La coscienza è solo un campo elettromagnetico? Le risposte della scienza

Uno dei misteri più grandi delle neuroscienze è la coscienza, proviamo a vedere quali progressi sono stati fatti nella sua comprensione.

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La coscienza è uno dei misteri più interessanti del cervello umano, tanto che risulta persino complicato definire cosa sia. Negli anni molti tra filosofi, fisici, biochimici e neuroscienziati hanno cercato di rispondere ad alcune delle domande che la riguardano, prima tra tutte: qual è il processo che ci rende coscienti e liberi di pensare ed agire? Ad oggi, non c'è una risposta univocamente accettata, ma ci sono molte teorie.
Alcuni scienziati propongono di poter individuare il livello di coscienza di un essere umano sulla base di risposte a stimoli elettrici, altri addirittura sostengono che ciò che definiamo coscienza sia solo una manifestazione di complicati campi magnetici e della loro interazione. Vediamo alcuni dei progressi più recenti su questo tema.

Che cos'è la coscienza?

Definire esattamente cosa sia la coscienza non è, come accennato precedentemente, semplice. La parola "coscienza" può essere usata con significati diversi, ma, generalmente, sono due i sensi con cui viene definita. Il primo è quello di coscienza fenomenica (phenomenal awareness), che include le esperienze legate ai cinque sensi come il gusto, la sensazione del tatto, la percezione della temperatura e della propria posizione spaziale. Il secondo è forse quello più comune, e riguarda la consapevolezza delle nostre azioni, quindi la consapevolezza che sta alla base della pianificazione, dell'inizio e del controllo di un'azione. Un interessante approccio alla definizione di coscienza è quello del neuroscienziato Giulio Tononi, che segue una costruzione assiomatica, dando quindi come per le teorie matematiche una lista di assiomi, verità assunte a priori che definiscono la coscienza.

Secondo Tononi e la sua "integrated information theory", la coscienza è strutturata, ovvero ogni esperienza cosciente è composta da multipli aspetti, ad esempio nella stessa esperienza possiamo distinguere un libro, un libro blu, il colore blu e così via. Essa è anche specifica, ovvero ogni esperienza differisce da qualsiasi altra, e unificata, cioè un'esperienza non è la mera somma delle sue parti, ma qualcosa di unificante appunto che le contiene tutte.
Questi, ed altri due assiomi, formano la base della teoria di Tononi, che, stando al pensiero del neuroscienziato, potrebbe essere in grado di identificare il grado di coscienza di una persona, un animale o un'intelligenza artificiale persino, dalla quantità di informazione che è condivisa e processata per dar luogo ad una singola esperienza.

Tononi, assieme a Marcello Massimini, è anche stato uno degli inventori dell'approccio comunemente chiamato Zap-Zip, per stabilire se una persona sia cosciente o meno. Con questa tecnica, gli scienziati inviano un impulso magnetico, zap, nel cranio, inducendo una corrente elettrica tra i neuroni, che si propaga all'interno della corteccia e viene rilevata da alcuni encefalogrammi posizionati all'esterno del cranio.
La registrazione di questa perturbazione fornisce ai ricercatori un vero e proprio "filmato" che viene dunque compresso, zip, con un comune algoritmo di compressione, da cui viene calcolato poi un valore, l'indice di complessità perturbativa, in grado di stabilire se il paziente è cosciente. Questa tecnica, solo all'apparenza semplice, è in realtà molto promettente e potrebbe essere vitale per riconoscere se pazienti apparentemente privi di coscienza lo siano davvero. Tuttavia, non siamo ancora in grado di capire quale sia la causa della coscienza e se ci siano parti del cervello ove "risieda".

Una teoria elettromagnetica della coscienza

Le teorie più antiche sull'origine della coscienza vertevano su temi soprannaturali, identificando la coscienza con un'anima immateriale che caratterizzava la nostra libertà di agire. Ovviamente una simile visione non può essere conciliante con il lavoro dei neuroscienziati, secondo cui la coscienza è un processo fisico. Dire che la coscienza è un processo fisico non è però abbastanza, a meno che non si riescano a identificare tali processi in maniera precisa, e proprio questo è l'obiettivo che ha spinto alcuni scienziati ad indagare quali siano le parti del nostro cervello che maggiormente influiscono nella manifestazione della coscienza.

La stimolazione elettrica intermittente (iES) della corteccia cerebrale è da anni uno degli strumenti centrali nelle neuroscienze per "mappare" le aree del cervello, ma il lavoro pubblicato da Josef Parvizi, professore di neurologia a Stanford, e il suo team su Nature è l'apice di tale tecnica. Gli autori di tale studio hanno eseguito la iES su 67 pazienti, con l'aiuto di elettrodi sparsi in 1537 siti, annotando gli elettrodi la cui stimolazione evocava nel paziente una esperienza sensoriale o un'emozione che egli potesse descrivere.

I risultati dello studio hanno rivelato una sorta di principio di ordinamento: più una regione del cervello è lontana dalle strutture responsabili di output motori e input sensoriali, meno essa contribuisce alla nostra esperienza soggettiva. Questi incredibili risultati spingono ancor di più verso la ricerca dei cosiddetti analoghi neuronali della coscienza, ovvero parti del cervello necessarie per far sì che attività coscienti siano possibili.
Con approcci molto diversi, alcune teorie ritengono addirittura il campo elettromagnetico del cervello stesso il principale responsabile della coscienza.

Johnjoe McFadden è il principale esponente di una di queste teorie, la "Cemi field theory", secondo cui il campo elettromagnetico stesso del nostro cervello sarebbe la fonte della nostra coscienza. Il cervello è popolato da numerosi campi elettromagnetici con frequenze oscillanti, generati principalmente dalle correnti elettriche in movimento tra neuroni, che per lungo tempo sono stati considerati epifenomeni, cioè fenomeni secondari dell'attività del cervello.
Tuttavia, negli ultimi vent'anni un numero crescente di scienziati ha cominciato a formulare varie teorie elettromagnetiche della coscienza, ovvero teorie secondo cui i campi elettromagnetici di cui sopra siano la "sede della coscienza". Ne abbiamo già parlato in precedenza, e McFadden sul proprio sito ha anche stilato una vera e propria FAQ sulla sua teoria. Comunque, molti neuroscienziati rimangono scettici nei confronti di essa, e anche le spiegazioni di McFadden ai dubbi più comuni, come la mancata influenza dei campi elettromagnetici con cui interagiamo ogni giorno sulla coscienza, non sono completamente esaustive.

È lecito aspettarsi dunque che la coscienza non risieda nel campo elettromagnetico del cervello, e quindi rimane tuttora aperto uno dei più grandi misteri della vita: il "miracolo" quotidiano che permette alle eccitazioni della corteccia cerebrale di suscitare esperienze soggettive e coscienti.
Forse siamo lontani da avere una risposta, ma passi avanti come quello generato dall'articolo di Parvizi sono gli ingredienti necessari per arrivare ad una vera e propria comprensione, scientifica, della coscienza.