Uno dei trend più diffusi per quanto riguarda il mercato smartphone è sicuramente quello legato alle fotocamere. Ultimamente abbiamo visto rumor che descrivono dispositivi con ben otto sensori posteriori. Poi però ci sono smartphone che hanno dimostrato di riuscire a scattare foto di alta caratura con una singola fotocamera. Il caso più eclatante è quello di Google Pixel 3a, che ha fatto segnare un totale di 101 punti sulla nota piattaforma DxOMark. Quest'ultimo non è ovviamente un metro di paragone definitivo, ma ci fa capire che è possibile realizzare un ottimo comparto fotografico anche solamente con poche lenti. Perché allora i produttori si ostinano a mettere più sensori?
No, non è tutta scena
Sfatiamo subito questo mito: le aziende di tutto il mondo non sono impazzite di punto in bianco quando hanno deciso di implementare più sensori fotografici. Infatti, la presenza di più lenti fisiche ha realmente dei vantaggi molto importanti, degli aspetti che molti utenti danno per scontati, ma che risultano utili nel contesto quotidiano. Il principale motivo per cui vengono utilizzati dei sensori secondari è l'impossibilità di inserire "obiettivi zoom" in dei dispositivi così sottili. Utilizzando più lenti, dunque, è possibile avere più lunghezze focali. Questo significa, in termini pratici, che lo zoom viene eseguito senza perdere troppa qualità (ovviamente fino a un certo punto, visto che gli obiettivi secondari spesso hanno caratteristiche differenti rispetto a quelli primari).
Massimo zoom Google Pixel 3a
Massimo Zoom Huawei P30
Qui sopra trovate un confronto dello zoom raggiungibile sullo stesso soggetto da Pixel 3a (sulla sinistra, singolo sensore, il massimo zoom digitale è 7x) e Huawei P30 (sulla destra, che ha un teleobiettivo in grado di offrire uno zoom "ottico" 3x e digitale fino a 30x). Come potete vedere, la differenza a livello di zoom massimo è netta, Huawei P30 riesce a spingersi molto più in là. Google ha chiaramente dovuto fermarsi al 7x per non far notare troppo la perdita di dettaglio dovuta all'utilizzo del singolo sensore. Tuttavia, qui entra in gioco la preferenza dell'utente: la società californiana ha "nascosto" bene le mancanze hardware tramite il software e quindi qualcuno potrebbe ritenere più che sufficiente una buona qualità a 7x.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è la tanto apprezzata modalità Ritratto (bokeh). Per chi non lo sapesse, tramite essa è possibile scattare delle foto che mettono in risalto il soggetto presente in primo piano, sfocando il resto. I sensori secondari presenti sugli smartphone vengono spesso utilizzati per garantire una sfocatura di qualità, un utilizzo creativo delle zone contenute nei piani fuori fuoco della foto. Questa "tecnica", legata ovviamente alla profondità di campo, trae enorme beneficio dalla presenza di ottiche con lunghezze focali diverse. Qui sotto potete vedere uno scatto effettuato con la modalità bokeh di Pixel 3a (sulla sinistra, la sfocatura viene effettuata via software) e una foto realizzata con Realme X2 Pro (sulla destra, viene sfruttato un sensore fisico da 2MP per la profondità di campo).
Ritratto - Google Pixel 3a
Ritratto - Realme X2 Pro
Come potete vedere, Google sta facendo un ottimo lavoro da questo punto di vista e sta pian piano dimostrando che è possibile realizzare un bokeh di qualità anche attraverso il machine learning. Tuttavia, molti produttori continuano a preferire l'approccio "standard", che può potenzialmente portare a risultati migliori (anche se in realtà il bokeh di alcuni smartphone effettuato tramite sensore fisico è inferiore a quello di Google).
One Zoom - Foto normale
One Zoom - Grandangolare
Da non sottovalutare anche le lenti grandangolari, per scattare immagini dalla visuale più ampia. Per farvi capire meglio che tipologia di foto potete realizzare con questo tipo di sensori, qui sopra trovate degli scatti effettuati con Motorola One Zoom, un medio gamma che dispone di una lente grandangolare (117 gradi). Sulla sinistra potete vedere quanti dettagli è in grado di catturare uno smartphone senza lente grandangolare, mentre sulla destra potete notare che la visuale è molto più ampia. Siamo già a quattro sensori: principale, teleobiettivo con ampia lunghezza focale, grandangolare e sensore per la profondità di campo. Abbiamo quindi "ricomposto" il comparto fotografico di molti smartphone presenti sul mercato, ma non abbiamo finito di trattare tutte le tipologie di lenti disponibili.
Infatti, ultimamente i produttori hanno deciso di inserire degli obiettivi dedicati alle macro. Queste ultime sono delle foto scattate a distanza molto ravvicinata (qui sopra potete vedere degli scatti effettuati con Honor 20). Solitamente vengono effettuate a fuoco fisso ad appena quattro centimetri dal soggetto. Si tratta di sensori che spesso restituiscono dei risultati finali a risoluzioni non esaltanti e che non sono esattamente facili da utilizzare.
Insomma, c'è ancora molta strada da fare da questo punto di vista. Per farvi un esempio concreto, molte lenti di questo tipo sono da appena 2MP e solamente Samsung ha deciso di spingersi fino ai 5MP con Galaxy A51 e Galaxy A71. In ogni caso, in futuro probabilmente vedremo dei miglioramenti consistenti e le macro potrebbero diventare molto più interessanti. Come ribadiamo spesso nelle nostre recensioni, questi sensori si avvicinano più ad esigenze di marketing che a una reale utilità.
Capite bene che, al momento, andare oltre ai sensori citati è quindi un po' un azzardo. Infatti, finora la maggior parte dei produttori si è limitata ad utilizzare soluzioni di questo tipo. Basti pensare al recente Xiaomi Mi Note 10, che ha fatto parlare molto di sé proprio per il suo ottimo comparto fotografico. Quest'ultimo include un sensore principale da 108MP, una lente da 12MP per la modalità bokeh, un sensore da 5MP per lo zoom ottico 5x, una grandangolare da 20MP e un obiettivo da 2MP per le macro. Insomma, difficile andare oltre a una configurazione del genere.
Andando oltre ai sensori, esistono delle tecniche pensate appositamente per migliorare la qualità finale degli scatti. Ad esempio, Nokia 9 PureView sfrutta i suoi sensori per scattare la "stessa foto" e poi combina gli scatti tutti insieme per ottenere un risultato finale più dettagliato e con una gamma dinamica maggiormente estesa. Un'altra tecnica molto importante legata al comparto fotografico è il pixel binning, che combina i dati di più pixel in uno solo per avere un risultato finale di qualità maggiore. Ad esempio, un sensore principale da 48MP può essere utilizzato per realizzare uno scatto a 12MP, in cui sono stati interpolati quattro pixel in uno. Ci sono parecchi smartphone che utilizzano questa tecnica di default e consentono di scattare alla massima risoluzione solamente tramite la modalità "Pro". Il vantaggio? Scatti ad alta risoluzione durante il giorno e immagini con meno rumore nei contesti notturni.
Ma perché accade questo? Uno dei principali problemi a cui si va incontro quando si produce uno smartphone è la dimensione dei sensori fotografici. Infatti, come sicuramente avrete già notato, alcuni produttori sono costretti a realizzare delle fotocamere sporgenti perché il corpo del dispositivo è troppo piccolo per contenere fisicamente il modulo. A livello fotografico, la dimensione di un sensore è molto importante: generalizzando all'estremo, più ampia è l'apertura del diaframma (numero "f"), maggiore è la luce che si può catturare, la grandezza dei pixel invece va a impattare sulla nitidezza finale e la "pulizia digitale" (che si nota soprattutto con ISO gradualmente più alti, che possono avere più o meno rumore).
Tuttavia, dovendo inserire sensori di piccole dimensioni, i produttori devono utilizzare tecniche come il pixel binning per evitare problemi come quello relativo al rumore digitale, visto che uno scatto ad altissima risoluzione non riuscirebbe probabilmente a catturare abbastanza luce in determinati contesti. Il principale svantaggio di questa tecnica è che chiaramente la risoluzione finale ne risente, ma ultimamente i produttori stanno riuscendo a implementare anche sensori da 108MP e questo significa che, interpolando quattro pixel in uno, si ottengono scatti finali a 27MP. Decisamente non male per uno smartphone.
Ovviamente i produttori sviluppano anche delle funzionalità interessanti per differenziare i loro smartphone da quelli della concorrenza. Pensiamo, ad esempio, alla modalità astrofotografia di Pixel 4 XL, che consente di fotografare molto bene il cielo stellato (trovate degli esempi nella nostra recensione del dispositivo di Google). Quando si valutano le prestazioni fotografiche di uno smartphone, tutti questi sono aspetti molto importanti, visto che garantiscono effettivamente un vantaggio concreto all'utente. Chiaramente, ogni persona ha esigenze diverse e qualcuno potrebbe tranquillamente dire di non aver bisogno di un sensore o dell'altro. Quel che è certo è che il comparto fotografico dei dispositivi mobili si è evoluto in modi impensabili fino a qualche anno fa e probabilmente in futuro ne vedremo delle belle. La strada degli algoritmi software intrapresa da aziende come Google avrà la meglio sulla guerra dei sensori fisici? Staremo a vedere.
Se volete vedere le foto incluse in questo articolo senza compressione, vi consigliamo di dare un'occhiata alla nostra cartella Drive.
La guerra dei sensori: la guida alle fotocamere degli smartphone
I produttori di smartphone stanno spingendo sempre di più sul comparto fotografico, introducendo miriadi di sensori: ecco a cosa servono.
Uno dei trend più diffusi per quanto riguarda il mercato smartphone è sicuramente quello legato alle fotocamere. Ultimamente abbiamo visto rumor che descrivono dispositivi con ben otto sensori posteriori. Poi però ci sono smartphone che hanno dimostrato di riuscire a scattare foto di alta caratura con una singola fotocamera.
Il caso più eclatante è quello di Google Pixel 3a, che ha fatto segnare un totale di 101 punti sulla nota piattaforma DxOMark. Quest'ultimo non è ovviamente un metro di paragone definitivo, ma ci fa capire che è possibile realizzare un ottimo comparto fotografico anche solamente con poche lenti.
Perché allora i produttori si ostinano a mettere più sensori?
No, non è tutta scena
Sfatiamo subito questo mito: le aziende di tutto il mondo non sono impazzite di punto in bianco quando hanno deciso di implementare più sensori fotografici. Infatti, la presenza di più lenti fisiche ha realmente dei vantaggi molto importanti, degli aspetti che molti utenti danno per scontati, ma che risultano utili nel contesto quotidiano.
Il principale motivo per cui vengono utilizzati dei sensori secondari è l'impossibilità di inserire "obiettivi zoom" in dei dispositivi così sottili. Utilizzando più lenti, dunque, è possibile avere più lunghezze focali. Questo significa, in termini pratici, che lo zoom viene eseguito senza perdere troppa qualità (ovviamente fino a un certo punto, visto che gli obiettivi secondari spesso hanno caratteristiche differenti rispetto a quelli primari).
Massimo zoom Google Pixel 3a
Massimo Zoom Huawei P30
Qui sopra trovate un confronto dello zoom raggiungibile sullo stesso soggetto da Pixel 3a (sulla sinistra, singolo sensore, il massimo zoom digitale è 7x) e Huawei P30 (sulla destra, che ha un teleobiettivo in grado di offrire uno zoom "ottico" 3x e digitale fino a 30x). Come potete vedere, la differenza a livello di zoom massimo è netta, Huawei P30 riesce a spingersi molto più in là.
Google ha chiaramente dovuto fermarsi al 7x per non far notare troppo la perdita di dettaglio dovuta all'utilizzo del singolo sensore. Tuttavia, qui entra in gioco la preferenza dell'utente: la società californiana ha "nascosto" bene le mancanze hardware tramite il software e quindi qualcuno potrebbe ritenere più che sufficiente una buona qualità a 7x.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è la tanto apprezzata modalità Ritratto (bokeh). Per chi non lo sapesse, tramite essa è possibile scattare delle foto che mettono in risalto il soggetto presente in primo piano, sfocando il resto. I sensori secondari presenti sugli smartphone vengono spesso utilizzati per garantire una sfocatura di qualità, un utilizzo creativo delle zone contenute nei piani fuori fuoco della foto.
Questa "tecnica", legata ovviamente alla profondità di campo, trae enorme beneficio dalla presenza di ottiche con lunghezze focali diverse. Qui sotto potete vedere uno scatto effettuato con la modalità bokeh di Pixel 3a (sulla sinistra, la sfocatura viene effettuata via software) e una foto realizzata con Realme X2 Pro (sulla destra, viene sfruttato un sensore fisico da 2MP per la profondità di campo).
Ritratto - Google Pixel 3a
Ritratto - Realme X2 Pro
Come potete vedere, Google sta facendo un ottimo lavoro da questo punto di vista e sta pian piano dimostrando che è possibile realizzare un bokeh di qualità anche attraverso il machine learning. Tuttavia, molti produttori continuano a preferire l'approccio "standard", che può potenzialmente portare a risultati migliori (anche se in realtà il bokeh di alcuni smartphone effettuato tramite sensore fisico è inferiore a quello di Google).
One Zoom - Foto normale
One Zoom - Grandangolare
Da non sottovalutare anche le lenti grandangolari, per scattare immagini dalla visuale più ampia. Per farvi capire meglio che tipologia di foto potete realizzare con questo tipo di sensori, qui sopra trovate degli scatti effettuati con Motorola One Zoom, un medio gamma che dispone di una lente grandangolare (117 gradi). Sulla sinistra potete vedere quanti dettagli è in grado di catturare uno smartphone senza lente grandangolare, mentre sulla destra potete notare che la visuale è molto più ampia. Siamo già a quattro sensori: principale, teleobiettivo con ampia lunghezza focale, grandangolare e sensore per la profondità di campo. Abbiamo quindi "ricomposto" il comparto fotografico di molti smartphone presenti sul mercato, ma non abbiamo finito di trattare tutte le tipologie di lenti disponibili.
Infatti, ultimamente i produttori hanno deciso di inserire degli obiettivi dedicati alle macro. Queste ultime sono delle foto scattate a distanza molto ravvicinata (qui sopra potete vedere degli scatti effettuati con Honor 20). Solitamente vengono effettuate a fuoco fisso ad appena quattro centimetri dal soggetto. Si tratta di sensori che spesso restituiscono dei risultati finali a risoluzioni non esaltanti e che non sono esattamente facili da utilizzare.
Insomma, c'è ancora molta strada da fare da questo punto di vista. Per farvi un esempio concreto, molte lenti di questo tipo sono da appena 2MP e solamente Samsung ha deciso di spingersi fino ai 5MP con Galaxy A51 e Galaxy A71. In ogni caso, in futuro probabilmente vedremo dei miglioramenti consistenti e le macro potrebbero diventare molto più interessanti. Come ribadiamo spesso nelle nostre recensioni, questi sensori si avvicinano più ad esigenze di marketing che a una reale utilità.
Capite bene che, al momento, andare oltre ai sensori citati è quindi un po' un azzardo. Infatti, finora la maggior parte dei produttori si è limitata ad utilizzare soluzioni di questo tipo. Basti pensare al recente Xiaomi Mi Note 10, che ha fatto parlare molto di sé proprio per il suo ottimo comparto fotografico.
Quest'ultimo include un sensore principale da 108MP, una lente da 12MP per la modalità bokeh, un sensore da 5MP per lo zoom ottico 5x, una grandangolare da 20MP e un obiettivo da 2MP per le macro. Insomma, difficile andare oltre a una configurazione del genere.
Andando oltre ai sensori, esistono delle tecniche pensate appositamente per migliorare la qualità finale degli scatti. Ad esempio, Nokia 9 PureView sfrutta i suoi sensori per scattare la "stessa foto" e poi combina gli scatti tutti insieme per ottenere un risultato finale più dettagliato e con una gamma dinamica maggiormente estesa.
Un'altra tecnica molto importante legata al comparto fotografico è il pixel binning, che combina i dati di più pixel in uno solo per avere un risultato finale di qualità maggiore. Ad esempio, un sensore principale da 48MP può essere utilizzato per realizzare uno scatto a 12MP, in cui sono stati interpolati quattro pixel in uno. Ci sono parecchi smartphone che utilizzano questa tecnica di default e consentono di scattare alla massima risoluzione solamente tramite la modalità "Pro". Il vantaggio? Scatti ad alta risoluzione durante il giorno e immagini con meno rumore nei contesti notturni.
Ma perché accade questo? Uno dei principali problemi a cui si va incontro quando si produce uno smartphone è la dimensione dei sensori fotografici. Infatti, come sicuramente avrete già notato, alcuni produttori sono costretti a realizzare delle fotocamere sporgenti perché il corpo del dispositivo è troppo piccolo per contenere fisicamente il modulo. A livello fotografico, la dimensione di un sensore è molto importante: generalizzando all'estremo, più ampia è l'apertura del diaframma (numero "f"), maggiore è la luce che si può catturare, la grandezza dei pixel invece va a impattare sulla nitidezza finale e la "pulizia digitale" (che si nota soprattutto con ISO gradualmente più alti, che possono avere più o meno rumore).
Tuttavia, dovendo inserire sensori di piccole dimensioni, i produttori devono utilizzare tecniche come il pixel binning per evitare problemi come quello relativo al rumore digitale, visto che uno scatto ad altissima risoluzione non riuscirebbe probabilmente a catturare abbastanza luce in determinati contesti. Il principale svantaggio di questa tecnica è che chiaramente la risoluzione finale ne risente, ma ultimamente i produttori stanno riuscendo a implementare anche sensori da 108MP e questo significa che, interpolando quattro pixel in uno, si ottengono scatti finali a 27MP. Decisamente non male per uno smartphone.
Ovviamente i produttori sviluppano anche delle funzionalità interessanti per differenziare i loro smartphone da quelli della concorrenza. Pensiamo, ad esempio, alla modalità astrofotografia di Pixel 4 XL, che consente di fotografare molto bene il cielo stellato (trovate degli esempi nella nostra recensione del dispositivo di Google). Quando si valutano le prestazioni fotografiche di uno smartphone, tutti questi sono aspetti molto importanti, visto che garantiscono effettivamente un vantaggio concreto all'utente.
Chiaramente, ogni persona ha esigenze diverse e qualcuno potrebbe tranquillamente dire di non aver bisogno di un sensore o dell'altro. Quel che è certo è che il comparto fotografico dei dispositivi mobili si è evoluto in modi impensabili fino a qualche anno fa e probabilmente in futuro ne vedremo delle belle. La strada degli algoritmi software intrapresa da aziende come Google avrà la meglio sulla guerra dei sensori fisici? Staremo a vedere.
Se volete vedere le foto incluse in questo articolo senza compressione, vi consigliamo di dare un'occhiata alla nostra cartella Drive.
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