenare al Valhalla, una sala da banchetti destinata a tutti i guerrieri valorosi, che si trova ad Asgard, la città degli dei.
In questo frangente la presenza di Loki, il dio del conflitto e del male, portò il numero dei partecipanti a 13. Successivamente, durante il banchetto, si scatenò una rissa dove il guerriero più valoroso di loro, Balder, venne ucciso.

Addirittura gli scandinavi evitano di fare cene con 13 invitati. L'antipatia per il numero si diffuse anche nel resto d'Europa. Non solo: tale superstizione fu rafforzata in epoca cristiana dalla storia dell'Ultima Cena, poiché il il discepolo che tradì Gesù, Giuda, era il tredicesimo ospite a tavola.
Questo antico "odio" può essere fatto risalire anche a epoche più remote, addirittura ai popoli babilonesi , che consideravano il 12 un numero perfetto e sacro. In questo caso il 13 subì la fama di "antagonista", poiché viene subito dopo.

Un gatto nero che attraversa la strada porta sfortuna o fortuna?

Questa superstizione si è vista un po' ovunque, dai film a cartoni animati al mondo reale. Molte culture concordano sul fatto che i gatti neri siano portatori di potenti presagi. Gli antichi Egizi, ad esempio, veneravano tutti i gatti, neri e non. Fu proprio questo popolo a creare la credenza che la traversata della strada di un gatto porti fortuna. Tale "reputazione positiva" ricomparve molto più tardi, all'inizio del diciassettesimo secolo, in Inghilterra. Qui re Carlo I aveva un gatto nero come animale domestico. Alla morte dell'affezionato quadrupede, si dice che il re si sia lamentato che la sua fortuna fosse svanita.
La presunta verità della superstizione è stata rafforzata quando Carlo venne arrestato il giorno successivo e accusato di alto tradimento. Durante il Medioevo, un'epoca di superstizioni e menti facilmente plasmabili, le persone in molte altre parti d'Europa pensavano che i gatti neri fossero i "familiari" delle streghe, o delle streghe "sotto copertura". Si pensava che un gatto nero che incrociava il cammino fosse un'indicazione di sfortuna, un segno che il diavolo stesse bramando l'anima del passante.
Questa sembra essere stata la convinzione dominante dei pellegrini quando arrivarono in America per la prima volta, e la fama negativa dei gatti neri può essere vista ancora oggi.

Se rompi uno specchio ci saranno ben 7 anni di sfortuna!

Nell'antica Grecia, era usanza comune per le persone consultare i veggenti. La divinazione veniva eseguita per mezzo di acqua e uno specchio (la catoptromanzia). Lo specchio veniva immerso nell'acqua e alla persona veniva chiesto di guardare nel vetro. Nel caso di una persona malata, ad esempio, se la sua immagine fosse apparsa distorta, probabilmente sarebbe morta; se fosse stata nitida, sarebbe sopravvissuta. Lo specchio magico, inoltre, aveva il "potere" di far conoscere gli eventi passati e futuri a tutti coloro che lo guardassero con gli occhi bendati. Tuttavia, nel I secolo d.C., i romani aggiunsero una piccola "clausola" alla superstizione. Si credeva che la salute delle persone cambiasse in cicli di sette anni, per cui osservare la propria immagine in uno specchio appena rotto avrebbe portato proprio a sette anni di sfortune.

Aprire un ombrello in casa

Aprire un ombrello in casa porta sfortuna? Ma soprattutto, da dove nasce questa superstizione? La maggior parte degli storici pensa che tale idea sia nata "recentemente", nell'Inghilterra vittoriana. Nel diciottesimo secolo, a Londra, esistevano degli ombrelloni impermeabili fatti in metallo (la plastica ancora non era ancora stata inventata) e, poiché il clima della città è sempre predisposto alla pioggia, tali marchingegni erano molto diffusi nelle case. Il meccanismo, tuttavia, li rendeva dei veri e propri pericoli se aperti al chiuso. Un ombrello del periodo che si apriva improvvisamente in una piccola stanza, poteva ferire gravemente un adulto o un bambino, o frantumare un oggetto.
Così, la superstizione nacque come un vero e proprio deterrente per evitare l'apertura di un ombrello in casa. Insomma, oggi si rischia una sgridata, ai tempi una ferita grave.


Guai a far cadere il sale!

Far cadere il sale per terra è considerato un gesto sfortunato da migliaia di anni. Intorno al 3.500 a.C., gli antichi Sumeri iniziarono ad annullare la sfortuna del sale versato gettandone un pizzico sulle spalle sinistre. Questo rituale si diffuse agli egiziani, agli assiri e in seguito ai greci.

Ai tempi antichi, la sostanza era considerata preziosissima (tant'è che nell'antica Roma ai soldati veniva spesso corrisposta, come integrazione della loro paga, una razione di sale, da qui il termine salario). Guai a far cadere anche un solo granello, che nel linguaggio popolare significava "perdere soldi". Per cercare di non attirare la sfortuna, bastava solo raccogliere la quantità caduta e gettarla dietro le spalle.