Il ban di Huawei e i dazi spingono la Cina verso l'indipendenza tecnologica

La Cina in questi anni ha utilizzato tecnologie americane per i propri prodotti, ma cosa accadrebbe se questa collaborazione fosse giunta alla fine?

Il ban di Huawei e i dazi spingono la Cina verso l'indipendenza tecnologica
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Quello che è accaduto a Monaco non ha precedenti nel mondo tecnologico moderno. Huawei ha presentato il suo Mate 30 Pro in Europa pur sapendo che, almeno per il momento, non potrà utilizzare le app e i servizi di Google. Una scelta precisa questa, soprattutto a livello di comunicazione: il colosso cinese non intende abbandonare il vecchio continente. La Cina, uno dei più grandi e importanti mercati globali, non basta ad Huawei, ma come fare a continuare a vendere i suoi telefoni con il ban di Trump che pende come una spada di Damocle?
Nel breve periodo non ci sono soluzioni, Huawei dovrà portare in Europa il Mate 30 Pro senza applicazioni di Google, utilizzando la versione free Android, a meno che i rapporti con gli Stati Uniti non cambino nelle prossime settimane.
Se questo non avverrà allora si aprono diversi scenari, tra cui la possibilità che la Cina acceleri un processo di distacco dalle tecnologie americane che sembra oggi sempre più probabile.

Il ban è un'arma a doppio taglio

Tre dei cinque produttori più importanti al mondo di telefoni sono cinesi. Oltre a Huawei ci sono infatti Xiaomi e Oppo/Vivo/OnePlus, questi ultimi di proprietà di BBK Electronics. Il ban sancito da Trump riguarda solo Huawei ma in Cina sono consapevoli che quanto accaduto potrebbe ripetersi con altri marchi della tecnologia Made in China, uno scenario non impossibile da immaginare, magari tra qualche anno. La fiducia nella cooperazione commerciale è ai minimi storici, ma la vera domanda è se questa fiducia riuscirà mai a tornare a livelli pre-Trump. Per ora la convivenza commerciale tra i due paesi sembra più un compromesso. Gli Stati Uniti detengono brevetti e tecnologie determinanti per il funzionamento degli smartphone, con la conseguenza che basta una decisione presa negli USA per rendere vani anni di sviluppo e progetti futuri decisi in Cina. Un rischio che in Asia non possono più correre.

Ecco perchè l'attuale situazione potrebbe accelerare un processo di distacco dalle tecnologie americane, in realtà in atto già da diverso tempo. Il caso di Huawei è emblematico: le prime notizie sullo sviluppo di un sistema operativo proprietario risalgono al maggio del 2018, molto prima che il ban di Trump fosse anche solo nell'aria. Ma Huawei non è l'unica azienda che sta investendo miliardi di dollari per staccarsi dalla dipendenza americana e dei suoi partner, se si analizza quanto sta avvenendo in Cina ci si accorge che tutto il tessuto produttivo sta puntando alla creazione di tecnologie che possano sostituire quelle americane ma non solo, anche inglesi, giapponesi e coreane.

Pensiamo ai display, dove BOE sta facendo il bello e il cattivo tempo, mettendo in crisi nel giro di pochi anni i produttori giapponesi e coreani. Fino al 2016 era praticamente sconosciuta al di fuori della Cina, oggi produce talmente tanti pannelli LCD per televisori da aver saturato il mercato, prima con i tagli di piccole dimensioni, poi con pannelli da 65 pollici e oltre. BOE è entrata anche nel mercato dei display OLED per i cellulari e in poco tempo è arrivata quasi a fornire i pannelli per gli iPhone, nonostante gli altissimi standard qualitativi richiesti da Cupertino.

Altro settore strategico in cui la Cina sta investendo miliardi di dollari è quello dei processori. Il paese asiatico dipende da Intel/AMD in campo PC e da ARM in quello mobile. Il design dei processori Kirin di Huawei, ad esempio, è sviluppato completamente in Cina, ma all'interno di queste CPU batte un cuore inglese, quello dei Core Cortex di ARM. Le tecnologie di ARM sono alla base di ogni processore mobile oggi disponibile, non è un caso che pochi giorni dopo il ban di Trump proprio il nome dell'azienda inglese è stato tra i primi a venire fuori, nell'elenco dei partner che non avrebbero più potuto intraprendere affari con Huawei.

In Cina sono pienamente consapevoli della dipendenza americana in tema di processori, ecco perchè prima o poi, ma a questo punto crediamo di più prima, tutto questo dovrà finire. In campo mobile non ci sono al momento informazioni su tecnologie alternative a quelle di ARM in sviluppo, in quello desktop invece Zhaoxin Semiconductor ha annunciato di recente la creazione di una CPU in grado di rivaleggiare con un i5-7400 di Intel.
Non un gran risultato si potrebbe pensare, ma in realtà è un traguardo molto importante, perchè Intel ha impiegato decenni per sviluppare le tecnologie proprietarie dei suoi processori, mentre l'azienda cinese è arrivata a questo risultato nel giro di relativamente poco tempo.
Insomma, appare chiaro che la strategia di Trump potrebbe, e sottolineiamo potrebbe, dare risultati decisamente negativi sul lungo periodo per il mercato tecnologico americano.

Con queste premesse, tra qualche anno cosa impedirà al governo cinese di tagliare fuori Android dai telefoni prodotti nel paese asiatico? Google perderebbe di colpo 3 dei più grandi produttori di telefoni al mondo, lasciando Samsung in compagnia della sola Apple tra i marchi più venduti a livello globale. Mettendo insieme Huawei, Xiaomi e BBK Electronics sotto un sistema operativo unificato, e le prove di questa collaborazione non mancano di certo, si otterrebbe una massa critica tale da superare Samsung ed Apple a livello di quote di mercato, e non di poco, quanto basta per portare gli sviluppatori a supportare il nuovo OS, pena la perdita di milioni di utenti.
Sui processori il discorso è più complesso e molto dipende dagli investimenti che la Cina intende mettere sul piatto nei prossimi anni. Quello che appare chiaro è che gli scenari appena descritti non convengono a nessuno, una Cina tecnologicamente più indipendente non farebbe bene alle aziende americane, che ottengono miliardi di dollari di royalties dai loro brevetti. Ora tutto è nella mani del presidente Trump, solo lui può sbloccare una situazione che si sta prolungando da ormai troppo tempo, con conseguenze ancora tutte da scoprire.