Il mercato degli NFT rallenta: quali sono le tendenze del 2022?

È iniziato il “bear market” di NFT e criptovalute: diamo uno sguardo ai trend delle ultime settimane per capire cosa aspettarci dal futuro.

Il mercato degli NFT rallenta: quali sono le tendenze del 2022?
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L'andamento del mercato delle criptovalute negli ultimi mesi non è stato dei migliori, anzi. Per diversi esperti, quella che stiamo attraversando è una fase di contrazione del settore crypto, nota anche come bear market nello slang degli investitori. Le due principali monete in circolazione, Bitcoin ed Ethereum, sono calate dai massimi storici di novembre, rispettivamente di 65.000 e 4.500 Dollari, a valori unitari anche al di sotto dei 20.000 Dollari per BTC e 1.000 per ETH. Il calo delle criptovalute ha avuto ripercussioni su tutto il mondo del Web 3.0, della DeFi e persino del Metaverso: mentre CoinBase taglia il personale e i bilanci di Meta sono in profondo rosso, pare che la cavalcata delle nuove tecnologie si sia arrestata. In una situazione così complessa, anche il mercato NFT si è contratto: in questo caso, però, nel settore sono emersi diversi nuovi trend che potrebbero accompagnarci per tutto il 2022 e persino oltre.

Il gelido inverno degli NFT

È inutile girarci intorno: il mercato NFT è in evidente difficoltà da diverse settimane a questa parte. Le cose hanno iniziato ad andare male sin dal primo calo delle criptovalute di gennaio e da allora non sono affatto migliorate.

Chiariamoci: le previsioni catastrofiste, come quella che parlava di un crollo del 92% per il mondo degli NFT, non sono veritiere, ma in generale la condizione dei token non-fungibili è vicina a quella del resto del mercato crypto. Le vendite calano e lo stesso fanno anche i prezzi; i margini di guadagno dal flipping degli NFT (cioè dalla loro rivendita a prezzi più alti di quello di acquisto) si riducono e gli acquisti stessi diventano più rischiosi: in una situazione del genere, molti utenti sono stati spinti a un approccio più conservativo, ovvero a smettere di investire negli NFT in attesa di tempi migliori. In molti hanno liquidato il proprio intero wallet di token (tant'è che anche i wallet NFT attivi sono calati negli ultimi mesi), mentre altri si stanno attestando sulle posizioni comunemente note come Hodling, cioè il blocco del trading finché l'"inverno crypto" non sarà passato.

Dall'altra parte della barricata, però, una minore propensione all'investimento da parte dei trader significa anche minori incassi per gli artisti e i creatori di token non-fungibili, che potrebbero dunque essere spinti a uscire dal mercato.

Tale eventualità sarebbe evidentemente un male per la diversificazione e per l'effettiva decentralizzazione del settore, reso anzi sempre più centralizzato dalla preponderanza di poche collezioni di altrettanto pochi creator, ma potrebbe anche giovare agli investitori sul lungo periodo. Adattando una speculazione di alcuni esperti di criptovalute al mondo NFT, il fatto che la crisi ponga un'asticella di ingresso più alta nel settore, imponendo a chi desidera farlo di investire più tempo e denaro nella propria collezione e insegnando agli utenti che i guadagni non sono sicuri e immediati, potrebbe allontanare truffatori e opportunisti alla ricerca di incassi facili da un mercato tradizionalmente considerato rischioso per via della presenza di una gran quantità di scam e di rug pull, che possono danneggiare anche gravemente gli investitori.

Inoltre, l'andamento del mercato potrebbe spingere gli artisti a innovare con le proprie collezioni, proponendo prodotti nuovi dopo un periodo di forte stagnazione attorno a pochi modelli di riferimento, ossia quelli di Bored Ape Yacht Club e di CryptoPunks. A chiunque sia mai successo di fare un salto su OpenSea o su Rarible sarà capitato di vedere numerose "variazioni sul tema" delle due collezioni "storiche" di Yuga Labs, che adottano cioè lo stesso stile e cambiano dei dettagli minimi dei personaggi, generando delle opere a metà tra il plagio di NFT e il citazionismo.

In effetti, pare che le svolte degli ultimi mesi abbiano portato la serie di BAYC a perdere (almeno momentaneamente) lo scettro di collezione più venduta su base giornaliera o settimanale su alcuni marketplace: la prima conseguenza di questo percepito calo di popolarità dei primati di Yuga è stato il deprezzamento degli NFT "derivati", che finalmente stanno lasciando il posto a collezioni più originali. Al contempo, artisti e creator si sono inventati dei modelli di business completamente diversi, che magari prevedono piani meno ambiziosi e un più stretto legame tra il mondo fisico e quello digitale.

Una doccia fredda per investitori e artisti

In effetti, a premiare sembrano oggi essere i progetti NFT con i piedi per terra, ovvero quelli che si pongono degli obiettivi raggiungibili senza grandi spese, cioè senza sperare che, tra vendite primarie e rivendite sul mercato secondario, i propri token diventino un successo globale.

Come abbiamo scoperto negli ultimi mesi, anche nel mondo NFT il successo è una cosa per pochi fortunati, perciò molte collezioni hanno imparato a gestire budget ridotti, che dipendono anche da una generalizzata riduzione dei prezzi di vendita dei prodotti. In tal senso, poi, una contrazione dei prezzi degli NFT è un'ulteriore garanzia per gli investitori: dei guadagni inferiori per il singolo token, infatti, possono essere ottimi deterrenti per eventuali truffe, imponendo ai creatori che davvero desiderano guadagnare qualcosa dalle loro incursioni nel mercato nonfungible di curare più a lungo le proprie collezioni, prevedendo il completamento delle rispettive roadmap.

Completare una roadmap significa in primo luogo proporre un progetto fattibile senza enormi somme di denaro, anche perché oggi come oggi le idee troppo "grosse" fanno alzare qualche sopracciglio ai potenziali investitori. Questa tendenza al realismo è sicuramente un segno di una maggiore maturità del mercato a confronto con gli scorsi anni, ma arriva anche dopo alcuni contraccolpi non da poco: per esempio, l'attacco hacker ad Axie Infinity dello scorso marzo ha reso chiaro a tutti che sviluppare un gioco basato sugli NFT e sulla blockchain richiede tanto tempo, tanto personale e tanto denaro quanto sviluppare un videogiochi "standard", se non addirittura di più, viste le evidenti implicazioni economiche dei prodotti crypto-based.

Al contempo, le difficoltà incontrate dal Metaverso Otherside e dalla criptovaluta ApeCoin di Bored Ape Yacht Club hanno dimostrato che persino i "big" del settore possono faticare ad arrivare a risultati soddisfacenti con la creazione di un Metaverso e di un token personalizzato.

Ma arriviamo al nocciolo del discorso: gli accorgimenti dei creatori di NFT e i modelli innovativi di business possono fare molto, ma di certo non hanno la capacità di sbloccare un mercato in cui nessuno compra più per paura di perdere soldi.

Proprio per questo, il trend che più ha segnato gli ultimi mesi del settore dei token non fungibili (e che probabilmente diventerà ancora più universale in futuro) è quello dei Free Mint, ovvero della creazione di NFT completamente gratuiti, o per i quali gli utenti devono pagare al più le gas fees della blockchain di riferimento. Qualcuno potrebbe dunque domandarsi quale vantaggio avrebbe un creator a svendere gratuitamente il proprio lavoro, e in questo caso la risposta è complessa. In primo luogo ci sono i guadagni degli artisti sulle transazioni secondarie dei propri NFT, che generalmente non superano il 5% del prezzo di vendita: alcuni tra coloro che hanno "venduto" come free mint i propri token sperano che entrando nei wallet di migliaia di persone le collezioni diventino famose e, visto il loro numero limitato a qualche migliaio di esemplari, il flipping effettuato dai trader porti guadagni anche ai creatori stessi.

L'incredibile caso di GoblinTown

Lo scopo per cui molti altri hanno dato il via a progetti Free Mint però è un altro, ovvero la ricerca della fama. Certo, con la fama non si mangia - e soprattutto non si ripagano i costi di un progetto NFT - ma la vendita di una prima serie di token in formato gratuito spesso aiuta ad aumentare il tran tran mediatico attorno alla collezione, oppure spinge le vendite dei prodotti collaterali, come il merchandise o i gadget brandizzati.

Il Free Mint, poi, permette agli autori e alle pagine ufficiali del progetto di ottenere un traffico elevatissimo in termini di utenti nel giro di poco tempo, ponendo delle solide basi per produzioni future e fomentando l'interesse e il buzz dei social per il progetto, che si traduce a sua volta in un aumento delle vendite secondarie, ovvero del prezzo dei token, ovvero di nuovo dei guadagni degli autori. Insomma, un modello di business completamente diverso da quello che si è consolidato negli scorsi anni e che comporta più rischi per i creatori, che possono trovarsi a "regalare" un'intera collezione senza ricevere un soldo bucato in cambio. Tuttavia, in una situazione in cui le vendite sono ridotte all'osso, questa strategia sembra premiare.

In effetti, il progetto NFT che più ha avuto successo nelle ultime settimane è la perfetta incarnazione del Free Mint. Stiamo ovviamente parlando della collezione di token GoblinTown.wtf, il cui nome ricalca quello del sito web del progetto. Lanciato il 22 maggio scorso come Free Mint, il progetto è l'emblema di tutto ciò che non avrebbe funzionato nel mercato pre-inverno crypto.

Ci spieghiamo meglio: GoblinTown non ha una roadmap e i suoi creatori sono ignoti (o almeno lo erano fino a fine giugno, quando il successo dei goblin ha spinto le persone dietro al progetto a rendere pubblici i propri nomi). Su queste basi, nessuno avrebbe mai investito sulla collezione. Aggiungiamoci poi che la serie ha fatto di tutto per non prendersi sul serio: il tema della linea di mostriaciattoli è proprio quello del bear market, trattato con pungente ironia e irriverenza, mentre la comunicazione, a partire dalla grammatica e dalla sintassi dei messaggi pubblicati su Twitter, è tutto fuorché istituzionale.

Nonostante ciò, la collezione è stata un clamoroso successo, entrando di peso nei top seller di OpenSea ed attestandosi ad un prezzo di vendita di base di 2,9 ETH (circa 3.260 Euro al cambio attuale).

Non si tratta ovviamente di prezzi simili alle collezioni "storiche" come BAYC, che ha un floor price di 92 ETH nelle ore in cui scriviamo questo articolo, ma è comunque un risultato impressionante per una collezione a "costo zero", almeno per chi è arrivato in tempo al free minting. Insomma, pare che il futuro degli NFT sarà quello dei token a prezzo nullo (o quasi), almeno finché il mercato non si riprenderà dall'"inverno" degli ultimi mesi. Resta tutto da capire se la svolta sia positiva o se il nuovo modello, che impone costi non da poco agli artisti e ai creatori, peraltro senza la sicurezza che essi rientrino anche al termine delle vendite della collezione, si rivelerà insostenibile sul lungo periodo.