Le fake news più assurde che potrete mai sentire nella vita

Vi è mai capitato di ascoltare una fake news talmente assurda da pensare che sia impossibile che qualcuno ci creda? Eccone qualcuna tra le più assurde.

Le fake news più assurde che potrete mai sentire nella vita
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Al giorno d'oggi, purtroppo, sentiamo davvero una quantità spaventosa di fake news. Giorno dopo giorno ne ascoltiamo talmente tante che, abbassando la guardia, non è difficile venire inglobati da una spirale di voci e assurde che sembrano vere, fortunatamente in larga parte già smontate dalla scienza e dai fatti un po' come la questione relativa a cosa accadrebbe se la Terra fosse piatta.
Molte di queste non hanno né capo né coda, altre invece sono tanto sconclusionate da suscitare ilarità e divertimento, nonostante molti le diano per veritiere (sì, stiamo proprio parlando della teoria del complotto secondo cui gli uccelli non esistono). Oggi non siamo qui per debunkare, ma per provare a strapparvi un sorriso: ecco alcune tra le più esilaranti, divertenti e ridicole fake news scientifiche della storia!

Trota pelosa

La storia della trota pelosa ha origine nella mitologia irlandese: era comune credere che si trattasse di un pesce estremamente tossico, creato dai demoni e dai giganti al solo scopo di punire gli umani che, qualora lo avessero mangiato, sarebbero morti all'istante. Bene, questa è la leggenda; ma come arriviamo ai giorni nostri?

Intorno agli anni '30, un museo del Colorado venne truffato quando un rappresentante della Camera di Commercio, con l'appoggio di uno scienziato specializzato nello studio delle acque fredde, presentò ben tre trote pelose che poi vennero successivamente esposte. La stessa storia si è poi ripetuta anche in un museo scozzese, finché un tassidermista dello stesso non ammise di aver avvolto una trota nella pelliccia di un coniglio.
Nonostante ciò, nel 2015 un pescatore del Wisconsin pubblicò una foto della mitologica trota pelosa e internet è letteralmente impazzito per questa storia; tuttavia, non vi sono prove di alcun tipo per affermare che questo strano pesce sia mai esistito o che esista ancora oggi.

Il pozzo all'inferno

Nel 1989 un'emittente televisiva statunitense, la Trinity Broadcasting, riportò la notizia secondo cui una squadra di ingegneri russi, insieme al capitano Akazov, erano riusciti a scavare un pozzo talmente profondo da arrivare fino al centro della terra, dove avrebbero scoperto una sorta di passaggio direttamente verso l'inferno. A favore di questa tesi vi erano le urla strazianti emesse dai dannati, le quali, secondo il racconto, erano state registrate dal team con un microfono termicamente isolato.

Secondo la fonte, la temperatura sul fondo del pozzo era di oltre 1.000 °C e, sebbene non vi fossero tecnologie che avrebbero permesso di registrare in simili condizioni, la notizia fu data per vera.
Quello che ancora non sapete, però, è che l'emittente televisiva era di stampo religioso e non a caso la faccenda venne sfruttata per "provare" l'esistenza dell'inferno. Quando le registrazioni dei "tormenti dei dannati" vennero analizzate, si scoprì che non era nient'altro che un mix di effetti sonori e audio ritagliati da film horror, in particolare da "Gli orrori del castello di Norimberga", film del maestro Mario Bava.

Raggi N

Nel 1903, René Blondlot, un affermato fisico francese, pubblicò la sua scoperta di un nuovo tipo di radiazioni, i cosiddetti "raggi N", a distanza di una ventina d'anni da quella di raggi X e radiazioni gamma, beta e alfa.
Blondlot raccontò di aver osservato questi raggi N mentre studiava i raggi X, associandoli a delle anomalie luminose.
I raggi N avevano delle proprietà specifiche: attraversavano i corpi metallici e opachi (rispetto alla luce) ma potevano essere assorbiti dall'acqua e dai cristalli di sale; potevano essere prodotti da corpi naturali come il sole.

La comunità scientifica si interessò molto alla faccenda e furono in molti a ripetere gli esperimenti di Blondlot, confermando e arricchendo le tesi di quest'ultimo. Charpentier, ad esempio, sosteneva che i raggi N fossero emessi da nervi e muscoli e che ciò persistesse anche dopo la morte; tesi che per molti esperti iniziavano a risultare troppo strane e insolite. In effetti, le pubblicazioni che sembravano destinate ad incrementare sempre di più ad un certo punto cessarono: per quale motivo?

Il fisico statunitense Robert W. Wood era fin dall'inizio un po' scettico, così decise di far visita all'università di Nancy. Il professor Blondot gli propose di fare il suo stesso esperimento iniziale, in cui Wood non notò alcuna anomalia luminosa; successivamente, l'esperto propose un esperimento che con l'aiuto di un prisma di alluminio avrebbe dovuto far deflettere i raggi in 4 punti diversi, eppure Wood non notò nulla neanche in questo caso.
A questo punto il fisico chiese di ripetere il secondo esperimento, che si svolgeva completamente al buio, e senza che nessuno se ne accorgesse tolse il prisma.

Secondo lo scienziato, all'oscuro della "burla" di Wood, i raggi N continuavano a essere presenti e confermavano i primi risultati: in sostanza, questi raggi esistevano soltanto per coloro che li volevano vedere: non a caso coloro che credevano nei raggi N, dopo il debunking di Wood, iniziarono a sostenere che soltanto alcune "etnie" potessero vederle perché possessori di una maggiore sensibilità. Lo stesso Blondot si rifiutò di verificare l'esistenza dei raggi con un esperimento organizzato da terzi.

Uomo di Piltdown

Chiudiamo in bellezza, con la più grande truffa paleontologica della storia dell'umanità, l'uomo di Piltdown.
Nel 1912 venne pubblicata la scoperta, nel Sussex in Inghilterra, di alcuni fossili appartenenti fino a quel momento ad una specie sconosciuta di ominidi. Secondo Charles Dawson, frontman della scoperta che poi darà anche il nome alla specie (Eoanthropus dawsoni), si trattava proprio dell'anello mancante tra uomo e scimmia. Dawson raccontò che un lavoratore della miniera, quattro anni prima dell'annuncio ufficiale, aveva trovato quello che restava di un cranio parzialmente distrutto da egli stesso, cioè un pezzo di mascella e qualche frammento della calotta cranica.

Poco tempo dopo, un team di archeologi si recò nella miniera alla ricerca di altri reperti rinvenendo resti di cranio. Ci vollero ben 41 anni prima che la scoperta fosse ritenuta falsa. Studiando ogni pezzo, si scoprì che si trattava per metà (la parte della mascella) di un cranio umano medioevale, mentre il resto apparteneva a un orango vissuto circa 50.000 anni prima. I denti, invece, erano di uno scimpanzè. Si scoprì, inoltre, che tutto il teschio era stato limato con attrezzature moderne per adattarsi agli altri pezzi! Assurdo, vero?