Il genio di Ettore Majorana e la sua vita tra scienza e mistero

Ettore Majorana è probabilmente il più grande mistero legato alla storia della scienza in Italia. Un mistero che forse non potrà mai essere risolto.

Il genio di Ettore Majorana e la sua vita tra scienza e mistero
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Di Ettore Majorana si sente parlare spesso e volentieri: bufale, leggende e storie si accavallano e creano un alone di mistero surreale, in certi casi persino mistico. A ben vedere, Majorana non è stato soltanto il più importante fisico teorico italiano del secolo scorso, ma anche genio indiscusso e professore universitario, oltre che amico intimo di Enrico Fermi e degli altri "ragazzi di via Panisperna".
Almeno fino alla sua misteriosa scomparsa, su cui è stato anche girato un documentario. Ora, però, stiamo correndo troppo. Andiamo con ordine, proprio come sarebbe piaciuto a lui, e partiamo dall'inizio della sua storia.

Infanzia e istruzione

Ettore nasce a Catania il 5 agosto del 1906, quarto di cinque figli, in una famiglia molto ricca. Il padre è ingegnere e per molti anni sarà direttore dell'azienda telefonica di Catania, nonché ispettore generale presso il Ministero delle Comunicazioni, mentre lo zio, il professor Quirino Majorana, è stato titolare della cattedra di fisica sperimentale all'università di Bologna e presidente della Società Italiana di Fisica. Ettore è un bambino prodigio e rivela fin da subito una precoce attitudine verso la matematica e, sotto la guida del padre, si dedica autonomamente allo studio della fisica. Ettore termina le elementari e successivamente il ginnasio, presso il collegio "Massimiliano Massimo" dei Gesuiti a Roma.
Della sua istruzione parlava così: «Ho seguito gli studi classici conseguendo la licenza liceale nel 1923; ho poi atteso regolarmente agli studi di ingegneria a Roma fino alla soglia dell'ultimo anno. Nel 1928, desiderando occuparmi di scienza pura, ho chiesto e ottenuto il passaggio alla facoltà di fisica e nel 1929 mi sono laureato in fisica teorica sotto la direzione di S.E. Enrico Fermi (a cui è stato dedicato un satellite) svolgendo la tesi: "La teoria quantistica dei nuclei radioattivi" e ottenendo i pieni voti e la lode.
Negli anni successivi ho frequentato liberamente l'Istituto di Fisica di Roma seguendo il movimento scientifico e attendendo a ricerche teoriche di varia indole. Ininterrottamente mi sono giovato della guida sapiente e animatrice di S.E. il prof. Enrico Fermi.
".

I ragazzi di via panisperna

Majorana studiava appunto ingegneria, mentre Fermi era stato appena assunto come professore di fisica teorica, fortemente voluto dal rettore dell'università Orso Mario Corbino (in foto). L'idea dei due, Corbino e Fermi, era quella di creare un centro di ricerca che fosse all'avanguardia a livello mondiale. Ci riuscirono indubbiamente. Mancavano però i collaboratori, e così cominciarono a fare pubblicità.
Emilio Segrè (un altro dei ragazzi di via Panisperna, assieme anche a Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed ai quali nel 1934 si aggiunsero Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D'Agostino), giunto al quarto anno di studi d'ingegneria, decise di passare a Fisica. Fu proprio Segrè a convincere Majorana a passare anch'egli a fisica, passaggio avvenuto dopo un (leggendario) incontro con Fermi.

Dell'incontro tra Fermi e Majorana ci racconta Amaldi: «[...] Nell'autunno 1927 e all'inizio dell'inverno 1927-28 Emilio Segrè, nel nuovo ambiente che si era formato da pochi mesi attorno a Fermi, parlava frequentemente delle eccezionali qualità di Ettore Majorana e, contemporaneamente, tentava di convincere Ettore Majorana a seguire il suo esempio, facendogli notare come gli studi di fisica fossero assai più consoni di quelli di ingegneria alle sue aspirazioni scientifiche e alle sue capacità speculative.
Egli venne all'Istituto di via Panisperna e fu accompagnato da Segrè nello studio di Fermi ove si trovava anche Rasetti. Fu in quell'occasione che io lo vidi per la prima volta. Da lontano appariva smilzo, con un'andatura timida, quasi incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, le gote lievemente scavate, gli occhi vivacissimi e scintillanti: nell'insieme, l'aspetto di un saraceno. Fermi lavorava allora al modello statistico dell'atomo che prese in seguito il nome di Thomas-Fermi.
Il discorso con Majorana cadde subito sulle ricerche in corso all'Istituto e Fermi espose rapidamente le linee generali del modello, mostrò a Majorana gli estratti dei suoi recenti lavori sull'argomento e, in particolare, la tabella in cui erano raccolti i valori numerici del cosiddetto potenziale universale di Fermi. Majorana ascoltò con interesse e, dopo aver chiesto qualche chiarimento, se ne andò senza manifestare i suoi pensieri e le sue intenzioni. Il giorno dopo, nella tarda mattinata, Majorana si presentò di nuovo all'istituto e chiese di vedere la tabella. Avutala in mano, estrasse dalla tasca un foglietto su cui era scritta un'analoga tabella da lui calcolata a casa nelle ultime ventiquattr'ore, trasformando l'equazione del secondo ordine non lineare di Thomas-Fermi in una equazione di Riccati che poi aveva integrato numericamente. Confrontò le due tabelle e, constatato che erano in pieno accordo fra loro, disse che la tabella di Fermi andava bene e, uscito dallo studio, se ne andò dall'Istituto.
»

Nasceva così il gruppo noto come i ragazzi di Via Panisperna (grazie ai quali possiamo giocare a Fallout). Ognuno aveva un soprannome, generalmente ispirato alla gerarchia ecclesiastica: Fermi era il "Papa", Rasetti, che saltuariamente sostituiva Fermi in alcune mansioni importanti, il "Cardinale Vicario", Corbino (il rettore dell'università) il "Padreterno", Segrè era il "Basilisco", mentre Amaldi, dalle fattezze quasi femminee, era chiamato "Gote rosse" o "Adone", un titolo a cui non era particolarmente affezionato. A Majorana, per il carattere particolarmente distaccato, scontroso, ma anche autocritico, fu affibbiato quello di "Grande inquisitore".

Il percorso scientifico di Majorana

Gli studi scientifici di Majorana (10 articoli pubblicati) diedero un contributo fondamentale allo sviluppo della fisica moderna: nella sua prima fase pubblicò studi riguardanti la spettroscopia atomica, la teoria del legame chimico, il calcolo della probabilità di ribaltamento dello spin (spin-flip) sotto determinate condizioni; inoltre si dedicò intensamente alla meccanica quantistica, consegnandoci anche una sua teoria relativistica sulle particelle ipotetiche.

I più importanti lavori di Ettore Majorana appartengono però alla seconda fase della sua produzione, che comprende la ricerca sulle forze nucleari oggi dette alla Majorana: fu il primo a suggerire l'ipotesi secondo la quale protoni e neutroni, unici componenti del nucleo atomico, interagiscono grazie a forze di scambio; la teoria è tuttavia nota con il nome del fisico tedesco Heisenberg che giunse autonomamente agli stessi risultati, dandoli alle stampe prima di Majorana.
Arrivarono poi la ricerca sulle particelle di momento intrinseco arbitrario e la ricerca sulla teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone. Famosa è anche l'equazione di Majorana. Ha inoltre dedotto l'equazione a infinite componenti che formano la base teorica dei Sistemi quantistici aperti (computazione quantistica di cui si discute oggi più che mai). Il 12 aprile 2012 la rivista Science ha pubblicato uno studio che conferma l'esistenza dei fermioni da lui teorizzati nel 1938.

Per il suo percorso fu particolarmente importante il suo soggiorno all'estero (Lipsia e Copenaghen), interamente sovvenzionato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche. Siamo nel 1933, appena cinque anni prima della sua misteriosa scomparsa. In particolare, fu importante l'incontro con Heisenberg (con il suo famoso principio di indeterminazione), che fece pubblicare a Majorana "Über die Kerntheorie" (Sulla teoria nucleare), in Zeitschrift für Physik (Giornale di Fisica).

Abbiamo alcune sue lettere legate a questo periodo, che rimangono una testimonianza eccezionale del suo carattere, della sua passione, ma anche dell'onestà intellettuale di Heisenberg (che da anche il nome al personaggio interpretato da Bryan Craston in Breacking Bad), nonché delle sue valutazioni sulla società tedesca, che si stava inesorabilmente avvicinando agli anni del nazismo. In una lettera alla madre scrive:

«All'Istituto di Fisica mi hanno accolto molto cordialmente. Ho avuto una lunga conversazione con Heisenberg (in foto)che è persona straordinariamente cortese e simpatica. [...] Lipsia, che era in maggioranza socialdemocratica, ha accettato la rivoluzione senza sforzo. Cortei nazionalisti percorrono frequentemente le vie centrali e periferiche, in silenzio, ma con aspetto sufficientemente marziale.
Rare le uniformi brune mentre campeggia ovunque la croce uncinata. La persecuzione ebraica riempie di allegrezza la maggioranza ariana. Il numero di coloro che troveranno posto nell'amministrazione pubblica e in molte private, in seguito all'espulsione degli ebrei, è rilevantissimo; e questo spiega la popolarità della lotta antisemita. A Berlino oltre il cinquanta per cento dei procuratori erano israeliti. Di essi un terzo sono stati eliminati; gli altri rimangono perché erano in carica nel 1914 e hanno fatto la guerra.
Negli ambienti universitari l'epurazione sarà completa entro il mese di ottobre. Il nazionalismo tedesco consiste in gran parte nell'orgoglio di razza. In realtà non solo gli ebrei, ma anche i comunisti e in genere gli avversari del regime vengono in gran parte eliminati dalla vita sociale. Nel complesso l'opera del governo risponde a una necessità storica: far posto alla nuova generazione che rischia di essere soffocata dalla stasi economica
»

Mentre in una lettera al padre:

«ho scritto un articolo sulla struttura dei nuclei che a Heisenberg è piaciuto benché contenesse alcune correzioni a una sua teoria»
Dopo Lipsia, Majorana si recò a Copenaghen, dove conobbe Bohr (in foto), Christian Møller, Arthur H. Rosenfeld e George Placzek.

Nel 1934, proprio alcuni mesi dopo il ritorno di Majorana, muore il padre Fabio, a cui Ettore era legatissimo. Nello stesso anno il gruppo di Via Panisperna scopre in laboratorio le proprietà dei neutroni lenti.
Tale scoperta è tra le più importanti del secolo, dette avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare sperimentale e non molto tempo dopo offrirà le basi teoriche e sperimentali per la creazione della bomba atomica, nell'ambito del Progetto Manhattan.

Ettore si allontana dal gruppo

Dal 1934 al 1937, Majorana si chiude in casa a lavorare e frequenta sempre meno l'Istituto di Fisica di via Panisperna. Studia in maniera quasi ossessiva e i medici arrivano persino a diagnosticargli un esaurimento nervoso. Un periodo buio.
Non riceve nessuno e rifiuta qualsiasi corrispondenza "per morte del destinatario", come scrive lui stesso. Laura Fermi (moglie di Enrico) ci parla così di Majorana in quel periodo:

«Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell'andare in tram all'Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un'idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate.
Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all'Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea.
»

Parla inoltre di uno dei suoi periodi più tragici:

«[...] nel 1933 era andato per qualche mese in Germania. Al ritorno non riprese il suo posto nella vita dell'Istituto; anzi, non volle più farsi vedere nemmeno dai vecchi compagni. Sul turbamento del suo carattere dovette [forse] influire un fatto tragico che aveva colpito la famiglia Majorana. [Nel 1924] un bimbo in fasce, cugino di Ettore, era morto bruciato nella culla, che aveva preso fuoco inspiegabilmente. Si parlò di delitto.
Fu accusato uno zio del piccino e di Ettore. Quest'ultimo si assunse la responsabilità di provare l'innocenza dello zio. Con grande risolutezza si occupò personalmente del processo (noto nelle cronache dell'epoca come Processo Maiorana e terminato nel 1932), trattò con gli avvocati, curò i particolari. Lo zio fu assolto; ma lo sforzo, la preoccupazione continua, le emozioni del processo non potevano non lasciare effetti duraturi in una persona sensibile quale era Ettore.
»

In questo periodo dirà della fisica: «La fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata»

Nel 1937 Ettore Majorana accetta la cattedra di professore di Fisica teorica all'Università di Napoli. Non prima di aver rifiutato Cambridge, Yale e Carnegie Foundation.

A Napoli si legò con Antonio Carrelli (in foto, a sinistra Carrelli, assieme a Silori a destra), professore di Fisica sperimentale presso lo stesso Istituto di Fisica. Anche a Napoli Majorana conduce una vita estremamente ritirata, sempre più assente a sé stesso e agli altri. Fino alla misteriosa scomparsa.

Majorana scompare nel nulla

È il 25 marzo 1938, Ettore ha 31 anni. Manca circa un anno e mezzo allo scoppio della seconda guerra mondiale e i ragazzi di Via Panisperna si stanno disperdendo ognuno per la propria strada. Ettore Majorana parte da Napoli (risiedeva all'albergo "Bologna" in via Depretis 72), verso Palermo, dove si fermò un paio di giorni alloggiando al "Grand Hotel Sole".
Durante questo soggiorno scrive all'amico di Napoli, Carelli: «Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi.
Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo.
»
E scrive anche alla famiglia: «Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all'uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.»

I toni non lasciano dubbio alcuno. Ettore ha intenzione di suicidarsi.

Tuttavia, Ettore lascia un ultimo scritto, forsel'ultima lettera della sua vita: «Caro Carrelli, spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all'albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all'insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.»

Che fine ha fatto Majorana

Majorana scompare nel nulla. Ma il mondo non si rassegna minimamente a questa improvvisa scomparsa e comincia immediatamente a cercarlo ovunque. Delle indagini si occupa Arturo Bocchini (capo della polizia), sollecitato da una lettera di Giovanni Gentile. Del caso si interessò lo stesso Mussolini, dopo aver ricevuto una "supplica" da parte della madre di Majorana e una lettera di Enrico Fermi; sulla copertina del fascicolo in questione scrisse: voglio che si trovi.
Ma non lo trovò. Bocchini aggiunse di sua mano: i morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire. Fu inoltre proposta una ricompensa (30.000 lire) per chi riuscisse a dare informazioni utili.

Oggi siamo riusciti ad aggiungere qualche tassello, ad una storia che rimane aperta e misteriosa. Le indagini furono condotte per circa tre mesi e si estesero a una Residenza dei Gesuiti che si trovava vicino a dove lui abitava, dove pare si fosse rivolto per chiedere una qualche sorta di aiuto, forse come reminiscenza del suo periodo scolastico presso i Gesuiti di Roma.
La famiglia seguì anche una pista che sembrava portare al Convento di S. Pasquale di Portici, ma alle domande rivoltegli il padre guardiano rispose: "Perché volete sapere dov'è? L'importante è che egli sia felice".

In particolare si sono fatte alcune ipotesi sul suo destino. La più immediata è certamente quella del suicidio. Tuttavia sappiamo che Majorana aveva prelevato molti soldi dalla banca prima di sparire (inutili da morti), inoltre secondo alcune testimonianze sarebbe stato avvistato e riconosciuto a Napoli alcuni giorni dopo la sua scomparsa. Tuttavia la famiglia (la madre e i fratelli) si è sempre espressa più o meno apertamente in favore dell'ipotesi del suicidio.
Un'altra ipotesi è quella proposta da Leonardo Sciascia, la così detta ipotesi monastica. Secondo Sciascia Majorana si sarebbe rinchiuso nella Certosa di Serra San Bruno in Calabria, per sfuggire a tutto e a tutti, dal momento che non sopportava la vita sociale, la notorietà. I monaci dell'ordine certosino negarono sempre. Tuttavia, fu in qualche modo papa Giovanni Paolo II in persona ad avvalorare l'ipotesi monastica quando, il 5 ottobre 1984, andò in visita alla Certosa e in un discorso menzionò la passata presenza di personaggi illustri ospitati tra le sue mura, tra cui il fisico scomparso.

Secondo Stefano Roncoroni (figlio di una cugina di Ettore Majorana, appassionato studioso del caso), Ettore Majorana fu ritrovato dal fratello maggiore, Salvatore, nel marzo del 1938, ma egli non riuscì a convincerlo a tornare sui suoi passi. Ettore sarebbe poi morto nel 1939. I Majorana, prendendo atto di tale scelta, avrebbero deciso di non collaborare alle indagini e di non rivelare dove si trovasse il fisico, e di tacere poi sulla sua fine.
A supportare questa ipotesi ci sono alcune scoperte recenti: dalle carte del pontificato di Pio XII (custodite nell'Archivio apostolico vaticano e aperte agli studiosi il 2 marzo del 2020), risulta che la Santa Sede smise di cercare il fisico scomparso già nel 1940, dandolo ormai per morto.

Nel 2008 si è parlato di Majorana anche in una puntata di Chi l'ha visto. In particolare, è stato intervistato un italiano, emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta, il quale espresse il convincimento di aver frequentato a lungo Majorana, anche se questi non gli avrebbe mai rivelato la propria identità: Ettore Majorana si faceva chiamare Sig. Bini.
Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani della Procura della Repubblica di Roma ipotizzò che lo scienziato catanese potesse essere ancora in vita nel periodo 1955-59 e nel 2011 aprì un fascicolo (poi archiviato nel 2015). Laviani accerta la presenza di Ettore Majorana nella città venezuelana di Guacara fra il 1955 e il 1959. I Ris dei carabinieri arrivano a tale conclusione grazie ad una foto scattata in Venezuela nel 1955 in compagnia dell'emigrato italiano Francesco Fasani. Il PM Laviani scrive che i risultati della comparazione hanno portato alla perfetta sovrapponibilità dei particolari anatomici di Majorana (fronte, naso, zigomi, mento e orecchio) con quelle del padre.
Come ulteriore prova il Fasani ha inoltre fornito una cartolina che Quirino Majorana, fratello del padre di Ettore e anch'egli fisico famoso, spedì nel 1920 all'americano W.G. Conklin, e ritrovata dallo stesso Fasani nella vettura del presunto Bini-Majorana. Rimane ignoto suo destino dopo il 1959.

Una delle ipotesi sugli anni successivi riguarda un ritorno a Roma. Un testimone, rimasto però anonimo, ha riferito di aver incontrato all'inizio degli anni ottanta, proprio a Roma, un clochard che diceva di avere la soluzione dell'Ultimo teorema di Fermat (un enigma che ha impegnato, fin dal XVII secolo, i più grandi matematici, e che all'epoca risultava ancora irrisolto. È stato poi definitivamente risolto nel 1994 da Andrew John Wiles. Assieme ad altri problemi famosi).
Il testimone riferisce che: "Majorana stava in piazza della Pilotta, sugli scalini dell'Università Gregoriana, a due passi da Fontana di Trevi. Aveva un'età apparente di oltre 70 anni. A quel punto gli dissi di farsi trovare la sera seguente perché volevo farlo incontrare con Di Liegro". Luigi Di Liegro è stato il fondatore della Caritas romana; la sera successiva avvenne l'incontro.
Fu lo stesso Di Liegro a rivelare al testimone la reale identità del clochard. Il testimone afferma che successivamente fu proprio Di Liegro a riportare Majorana in un convento, dove lui era ospite e da cui si era allontanato.

Sempre il testimone ha raccontato di aver parlato con il sacerdote della necessità di mettersi in contatto con la famiglia del Majorana, ma egli non ne volle mai sapere, chiedendo anzi al testimone di tacere per almeno 15 anni dopo la sua morte, avvenuta il 12 ottobre 1997.

Non sappiamo quale sia la verità. E non la sapremo mai. Ci rimangono però le parole di Fermi, che commentò la scomparsa dicendo: «Con la sua intelligenza, una volta che avesse deciso di scomparire o di far scomparire il suo cadavere, Majorana ci sarebbe certo riuscito. Majorana aveva quello che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso»