Mastodon: alla scoperta della nuova alternativa a Twitter

Ultimamente si è molto parlato di Mastodon, il "Fediverso" che sta avendo il suo momento di gloria tra i colossi dei social network.

Mastodon: alla scoperta della nuova alternativa a Twitter
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L'arrivo di Elon Musk in quel di Twitter ha scontentato molti utenti. Le nuove regole sulle spunte blu, il controllo sui contenuti e i cambiamenti annunciati, hanno portato molti ad allontanarsi dallo storico social network per approdare verso altri lidi. Nell'ultimo periodo si fa un gran parlare di Mastodon, che ha triplicato i suoi utenti grazie a una piattaforma molto particolare, che sembra voler raccogliere la storica eredità di Twitter e dare agli "esuli" scontenti un porto sicuro e trasparente su cui approdare.
Ma cosa rende Mastodon un'alternativa credibile a Twitter? In cosa è simile al social che tutti conosciamo e perché, invece, è diverso o addirittura migliore?

Cos'è Mastodon

Fondato nel 2016 da un programmatore tedesco, Mastodon è un servizio non troppo conosciuto che nel corso degli ultimi anni è stato capace di ritagliarsi una solida nicchia di appassionati, distinguendosi come un servizio virtuoso dell'internet moderno, portatore sano di uno spirito delle origini che, tra multinazionali, acquisizioni e interessi economici, sembrava essersi ormai spento per sempre.
Mastodon non è un vero e proprio social network o almeno, non lo è nell'accezione cui siamo abituati oggi con i vari Facebook, Instagram o Twitter.
Alla base del portale vi è innanzitutto un codice open source, che può essere utilizzato e riscritto da tutti; in secondo luogo, vi è una gestione distribuita dei server: i computer che fanno funzionare Mastodon non sono posseduti e gestiti da una sola azienda, ma da chiunque voglia contribuire al servizio.

Questo rende Mastodon una sorta di enorme aggregatore: ogni server viene gestito in maniera del tutto autonoma, dando vita a tanti social network all'interno di un programma più grande. Si parla spesso di Mastodon come di una grande federazione di stati indipendenti: tutti fanno parte dello stesso gruppo, ma ogni stato (server) viene gestito in maniera autonoma e distinta. Ognuno detta le regole ma tutti hanno la possibilità di comunicare tra loro e scambiarsi informazioni perché capaci di parlare una "lingua" comune.

Il social network "federalista"

Il modello di Mastodon è molto diverso da quanto visto fino ad ora.
Il boom di Mastodon dopo l'acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk è solo la punta dell'iceberg di un social network in costante crescita e che conta, ad oggi, circa 4,5 milioni di iscritti.
La sua gestione "federalista" dell'intero apparato porta all'eliminazione totale di tutte le storture che da anni caratterizzano i social più conosciuti e utilizzati.

All'interno delle pagine di Mastodon non vi è alcuna pubblicità, caratteristica che porta ad una totale assenza della profilazione degli utenti. I server sono controllati dagli stessi utenti, con community che si gestiscono da sole e che fanno da sole le proprie regole. Ad oggi la piattaforma conta circa 3000 canali diversi, ognuno con le proprie regole e i propri argomenti: vi sono "stanze" divise per provenienza geografica o più tradizionalmente sulla base dei vari argomenti.
Mastodon.uno, il server ad argomento generalista per gli utenti in lingua italiana, dà massima libertà di pubblicazione ai suoi iscritti ma vieta espressamente post razzisti, sessisti, transfobici, l'apologia del fascismo e la diffusione di fake news.

Un piccolo blog

Organizzazione interna a parte, Mastodon trae parecchia ispirazione da Twitter. Si tratta, infatti, di un sistema di microblogging in cui ognuno ha possibilità di pubblicare brevi post fino a un massimo di 500 caratteri.
Seppur utilizzando terminologie di base diverse con lo scopo di distinguersi, gli utenti hanno la possibilità di citare e ripostare i contenuti pubblicati da altri utenti, di apprezzarli con un "mi piace" e di seguire i profili che più gli interessano; si possono anche usare gli hashtag per categorizzare i vari argomenti.

Mancano, naturalmente, tutti quei miglioramenti (per molti storture) che hanno allontanato Twitter e soci dalla loro idea originale: non vi sono algoritmi che suggeriscono post, la home page è sempre strutturata in ordine cronologico e sono assenti contenuti sponsorizzati o pubblicità. Ogni server ha al suo interno un numero davvero enorme di canali, ciascuno dei quali dedicato a un argomento diverso, ognuno liberamente esplorabile e utilizzabile. Per via della sua natura decentralizzata e partecipativa, ogni utente avrà la possibilità di creare un proprio canale e di gestirlo con le proprie regole e con i propri argomenti, senza alcuna limitazione o ingerenza esterna.
Si tratta di un'idea molto simile a quella dei vecchi blog: si creava un proprio spazio personale online appoggiandosi a una piattaforma esterna, ma lo si gestiva come meglio si credeva, sia nella pubblicazione dei contenuti che nella moderazione della community.

I problemi

Quello proposto da Mastodon è un sistema certamente virtuoso ma che, non avendo una gestione centralizzata o regole uguali per tutti, va incontro ad alcune innegabili criticità.
Molto più che in altri social, infatti, Mastodon si scontra con un sistema di moderazione e segnalazione di contenuti e profili inappropriati molto difficile e farraginosa che rende difficile intervenire con forza e tempestività, soprattutto per via della gestione diversa di ogni server o canale e per le regole sempre differenti tra un canale e l'altro. La moderazione viene demandata ad ogni singolo gestore, una pratica ottima sulla carta ma che potrebbe presentare un conto salatissimo se il numero degli utenti dovesse aumentare a dismisura.
Una diretta conseguenza di questo poco controllo è il moltiplicarsi di profili fasulli che si spacciano per persone famose e che non possono essere tutti limitati e controllati.

Mastodon non sembra poi adatto ad ospitare al suo interno un gran numero di persone: molti server risultano infatti poco prestanti e tecnicamente obsoleti, portando a grandi rallentamenti dell'intero sistema che, in alcuni suoi nodi, non sembra in grado di sopportare tante connessioni in contemporanea.
L'ultimo grande problema nella decentralizzazione e nella gestione indipendente dei server è nell'eventualità non troppo remota che questi possano essere chiusi da un momento all'altro: se un gestore, per qualsiasi motivo, decide di abbandonare il progetto e chiudere il suo server, la persona che si era iscritta a Mastodon tramite quella "porta di accesso", vedrà eliminato il suo profilo ed ogni possibilità di riutilizzarlo. Eliminata una regione, vengono insomma eliminati anche tutti i suoi abitanti, possibilità che dovrebbe essere in qualche modo limitata, permettendo almeno il recupero del proprio profilo o, se lo si desidera, il suo trasferimento in un altro server.

Una bella realtà

Al netto dei suoi limiti, Mastodon porta in dote caratteristiche estremamente affascinanti e siamo contenti stia avendo il suo momento di celebrità, soprattutto in un periodo in cui la fiducia verso i social e internet in generale è ai minimi storici.
Con le sue idee pionieristiche ma dal sapore "antico", Mastodon sembra voler riportare al centro il piacere per una rete più libera, capace di autogestirsi e autoregolamentarsi, con una tecnologia di base disponibile e utilizzabile da tutti. Certo, da qui a rendere questo servizio il nuovo Twitter ce ne passa.

Pur con tutte le sue problematiche, le novità non sempre apprezzate e le ultime acquisizioni, proprio Twitter è diventato un porto sicuro per molti utenti. La maggiore presenza di regole e limiti, nonché la comodità di avere tra le mani un algoritmo che conosce gli utenti e gli dà quello che vogliono sono dei lussi a cui pochi vogliono davvero rinunciare. Allo stesso tempo, quale che sia il futuro di Mastodon, non possiamo che accogliere con piacere la voglia di offrire alle persone una visione alternativa di internet, lontana dalle logiche di controllo delle big tech e dagli interessi economici, ma soprattutto più vicina a un'idea di libertà che negli anni è andata tristemente a finire nel dimenticatoio.