Dove si nasconde la massa mancante dell'universo?

Entriamo nell'affascinante mondo dell'astrofisica con uno dei quesiti più interessanti degli ultimi anni, con uno sguardo al passato dell'universo.

Dove si nasconde la massa mancante dell'universo?
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A seguito di osservazioni effettuate nel corso degli anni, indagando ai diversi angoli dell'universo, gli scienziati sono riusciti a calcolare con un buon grado di precisione quanta sostanza ordinaria, ovvero idrogeno, elio e altri elementi, fosse presente subito dopo il Big Bang. Nel periodo tra i primi minuti e il primo miliardo di anni, gran parte della materia normale si fece strada nella polvere cosmica, nel gas e in oggetti come stelle e pianeti che i telescopi possono vedere nell'Universo attuale. Il problema è che quando gli astronomi sommano la massa di tutta la materia ordinaria nell'Universo attuale, all'appello ne manca circa un terzo. Precisiamo che questa materia mancante di cui stiamo parlando è ben diversa dalla materia oscura, legata invece a un altro dei grandi interrogativi dell'astrofisica moderna.
Gli astronomi hanno passato decenni a cercare qualcosa che sembra quindi difficile da individuare: dove si nasconde questa massa mancante? Nuovi risultati dall'osservatorio a raggi X Chandra della NASA potrebbero aiutare a localizzare questa distesa sfuggente di materia mancante.

C'è un'idea

Una delle ipotesi prese in considerazione è che la massa mancante si sia disposta in modo da formare giganteschi filamenti gassosi di tipo "warm" (ovvero a temperature inferiori ai 100.000 Kelvin) e "hot" (temperatura superiore a 100.000 Kelvin) nello spazio intergalattico. Questi filamenti sono conosciuti dagli astronomi come "Warm-Hot Intergalactic Medium" o WHIM.
La più grande caratteristica di queste strutture è legata alla loro invisibilità ai telescopi ottici. Tuttavia, alcuni gas nei filamenti in questione sono stati rilevati tramite la luce ultravioletta. "Se troviamo questa massa mancante, possiamo risolvere uno dei più grandi enigmi dell'astrofisica", spiega Orsolya Kovacs del Center for Astrophysics - Harvard & Smithsonian a Cambridge, Massachusetts. La domanda che si pone Kovacs è centrale: "Dov'è che l'universo ha immagazzinato così tanta materia?"

Gli astronomi hanno utilizzato l'osservatorio a raggi X Chandra per cercare e studiare filamenti di gas caldo nei dintorni di un quasar, una fonte luminosa di raggi X alimentata da un buco nero supermassiccio in rapida crescita. Questo quasar si trova a circa 3,5 miliardi di anni luce dalla Terra.
Il ragionamento è il seguente: se vi fosse del gas in queste WHIM , alcuni dei raggi X del quasar verrebbero assorbiti da tale gas caldo, e tali raggi giungerebbero a noi "alterati", portando con se la firma della presenza di tale gas. Per questo motivo, gli astrofisici si sono interessati ad analizzare "la firma del gas" nella luce dei raggi X del quasar, ed è per questo che utilizzano Chandra.

I giusti accorgimenti

Una delle complicazioni riguardo questo metodo di procedere è che il segnale di assorbimento da parte del WHIM è debole rispetto alla quantità totale di raggi X provenienti dal quasar. Quando si cerca nell'intero spettro dei raggi X a diverse lunghezze d'onda, è difficile distinguere tali caratteristiche di assorbimento deboli da fluttuazioni casuali.
Kovacs e il suo team hanno superato questo problema concentrando la loro ricerca solo su alcune parti dello spettro della luce a raggi X, riducendo la probabilità di falsi positivi. Hanno così identificato 17 possibili filamenti tra il quasar e noi, e hanno ottenuto le loro rispettive distanze dalla Terra.
A causa dell'espansione dell'universo, che genera anche una variazione nella lunghezza d'onda della luce che vi viaggia attraverso (stiamo riferendoci al fenomeno del redshift), qualsiasi assorbimento di raggi X da parte della materia in questi filamenti sarà spostato a lunghezze d'onda verso il rosso. Quindi la loro ricerca predilige per prima questo intervallo di lunghezze d'onda rispetto alle altre
Un'analogia efficace è la seguente, e proviene da uno dei co-autori della ricerca, Akos Bogdan: "La nostra tecnica è simile in linea di principio a come condurre una ricerca di animali nelle vaste pianure dell'Africa. Sappiamo che gli animali hanno bisogno di bere, quindi ha senso cercare dapprima i fori d'acqua". Estendendo, a partire da queste osservazioni, le loro considerazioni a una più grande regione di spazio, i ricercatori riferiscono di poter "ritrovare" l'intera quantità di materia mancante. Perché se ci si ragiona un attimo, e almeno in questo caso particolare, la "massa mancante" era stata nascosta sotto forma di gas nel WHIM, dopo tutto. Ma è sempre stata questa la situazione nell'universo? Gli elementi e la materia sono sempre esistiti?


Una storia col botto

La composizione dell'universo è in continua evoluzione, e procede di pari passo allo scorrere della vita delle stelle. E c'è stato un momento in cui, nell'Universo, risultavano assenti molti degli elementi che adesso sono "scolpiti" sulla tavola periodica degli elementi.
La tavola periodica degli elementi ha aiutato gli esseri umani a comprendere le meccaniche dietro gli elementi dell'universo: era il 1860, quando un chimico russo, Dmitri Mendeleev, riconobbe che alcuni elementi si comportavano allo stesso modo chimicamente, decidendo di disporli in una tabella secondo delle regole ordinanti. La tavola periodica rappresenta il modo in cui la chimica organizza gli elementi, aiutando gli scienziati a capire quali atomi si leghino tra loro e che tipo di legami chimici essi possano instaurare.
"L'universo ha subito alcuni cambiamenti molto interessanti e all'improvviso la tavola periodica è cambiata di molto", commenta Jennifer Johnson, professore di astronomia alla Ohio State University e autore di un articolo che si occupa di analizzare la caratterizzazione chimica dell'universo nel corso della sua evoluzione.

Dove inizia la storia


Fino a 100 milioni di anni dopo il Big Bang, non c'era nient'altro che idrogeno, elio e litio. Solo in seguito sono comparsi gli elementi fondamentali alla vita per come la conosciamo, carbonio e ossigeno. "Adesso viviamo in un periodo di gloria per la tavola periodica" commenta Johnson. Ma, come gli scienziati sanno da tempo, la tavola periodica proviene in realtà da un'unica fonte: polvere di stelle. La maggior parte degli elementi sulla tavola periodica, a cominciare dall'idrogeno , proviene dalle stelle. E c'è stato un periodo in cui questi elementi, non erano presenti nell'universo. La nucleosintesi, ovvero il processo di creazione di un nuovo elemento, parte con il Big Bang, circa 13,7 miliardi di anni fa. Gli elementi più leggeri dell'universo, l'idrogeno e l'elio, furono anche i primi risultati del Big Bang.
Ma elementi più pesanti, ovvero quasi tutti gli altri elementi della tavola periodica, sono in gran parte i prodotti di una stella. Johnson spiega che le stelle di grande massa, incluse alcune nella costellazione di Orione, a circa 1.300 anni luce dalla Terra, fondono elementi molto più velocemente rispetto alle stelle di bassa massa. Queste stelle fondono l'idrogeno e l'elio in carbonio e trasformano il carbonio in magnesio, sodio e neon. Le stelle di grande massa muoiono esplodendo in supernove, rilasciando elementi, dall'ossigeno al silicio, passando per il selenio, nello spazio circostante.
Al contrario, quando una stella di dimensioni contenute muore, diventa una nana bianca. E le nane bianche sintetizzano altri elementi quando esplodono. Una nana bianca che esplode potrebbe "espellere" calcio o ferro nello spazio interstellare e la fusione di stelle di neutroni potrebbe creare rodio o xeno.
Poiché, cosi come avviene per gli esseri umani, le stelle vivono e muoiono in tempi diversi e poiché ogni stella può produrre diversi elementi durante la sua vita e la sua morte, anche la composizione dell'universo cambia nel tempo, seguendo le leggi di queste "esplosioni di elementi".

Come si può constatare, lo scenario è ricco di particolarità e di strade da percorrere, e fattori da tenere a mente, a partire dai cicli vitali delle stelle, ai filamenti WHIM potenzialmente sede di grandi quantità di gas. Il quadro è molto vasto, non lo si mette in dubbio, e da questa piccola introduzione alle grandi meccaniche che governano l'universo, non si può fare a meno di notare come un'entità da sempre vista come "immutabile" ed "eterna", quale l'universo, sia in realtà un continuo manifestarsi di eventi: non un essere vivente, ma quasi.