Nell'ultimo periodo c'è un'aria parecchio "strana" in giro per il Web. I contatori degli iscritti si accorciano, Twitch inizia a bannare sempre più persone, i profili Facebook di personalità politiche vengono bloccati, alcuni baby influencer vengono denunciati da agenzie governative per pubblicità occulta, su Instagram sparisce il numero dei like, le grandi compagnie ricevono multe milionarie per violazione della privacy e le classifiche musicali di YouTube non tengono più conto delle views provenienti dagli ads pubblicitari. Ma cosa diavolo sta succedendo? Possibile che tutti questi avvenimenti stiano accadendo in questo momento? Si tratta solamente di una coincidenza? Cerchiamo di fare un po' chiarezza sui cambiamenti in atto su internet.
Il "fallimento" del Web
Quando Tim Berners-Lee e Robert Cailliau diedero vita, nel 1991, al primo sito Web della storia, agli albori del World Wide Web, i principi su cui si fondava Internet erano completamente diversi da quelli odierni. Le aziende dovevano ancora capire come fare profitti sui nostri dati, i metodi di pagamento "invisibili" dettati dall'epos della naturalizzazione della condizione postmediale non erano ancora in voga in buona parte del mondo e veniva essenzialmente a mancare la "materia prima": gli utenti. Nel 1991 in Italia nessuno conosceva Internet, se non i vari team di ricercatori delle principali Università.
Basti pensare che il primo sito Web italiano nacque nel 1992. Insomma, i motivi inizialmente erano tutt'altro che capitalistici: l'obiettivo di Berners-Lee e Cailliau era quello di portare a tutti le ampie possibilità di comunicazione che fino ad allora erano state accessibili, seppur in modo limitato, solamente ai militari tramite la rete ARPANET. Per chi non lo sapesse, Internet fu inizialmente utilizzata dall'esercito statunitense per comunicare durante la guerra fredda. Non a caso, il 1991 è appunto l'anno di fine di quest'ultima, dato che il 26 dicembre avvenne la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
Berners-Lee e Caillau, all'epoca entrambi al CERN di Ginevra, avevano quindi visto un mondo segnato dalla guerra fredda, e comprensibilmente in loro accresceva la voglia di ricominciare, di dare al mondo un'opportunità per comunicare. Nella lettera per celebrare i 30 anni della Rete, diffusa all'inizio del 2019, Berners-Lee riassume la sua idea iniziale di Internet: uno strumento che crea opportunità, dà voce alle persone emarginate e semplifica la vita quotidiana. Un posto dove tutti possono trovare le informazioni che cercano e condividere con le altre persone le proprie opinioni. Il presupposto è quello che la conoscenza sia essenziale ai fini di una serena convivenza dell'umanità.
I co-inventori del World Wide Web erano profondamente convinti che le persone avrebbero saputo come utilizzare questo potente strumento e che alla fine si sarebbe creata da sola una sorta di stabilità generale. Un mondo parallelo sereno e piacevole da "visitare". Non tutto però è andato come previsto.
"(Il Web, ndr) ha anche creato opportunità per truffatori, dato voce a coloro che diffondono odio e reso più facile commettere tutti i tipi di crimine", scrive Berners-Lee nella succitata lettera. Il co-inventore del World Wide Web è quindi arrivato persino a schierarsi contro la sua stessa creatura, proponendo una sorta di "contratto del Web", in grado di ristabilire l'ordine in uno strumento ormai in preda al caos. Pensiamo ai commenti sempre più aggressivi postati online, ai numerosi casi di violazione della privacy e alle innumerevoli truffe ai danni degli utenti, giusto per citare alcune delle cause di quello che potremmo definire "il fallimento di Internet", perché di questo si tratta.
Quando vengono meno i principi iniziali di un progetto rivoluzionario, di fallimento si deve parlare. Forse non sarà una totale catastrofe, viste le buone iniziative a cui il Web ha dato vita, ma sicuramente c'è bisogno di cambiamento. "Se me lo avessero chiesto 10 anni fa, avrei detto che l'umanità avrebbe fatto un buon lavoro con Internet. [...] Se colleghiamo tutte queste persone insieme, sono persone così meravigliose che andranno d'accordo, pensavo. Mi sbagliavo", ha affermato Berners-Lee durante un recente Web summit.
Come rimediare, dunque, al danno fatto? Il co-inventore del World Wide Web ha un'idea precisa: de-centralizzare Internet. In parole povere, gli utenti si impossessano nuovamente dello strumento e si ritorna allo spirito delle origini. Tuttavia, Tim Berners-Lee è consapevole del fatto che sia impossibile tornare totalmente a quell'epoca e quindi propone una soluzione che coinvolge tutti e tre i principali attori del mondo contemporaneo: gli utenti, le aziende e i governi. I cittadini devono impegnarsi ad essere creativi, collaborare con gli altri e rispettare la dignità umana.
Le grandi compagnie hanno invece il dovere di mantenere conveniente l'accesso a Internet, rispettare la privacy e sviluppare tecnologie che consentano all'umanità di progredire. Infine, i governi devono avere un occhio vigile in merito alla questione privacy, rendere Internet sempre disponibile e cercare di assicurare a più persone possibili l'accesso al Web. Insomma, il contratto di Berners-Lee si propone di regolamentare il World Wide Web e di renderlo un posto migliore.
Nonostante questi buoni propositi, in fondo siamo tutti consapevoli che non basteranno di certo le buone intenzioni di Berners-Lee per mettere fine ai problemi del Web. Ma cosa sta succedendo quindi alle grandi compagnie tecnologiche? Perché stanno iniziando tutte a cambiare i loro metodi di porsi online? Non esiste ovviamente una risposta certa, ma forse gli utenti stanno lentamente modificando la loro concezione e questo si riflette anche sulle scelte aziendali. Sebbene non sia infatti possibile far cambiare da un giorno all'altro il sistema capitalistico odierno, si può in qualche modo "conviverci" e provare a modificarlo.
Nel corso degli ultimi anni, la voce del popolo online sta iniziando finalmente a contare qualcosa. È la legge dei grandi numeri: se molte persone si lamentano, la grande compagnia X non può fare finta di nulla, i danni a livello d'immagine possono essere enormi. Basti pensare a quello che sta succedendo con i cambiamenti climatici, dove persino Jeff Bezos è dovuto scendere dal suo "altare" per dare ragione ai dipendenti di Amazon, annunciando modifiche tangibili alle politiche adottate dalla sua azienda.
Tuttavia, se ci pensiamo bene, la "volontà del popolo" sta andando direttamente in verso opposto rispetto alla libertà "sognata" da Berners-Lee. Pensiamo, ad esempio, ai recenti ban su Twitch che hanno coinvolto canali che trattavano temi non esattamente "puliti". La piattaforma di proprietà di Amazon non si è fatta problemi a rimuovere i profili ritenuti non idonei, mantenendo quelli che non possono causare alcun danno d'immagine.
In parole povere, la società non ne vuole sapere di ospitare sui suoi server delle persone che portano contenuti controversi, visto che la maggioranza degli utenti non apprezzerebbe quelle dirette. Un altro aspetto di fondamentale importanza è quello degli investitori, che non voglio associare il proprio brand a determinate persone. "Se qualcosa non è ben visto dalla società, non deve avere rilevanza": la logica sembra essere questa.
In parole povere, al momento attuale lo spirito capitalistico rimane: si prendono sicuramente determinate decisioni in base alla volontà della "massa", ma sempre con un'ottica di profitto. Si tratta di una visione del Web anni luce distante da quella di Berners-Lee, che però in realtà potrebbe andare tutto sommato incontro a una regolamentazione in grado di stabilizzare la situazione attuale. Meno libertà sotto certi punti di vista, ma la vita delle persone diventa un po' più tranquilla. D'altronde, lo stesso Berners-Lee non sembra più essere tanto convinto della "libertà totale" quando fa riferimento al Web come strumento che "ha dato voce a coloro che diffondono odio".
Il gioco vale la candela? Nessuno lo può sapere con certezza, ma fatto sta che qualcosa nel mondo del Web sta rapidamente cambiando e presto probabilmente Internet come la conosciamo oggi non esisterà più. Si va quindi verso una mondo sempre meno incentrato sull'importanza dei numeri, come i cambiamenti in casa YouTube e Instagram lasciano intendere? Forse sì, o quantomeno ci saranno delle regole più chiare da questo punto di vista.
Guardando Internet da questa prospettiva, potremmo dire che siamo in una fase di transizione, che attende solamente di essere stabilizzata in un modo o nell'altro.
Il Web si dà una ripulita: si ritorna allo spirito delle origini?
Qualcosa sta cambiando nell'ultimo periodo nel mondo del Web: le società stanno cercando di "ripulire" la propria immagine. Si ritorna alle origini?
Nell'ultimo periodo c'è un'aria parecchio "strana" in giro per il Web. I contatori degli iscritti si accorciano, Twitch inizia a bannare sempre più persone, i profili Facebook di personalità politiche vengono bloccati, alcuni baby influencer vengono denunciati da agenzie governative per pubblicità occulta, su Instagram sparisce il numero dei like, le grandi compagnie ricevono multe milionarie per violazione della privacy e le classifiche musicali di YouTube non tengono più conto delle views provenienti dagli ads pubblicitari.
Ma cosa diavolo sta succedendo? Possibile che tutti questi avvenimenti stiano accadendo in questo momento? Si tratta solamente di una coincidenza? Cerchiamo di fare un po' chiarezza sui cambiamenti in atto su internet.
Il "fallimento" del Web
Quando Tim Berners-Lee e Robert Cailliau diedero vita, nel 1991, al primo sito Web della storia, agli albori del World Wide Web, i principi su cui si fondava Internet erano completamente diversi da quelli odierni. Le aziende dovevano ancora capire come fare profitti sui nostri dati, i metodi di pagamento "invisibili" dettati dall'epos della naturalizzazione della condizione postmediale non erano ancora in voga in buona parte del mondo e veniva essenzialmente a mancare la "materia prima": gli utenti. Nel 1991 in Italia nessuno conosceva Internet, se non i vari team di ricercatori delle principali Università.
Basti pensare che il primo sito Web italiano nacque nel 1992. Insomma, i motivi inizialmente erano tutt'altro che capitalistici: l'obiettivo di Berners-Lee e Cailliau era quello di portare a tutti le ampie possibilità di comunicazione che fino ad allora erano state accessibili, seppur in modo limitato, solamente ai militari tramite la rete ARPANET. Per chi non lo sapesse, Internet fu inizialmente utilizzata dall'esercito statunitense per comunicare durante la guerra fredda. Non a caso, il 1991 è appunto l'anno di fine di quest'ultima, dato che il 26 dicembre avvenne la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
Berners-Lee e Caillau, all'epoca entrambi al CERN di Ginevra, avevano quindi visto un mondo segnato dalla guerra fredda, e comprensibilmente in loro accresceva la voglia di ricominciare, di dare al mondo un'opportunità per comunicare. Nella lettera per celebrare i 30 anni della Rete, diffusa all'inizio del 2019, Berners-Lee riassume la sua idea iniziale di Internet: uno strumento che crea opportunità, dà voce alle persone emarginate e semplifica la vita quotidiana. Un posto dove tutti possono trovare le informazioni che cercano e condividere con le altre persone le proprie opinioni. Il presupposto è quello che la conoscenza sia essenziale ai fini di una serena convivenza dell'umanità.
I co-inventori del World Wide Web erano profondamente convinti che le persone avrebbero saputo come utilizzare questo potente strumento e che alla fine si sarebbe creata da sola una sorta di stabilità generale. Un mondo parallelo sereno e piacevole da "visitare". Non tutto però è andato come previsto.
"(Il Web, ndr) ha anche creato opportunità per truffatori, dato voce a coloro che diffondono odio e reso più facile commettere tutti i tipi di crimine", scrive Berners-Lee nella succitata lettera. Il co-inventore del World Wide Web è quindi arrivato persino a schierarsi contro la sua stessa creatura, proponendo una sorta di "contratto del Web", in grado di ristabilire l'ordine in uno strumento ormai in preda al caos. Pensiamo ai commenti sempre più aggressivi postati online, ai numerosi casi di violazione della privacy e alle innumerevoli truffe ai danni degli utenti, giusto per citare alcune delle cause di quello che potremmo definire "il fallimento di Internet", perché di questo si tratta.
Quando vengono meno i principi iniziali di un progetto rivoluzionario, di fallimento si deve parlare. Forse non sarà una totale catastrofe, viste le buone iniziative a cui il Web ha dato vita, ma sicuramente c'è bisogno di cambiamento. "Se me lo avessero chiesto 10 anni fa, avrei detto che l'umanità avrebbe fatto un buon lavoro con Internet. [...] Se colleghiamo tutte queste persone insieme, sono persone così meravigliose che andranno d'accordo, pensavo. Mi sbagliavo", ha affermato Berners-Lee durante un recente Web summit.
Come rimediare, dunque, al danno fatto? Il co-inventore del World Wide Web ha un'idea precisa: de-centralizzare Internet. In parole povere, gli utenti si impossessano nuovamente dello strumento e si ritorna allo spirito delle origini. Tuttavia, Tim Berners-Lee è consapevole del fatto che sia impossibile tornare totalmente a quell'epoca e quindi propone una soluzione che coinvolge tutti e tre i principali attori del mondo contemporaneo: gli utenti, le aziende e i governi. I cittadini devono impegnarsi ad essere creativi, collaborare con gli altri e rispettare la dignità umana.
Le grandi compagnie hanno invece il dovere di mantenere conveniente l'accesso a Internet, rispettare la privacy e sviluppare tecnologie che consentano all'umanità di progredire. Infine, i governi devono avere un occhio vigile in merito alla questione privacy, rendere Internet sempre disponibile e cercare di assicurare a più persone possibili l'accesso al Web. Insomma, il contratto di Berners-Lee si propone di regolamentare il World Wide Web e di renderlo un posto migliore.
Nonostante questi buoni propositi, in fondo siamo tutti consapevoli che non basteranno di certo le buone intenzioni di Berners-Lee per mettere fine ai problemi del Web. Ma cosa sta succedendo quindi alle grandi compagnie tecnologiche? Perché stanno iniziando tutte a cambiare i loro metodi di porsi online? Non esiste ovviamente una risposta certa, ma forse gli utenti stanno lentamente modificando la loro concezione e questo si riflette anche sulle scelte aziendali. Sebbene non sia infatti possibile far cambiare da un giorno all'altro il sistema capitalistico odierno, si può in qualche modo "conviverci" e provare a modificarlo.
Nel corso degli ultimi anni, la voce del popolo online sta iniziando finalmente a contare qualcosa. È la legge dei grandi numeri: se molte persone si lamentano, la grande compagnia X non può fare finta di nulla, i danni a livello d'immagine possono essere enormi. Basti pensare a quello che sta succedendo con i cambiamenti climatici, dove persino Jeff Bezos è dovuto scendere dal suo "altare" per dare ragione ai dipendenti di Amazon, annunciando modifiche tangibili alle politiche adottate dalla sua azienda.
Tuttavia, se ci pensiamo bene, la "volontà del popolo" sta andando direttamente in verso opposto rispetto alla libertà "sognata" da Berners-Lee. Pensiamo, ad esempio, ai recenti ban su Twitch che hanno coinvolto canali che trattavano temi non esattamente "puliti". La piattaforma di proprietà di Amazon non si è fatta problemi a rimuovere i profili ritenuti non idonei, mantenendo quelli che non possono causare alcun danno d'immagine.
In parole povere, la società non ne vuole sapere di ospitare sui suoi server delle persone che portano contenuti controversi, visto che la maggioranza degli utenti non apprezzerebbe quelle dirette. Un altro aspetto di fondamentale importanza è quello degli investitori, che non voglio associare il proprio brand a determinate persone. "Se qualcosa non è ben visto dalla società, non deve avere rilevanza": la logica sembra essere questa.
In parole povere, al momento attuale lo spirito capitalistico rimane: si prendono sicuramente determinate decisioni in base alla volontà della "massa", ma sempre con un'ottica di profitto. Si tratta di una visione del Web anni luce distante da quella di Berners-Lee, che però in realtà potrebbe andare tutto sommato incontro a una regolamentazione in grado di stabilizzare la situazione attuale. Meno libertà sotto certi punti di vista, ma la vita delle persone diventa un po' più tranquilla. D'altronde, lo stesso Berners-Lee non sembra più essere tanto convinto della "libertà totale" quando fa riferimento al Web come strumento che "ha dato voce a coloro che diffondono odio".
Il gioco vale la candela? Nessuno lo può sapere con certezza, ma fatto sta che qualcosa nel mondo del Web sta rapidamente cambiando e presto probabilmente Internet come la conosciamo oggi non esisterà più. Si va quindi verso una mondo sempre meno incentrato sull'importanza dei numeri, come i cambiamenti in casa YouTube e Instagram lasciano intendere? Forse sì, o quantomeno ci saranno delle regole più chiare da questo punto di vista.
Guardando Internet da questa prospettiva, potremmo dire che siamo in una fase di transizione, che attende solamente di essere stabilizzata in un modo o nell'altro.
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