L'equazione di Drake, alla ricerca della vita nell'universo

Esiste vita intelligente all'interno della nostra galassia? Negli anni 60 ha provato a rispondere Drake, con un'equazione usata ancora oggi.

L'equazione di Drake, alla ricerca della vita nell'universo
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Quando si parla di vita intelligente con un astrofisico, la stragrande maggioranza delle volte questo finisce per storcere la bocca con forte disapprovazione. Ma cerchiamo di comprenderlo: ne ha sentito parlare superficialmente e con pochissimo rigore scientifico fin troppe volte.
Per troppe volte si sarà sentito chiedere "ma quindi esistono questi alieni?" e innumerevoli altre ancora si sarà sentito dire che "ho un cugino che una volta ha visto una luce strana che era un alieno sicuramente". Oggi no, oggi parliamo di vita intelligente con l'esplicito obiettivo di non far storcere la bocca a nessuno.

Gli albori dell'astrobiologia scientifica

La nostra storia comincia nel 1960, quando Frank Drake comincia la sua ricerca di segnali radio provenienti da ipotetiche civiltà extraterrestri presso il National Radio Astronomy Observatory di Green Bank. Sono gli anni in cui per la prima volta la comunità scientifica comprende che c'è bisogno di un confronto e di accendere un vero dibattito scientifico su questo tema.

D'altra parte l'argomento era trattato con molta superficialità e chi studiava "gli alieni" era etichettato come "un po' strano". Insomma, "la ricerca di vita extraterrestre intelligente era lo zio ubriaco molesto alla festa di Natale dell'astrofisica". Nel 1961, l'Accademia Nazionale delle Scienze statunitense invita Drake a un incontro per discutere di questo tema assieme ad altre figure scientifiche di rilievo (fisici ma anche biologi, industriali, studiosi di scienze sociali). Durante la preparazione di tale incontro nasce la formula più famosa dell'astrobiologia, l'equazione di Drake. A tal proposito Drake scrisse: «Pianificando l'incontro, mi resi conto con qualche giorno d'anticipo che avevamo bisogno di un programma. E così mi scrissi tutte le cose che avevamo bisogno di sapere per capire quanto difficile si sarebbe rivelato entrare in contatto con delle forme di vita extraterrestri. E guardando quell'elenco diventò piuttosto evidente che moltiplicando tutti quei fattori si otteneva un numero, N, che è il numero di civiltà rilevabili nella nostra galassia».

Tale incontro non ci regalò soltanto l'equazione di Drake, ma fu un vero e proprio spartiacque per la ricerca di intelligenze extraterrestri, che finalmente acquisiva un minimo di dignità scientifica. Il SETI Institute, fondato ufficialmente solo nel 1974 da molti scienziati (tra cui ovviamente figura anche Drake, che per primo lo aveva proposto nel 1960 ed è ancora oggi uno dei suoi direttori) nasceva ideologicamente qui.

L'equazione di Drake

L'equazione di Drake è composta da molti fattori moltiplicati tra loro e ci restituisce quindi il valore N, il numero di civiltà extraterrestri rilevabili attive in questo momento nella galassia.

Si deve però subito chiarire il fatto che una parte dei fattori all'interno dell'equazione di Drake sono parametri astrofisici, che quindi conosciamo con sempre maggiore precisione e sono sempre più affidabili, mentre un'altra parte, come vedremo, è composta da parametri fortemente speculativi, cioè di cui non abbiamo veri dati, vere osservazioni. Il risultato N va quindi inteso esattamente per come lo ha pensato Drake: serve a favorire un dialogo il più scientifico possibile, seppur con grossi limiti.
Va aggiunto a questo il fatto che, negli anni, grazie al costante dibattito e alle critiche costruttive, l'equazione è leggermente cambiata. Sono state proposte varie modifiche e non tutte sono state accolte, vedremo quindi la versione storica e la versione moderna arrivando infine a calcolare il numero N. L'equazione scritta da Drake era N = R* x fp x ne x fl x fi x fc x L, laddove:

R* rappresenta il numero medio di nuove stelle che si formano ogni anno nella nostra galassia
fp rappresenta la frazione di stelle R* a possedere pianeti, cioè non tutte le stelle che si formano avranno pianeti, consideriamo solo quelle che li hanno
ne rappresenta il numero di questi pianeti che possiedono condizioni compatibili con la vita. Dovremo cioè eliminare i pianeti gassosi, quelli troppo vicini alla stella e quelli troppo lontani. In particolare ci interessano i pianeti che appartengono "zona abitabile", che è una fascia attorno alla stella dove può essere presente acqua liquida. Ad esempio la Terra si trova perfettamente al centro della fascia abitabile del Sole

fl rappresenta la frazione di questi pianeti che sviluppa la vita
fi rappresenta la frazione di pianeti che hanno sviluppato vita intelligente
fc rappresenta la frazione di pianeti che hanno sviluppato vita intelligente in grado di comunicare con le onde radio
L rappresenta la stima della durata media della vita comunicativa di tali civiltà.

I parametri fisici

I parametri fisici dell'equazione di Drake sono R*, fp, ed ne.
Per R*, che ricordiamo essere il numero di nuove stelle che si formano nella nostra galassia ogni anno, Drake scelse il valore di 10. Le stime odierne danno un valore leggermente diverso, ovvero di circa 1,5 (come nascono le stelle?).

Tuttavia, molti hanno fatto notare che se la vita intelligente e comunicativa impiega circa 5 miliardi di anni per svilupparsi (come nel nostro caso, che è l'unico caso che abbiamo) e siamo interessati alla vita che è presente nella nostra galassia in questo momento dovremmo piuttosto usare il tasso di formazione stellare che la nostra galassia possedeva circa 5 miliardi di anni fa, piuttosto che quello di adesso. Al giorno d'oggi però, la conoscenza approfondita della Via Lattea ci permette di non usare R* ma direttamente una stima del numero di stelle presenti, che ai tempi di Drake era un numero molto difficile da calcolare e che al giorno d'oggi ha un'incertezza di circa +/- 60%. In un conto grossolano come il nostro, è più che accettabile e anzi ci permette di studiare diverse casistiche, usando più o meno stelle per fissare un limite inferiore e un limite superiore.

Per fp Drake scelse di essere estremamente ottimista e, sebbene la comunità scientifica non avesse ancora osservato nessun pianeta attorno a nessuna altra stella che non fosse il Sole, scelse comunque di dare un valore di 0,5, equivalente alla metà delle stelle nella galassia.

Le stime di fp sono variate durante gli anni, la missione Kepler ha stimato un valore di circa 0,34 (più pessimistico di quello di Drake). Stime più moderne suggeriscono che si aggiri invece intorno a 0,4. Tuttavia, al giorno d'oggi abbiamo un forte bias, riusciamo a vedere molto meglio pianeti grandi e poco bene quelli piccoli che quindi potrebbero essere molti di più di quello che crediamo, portando questo numero anche al di sopra dello 0,5 immaginato da Drake.

Per ne Drake scelse un altro valore molto ottimistico: 2. Ogni stella che possiede un sistema planetario avrebbe 2 pianeti capaci di supportare la vita. La stima di Drake si basava sul fatto che il Sistema Solare ha un pianeta al centro della sua fascia abitabile (la Terra) e due pianeti che sono di pochissimo al di fuori (Marte e Venere). Questo valore è il più difficile da confermare e al giorno d'oggi si cerca piuttosto di stimare fp x ne assieme. Le stime più recenti parlano di circa 6 miliardi di pianeti simili alla Terra presenti nella zona abitabile della loro stella, questo solo nella nostra galassia.

Gli altri parametri

Qua le cose si fanno interessanti. I valori che discuteremo ora sono ancora fortemente discussi all'interno della comunità scientifica e ci sono ottime argomentazioni a supporto di varie posizioni diametralmente opposte tra loro.

Parliamo del parametro fl che, ricordiamo, rappresenta la frazione di pianeti nella zona abitabile che effettivamente sviluppano la vita. Qua dobbiamo chiederci: siamo un caso unico, oppure la vita nasce ovunque ci siano le condizioni (come sembrano suggerire gli estremofili, chiave per comprendere la vita aliena)? Il problema fondamentale nel rispondere a questa domanda è che ancora non sappiamo come sia nata la vita sulla Terra.

Le osservazioni che possiamo fare sono però molteplici. Ci sono prove geologiche che dimostrano come sulla Terra la vita si sia formata nel momento in cui ci sono state le condizioni favorevoli perché si formasse. Sembra cioè che non ci abbia impiegato molto a formarsi e che l'abbia fatto appena possibile. Questa argomentazione supporta fortemente la teoria chiamata Principio Copernicano dell'Astrobiologia, secondo cui non ci sarebbe alcuna ragione per cui dovremmo considerare noi stessi, come esseri viventi, qualcosa di speciale all'interno dell'universo e che è molto meno egoistico pensare che siamo solo uno dei tanti fenomeni naturali che accadono ovunque ci siano le condizioni adatte. Questa era anche l'idea di Drake, che quindi scelse di dare a fl il valore di 1: ovunque ci sono le condizioni per la vita, questa si forma. Sebbene non ci sia ancora accordo, la maggioranza della comunità scientifica è per ora incline a preferire questa ipotesi.

fi è la frazione di esseri viventi che sviluppa l'intelligenza. Se guardiamo il pianeta Terra e consideriamo come intelligenza (in modo egocentrico) solo quella che prevede emozioni complesse e la capacità di auto-indagare la propria intelligenza, siamo l'unica specie tra tutte quelle esistenti ad averla sviluppata.

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Tuttavia, qualcuno potrebbe obiettare che dato un tempo sufficiente, che per la Terra è 5 miliardi di anni, l'intelligenza potrebbe svilupparsi sempre. La speculazione qua è selvaggia e spietata: Drake scelse come valore 0,01. Oggi, Pascal Lee del SETI Institute suggerisce che la frazione potrebbe essere molto più bassa (lui propone 0,0002). La verità è che non ne abbiamo la più pallida idea e cambiando di poco le variabili si arriva a risultati completamente diversi. Se questo vi sembra un parametro speculativo aspettate di vedere i prossimi due.

fc è la frazione delle civiltà intelligenti che scelgono di comunicare. Questo parametro è uno dei più discussi in assoluto. Per cominciare, noi possiamo comunicare usando le onde radio da molto poco tempo e per la stragrande maggioranza della nostra storia non abbiamo avuto una tecnologia simile. Tuttavia, il SETI è interessato a filtrare tutto ciò che può essere osservato direttamente.

Se da qualche parte nella nostra galassia ci sono popolazioni simili agli egizi, ad esempio, anche ammesso che sia probabile, certamente per noi sarebbe al momento impossibile da sapere. D'altra parte non sappiamo quanto ancora useremo le onde radio per comunicare, lo stiamo facendo sempre meno in favore di tecnologie nuove (come la fibra ottica) che sono però invisibili da eventuali altre civiltà che potrebbero volerci osservare. Quando si parla di fase comunicativa, quindi, il problema potrebbe essere che stiamo osservando una civiltà poco avanzata, o in linea di principio troppo avanzata. Qualcuno poi sostiene che non basta la semplice comunicazione intra-planetaria per rientrare nei criteri, ma che serva una comunicazione inter-planetaria. Cioè difficilmente vedremo un segnale radio accidentale di una civiltà, ma piuttosto il segnale di una civiltà che abbia il chiaro intento di comunicare con noi o che si trova a voler comunicare sempre volontariamente con altri pianeti vicini.

Se prendiamo questa come definizione, noi come esseri umani non siamo una civiltà comunicativa e per noi il valore di fc è tendente a 0. Drake scelse tuttavia 0,01. Al giorno d'oggi non abbiamo idea di come stimare un dato del genere. Tutto ciò che si può fare è provare valori diversi (più e meno ottimistici) cercando di dare dei limiti superiori e inferiori.

L rappresenta invece la durata media di una civiltà. Quella che avvenga un'estinzione di massa è una serissima possibilità. Sulla Terra ce n'è già stata una, causata da un asteroide. Oltre a quel pericolo, che potrebbe tranquillamente verificarsi ancora, l'autodistruzione è un'altra validissima opzione. Drake decideva questo dato poco più di un decennio dopo la fine della seconda guerra mondiale, mentre noi ne stiamo discutendo sul baratro di una catastrofe climatica. Le stime non sono positive. Drake scelse 10.000 come valore di L, mentre, in un articolo dell'università di Nottingham del 2020, si stima L pari a 200. A tal proposito, è molto interessante un recente studio sull'equazione di Drake di tre scienziati del Caltech.

Quindi questi alieni esistono?

Per cominciare, abbiamo un valore minimo di N da considerare. Noi esistiamo. Se noi esistiamo ed N è il valore di civiltà intelligenti attive nella nostra galassia, sembra che N non possa essere inferiore a 1. In realtà, per una parte della comunità scientifica siamo un caso più unico che raro e chiedersi quanto possa essere N perde addirittura di senso, tanto è difficile che la vita esista altrove.

Ma qua siamo ottimisti, vogliamo essere ottimisti, e consideriamo la voce di chi invece sostiene che la vita altrove ci sia eccome, e anche questa è una buona parte della comunità scientifica. Drake, nel 1961, alla presentazione della sua equazione ottenne il risultato di N = 10. Un risultato modesto se confrontato con quello che otteniamo oggi, dove N = 8 è il limite inferiore se consideriamo le peggiori ipotesi possibili, mentre in alcune stime si arriva persino a N = 60.000. Ma allora dove sono tutti? Il famoso paradosso di Fermi sembra avere più senso che mai. In verità c'è un problema fondamentale che ci rende questa ricerca quasi impossibile: le distanze inimmaginabili dell'universo.

La stella in assoluto più vicina al Sole, Proxima Centauri, risiede a soli 4 anni luce da noi. Un eventuale segnale partito da là impiegherebbe ben 4 anni per raggiungerci. Ma consideriamo vicine anche stelle di 100, 1000 anni luce. D'altra parte la Via Lattea ha un diametro di circa 100.000 anni luce. Non basta avere nelle nostre prossimità una civiltà attiva, ma è necessario anche aspettare il tempo perché eventuali segnali ci raggiungano. Certo oggi potremmo vedere segnali partiti migliaia di anni fa da qualche pianeta chissà dove. Pianeta che però, guardandoci, non avrebbe visto assolutamente nulla. Eppure eravamo qua.