NASA GEDI e il cambiamento climatico: osservare le foreste dallo Spazio

Scopriamo di più sull'ambizioso progetto GEDI della NASA: mappare il pianeta per capire gli effetti del cambiamento climatico.

NASA GEDI e il cambiamento climatico: osservare le foreste dallo Spazio
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In questo particolare periodo storico, è necessario prestare attenzione alle conseguenze dell'operato dell'uomo sull'intero pianeta Terra. Biologi, meteorologi, geologi, tutti sono d'accordo nel riconoscere che l'uomo, con la sua attività incontrollata e poco rispettosa degli altri ecosistemi terrestri, sia riuscito a sbilanciare il leggero equilibrio che da milioni di anni governa il nostro pianeta.
La missione GEDI della NASA si occupa di monitorare le mutazioni nei vari Habitat naturali: disboscamento, variazioni del ciclo dell'acqua e del carbonio, mutazioni della biodiversità e molto altro. Tutto questo, ovviamente, dallo Spazio.

Filosofia GEDI

Abbiamo detto che il GEDI, acronimo di Global Ecosystem Dynamics Investigation (e che si pronuncia proprio come gli Jedi dell'universo di Star Wars), permette di monitorare un'ampia varietà di fenomeni naturali. Come è nato il progetto? GEDI è stato selezionato dalla NASA nel luglio 2014 nell'ambito del programma Earth Venture Instrument-2. Lo sviluppo del sistema e delle strumentazioni è iniziato a novembre 2014. E' stato lanciato il 5 dicembre 2018 e successivamente installato sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Ha superato con successo il periodo di messa in servizio il 25 marzo 2019 e rimarrà sulla ISS per due anni, raccogliendo costantemente dati, di cui parleremo a breve. Questi dati vengono elaborati dal team scientifico dietro al progetto GEDI e i primi risultati sono stati resi pubblici proprio qualche giorno fa.

La mappatura della struttura dell'ecosistema è importante per comprendere molti fattori che caratterizzano il sistema terrestre, tra cui il ciclo del carbonio, la qualità e la biodiversità dell'habitat, lo stato di salute e la produttività delle foreste, il ciclo idrologico e gli effetti negativi causati dall'uomo sulla natura. Ma in che modo?

GEDI effettua osservazioni ad alta risoluzione della Terra, analizzandone la conformazione ed elaborando un modello 3D della superficie. Le misurazioni effettuate da GEDI si concentrano ad esempio sull'altezza delle foreste e sull'estensione in altezza della grande chioma di una foresta.
Utilizzando questi dati, si riesce a definire con un'elevata precisione meccanismi come quello del ciclo dell'acqua e del carbonio, o della deforestazione (nell'immagine che segue le operazioni di deforestazione annuale dal 2000 al 2016, mappate attraverso Landsat. I colori rossi indicano deforestazioni vicine all'anno 2016).

I dati di GEDI relativi alla struttura della superficie sono molto utili anche per le previsioni meteorologiche, per la gestione delle foreste, il monitoraggio dei ghiacciai e del manto nevoso. Questo perché il lavoro di GEDI, ovvero la creazione di un modello 3D della superficie terrestre, viene affiancato ai dati ottenuti da altre missioni attualmente attive della NASA, e da questa collaborazione si riesce a comprendere con maggior chiarezza come la Terra si comporti in merito all'attività dell'uomo, e quali azioni l'uomo può intraprendere per arginare questo grande squilibrio naturale.

I dati sulla struttura verticale delle foreste sono un elemento chiave per gli studi della biomassa e della biodiversità. Con una mappa globale della massa contenuta in tronchi, rami e foglie di alberi forestali, i ricercatori possono stimare la quantità di carbonio contenuta nelle diverse aree forestali. Combinando i dati GEDI con altri dati satellitari, è possibile stimare come la biomassa forestale sia cambiata in passato e come potrebbe cambiare in futuro: la concentrazione atmosferica di anidride carbonica è il principale protagonista del cambiamento climatico e la vegetazione in crescita assorbe la CO2 che poi viene rimessa nell'atmosfera in quantità minore. Considerando che la metà della biomassa vegetale è costituita da carbonio, la quantificazione della biomassa vegetale consentirà agli scienziati di stimare la quantità di carbonio totale immagazzinata dalla vegetazione.

Come ci riesce?

Lo strumento principale di GEDI è un sistema di laser installato sulla Stazione spaziale internazionale. E' composto da 3 laser che producono 8 tracce parallele di campionatura, che possiamo immaginare come 8 corsie di un'autostrada. Ogni laser si accende 242 volte al secondo e illumina una porzione larga 25 metri (detta impronta) sulla superficie che si vuole ricostruire in 3D. Completata la scansione della prima impronta, i laser si spostano alla successiva: ogni impronta dista dalla successiva circa 60 metri, mentre ogni traccia dista dall'altra circa 600 metri. Un esempio di ciò che raccoglie GEDI? Ecco:

Questo grafico mostra l'altezza di una porzione di vegetazione: sull'asse orizzontale è presente l'intero percorso seguito dai laser (potremmo dire che 0m è l'inizio della misurazione e 2500m è la fine del percorso) e sull'asse verticale è presente l'altezza registrata dal laser. L'immagine che segue invece, mostra un generico tracciato seguito da GEDI: si tratta di un tracciato lungo circa 4 chilometri eseguito sulla di una porzione di foresta Amazzonica.

Quando si usa un LIDAR

Il sistema laser introdotto poco fa è in realtà un LIDAR. Di cosa si tratta? Per Lidar si intende una tecnologia di telerilevamento (come una sorta di versione laser del radar) che utilizza impulsi di luce laser per misurare un certo oggetto tridimensionale, in questo caso una porzione di Terra. La luce inviata tramite impulsi viene riflessa dal terreno e dalla vegetazione che incontra durante il suo viaggio, e così ritorna nello spazio fino a raggiungere la strumentazione di GEDI.
Questi fotoni appena raccolti vengono quindi diretti verso degli strumenti ottici che convertendo la luminosità della luce in una tensione elettrica, riuscendo così a misurare il tempo di arrivo di ogni fotone.
Il tempo di arrivo viene convertito in distanza moltiplicando il tutto per la velocità della luce (essendo Velocità=Metri / Secondi, per ottenere i metri percorsi è necessario calcolare Velocità X Secondi= Metri). Ecco lo strumento che raccoglie la luce riflessa:

Un sistema GPS integrato nella strumentazione permette agli scienziati della NASA di sapere dove si trovi GEDI nella sua orbita, e la sua posizione rispetto alla superficie della Terra, mentre i tracker allineati alle stelle fisse permettono di mantenere lo strumento ben orientato. Il LIDAR di GEDI utilizza laser leggeri, ad alta efficienza energetica e ottiche di nuova generazione che dividono e scansionano i laser in più raggi, aumentando la campionatura senza aggiungere peso alla struttura.
Lo strumento può anche ruotare su se stesso, permettendogli di assicurarsi una maggior copertura della superficie terrestre da scansionare. Questa capacità viene utilizzata per campionare la superficie terrestre della Terra nel modo più completo possibile, riempiendo gli spazi vuoti dovuti alle nuvole. Le osservazioni possono quindi essere raggruppate in coperture regolari di diversa risoluzione, come celle a griglia da 1 km. Ecco un immagine per capire meglio come viene effettuata la copertura:

Quando GEDI "vede" una foresta, in realtà vede una raccolta di forme d'onda che mostrano le cime degli alberi, il terreno, i rami, le foglie e lo spazio vuoto nel mezzo. Complessivamente, le raccolte di forme d'onda iniziano a mostrare la struttura della foresta, non solo in verticale, ma anche in orizzontale. Ciò consente agli scienziati di calcolare la quantità di biomassa e carbonio contenuta in una determinata area della foresta.

Nell'immagine qui in alto è mostrata la forma d'onda che arriva allo strumento GEDI (a sinistra). L'area marrone chiaro che sottende la curva rappresenta l'energia di ritorno dalle chiome degli alberi, mentre l'area marrone scuro indica l'energia proveniente dalla luce riflessa dal suolo.
Insomma tutto l'asse verticale include sia gli effetti dovuti alla presenza del suolo sia gli effetti dovuti alla presenza delle chiome degli alberi. Il diagramma a destra mostra la distribuzione degli alberi che hanno prodotto la forma d'onda a sinistra, con la "traccia" di 25m di cui vi avevamo parlato prima.

I primi dati pubblicati

Le immagini che avete appena visto provengono dai primi dati pubblicati dalla NASA. Questi dati coprono le prime otto settimane di GEDI: centinaia di milioni di "impronte", che analizzano il globo tra il sud del Canada e la punta Sud America. Al compimento del secondo anno di attività GEDI avrà raccolto circa 10 miliardi di osservazioni laser, ovvero il set di dati satellitari sulla struttura forestale più completo mai prodotto nella storia umana.

"GEDI raccoglie 6 milioni di osservazioni laser ogni giorno. Quindi, oltre i tropici, abbiamo già raccolto circa due ordini di grandezza in più di dati rispetto a quello che era lo "stato dell'arte" prima", ha dichiarato Ralph Dubayah, principale curatore del progetto GEDI e professore di scienze geografiche all'Università del Maryland.
Dai primi dati elaborati, si può notare che mentre le foreste nel nord-ovest del Pacifico sono alte e dense come quelle nell'Amazzonia, dando un'occhiata più da vicino ai dati GEDI si possono osservare variazioni strutturali tra le due foreste, con ad esempio alberi molto più alti nel nord-ovest del Pacifico. GEDI può "vedere" nella foresta meglio di qualsiasi altro strumento, fornendo ai ricercatori indizi su come differiscono le conformazioni delle foreste terrestri.

"La quantità di carbonio che viene trattenuta nella superficie terrestre dagli alberi, e come sia cambiata nel tempo a causa di squilibri naturali, è l'aspetto meno compreso del ciclo globale del carbonio", ha affermato Dubayah. "Fino a quando non sapremo la quantità di carbonio attualmente presente nelle foreste terrestri e in che modo questa quantità sia cambiata negli ultimi 20-30 anni, avremo difficoltà a prevedere quanto carbonio le foreste continueranno ad assorbire in futuro e quale ruolo giocheremo nel contribuire a mitigare o accelerare le concentrazioni atmosferiche di biossido di carbonio".

Al di là delle preoccupazioni, molte parole di elogio sono state spese per il successo della missione; lo stesso Dubayah si congratula così: "Per me, questo è un risultato straordinario e riflette l'eccellenza dei nostri partner ingegneristici della NASA Goddard e dell'intero team scientifico GEDI".
I ricercatori , ha aggiunto, saranno anche in grado di ottenere ulteriori e significativi progressi nella precisione delle loro mappe e nel modellare la biodiversità in tutto il mondo e nel corso degli anni. In effetti, GEDI collabora con organizzazioni pubbliche e private che si dedicano alla ricerca e alla protezione della fauna selvatica in tutto il mondo, quindi può contare su di una forza lavoro non indifferente.

"Avendo dati sulle strutture verticali ovunque, sarà possibile individuare relazioni tra una data struttura e la diversità, l'abbondanza delle specie e la qualità dell'habitat", ha affermato Dubayah. Il team continuerà a calibrare il sistema LIDAR per ottenere sempre più dati precisi e rendere più accurati gli algoritmi di GEDI, in molti casi con l'aiuto di ricercatori di tutto il mondo.
Il vero vantaggio della tecnologia GEDI è una questione di tempistiche: la capacità di guardare la struttura forestale in modo globale consente di vedere una grande varietà di condizioni del manto della foresta, e questo è assodato. Ma la vera differenza con il passato è che ora si riesce ad osservare zone mai mappate prima e in tempi estremamente brevi. Si parla addirittura di mappature in 90 minuti.
Come ha dichiarato Michelle Hofton, co-investigatrice del progetto GEDI e professore di ricerca presso l'Università del Maryland. La Hofton spiega che effettuano spesso rilevazioni "in luoghi nei quali non siamo mai stati in grado di andare con strumenti aerei. Ora possiamo vedere diverse parti di queste aree ogni 90 minuti".

GEDI risponde direttamente alle priorità d'osservazione stabilite dalla National Academy of Sciences e dalla Direzione delle missioni scientifiche della NASA, che sottolineano la necessità di misurazioni delle strutture verticali tramite LIDAR per comprendere i fattori chiave del ciclo del carbonio e rispondere alle domande insite nella biodiversità.

Le informazioni derivanti dai laser di GEDI saranno il fulcro delle osservazioni della prossima generazione di missioni NASA, tra cui il NASA ISRO Synthetic Aperture Radar (NISAR) e Ice Cloud e Elevation Satellite-2 (ICESat-2, ve ne parlammo qualche tempo fa), tra le tante. Inoltre, GEDI collabora con il Centro aerospaziale tedesco (DLR) per scambiare i suoi dati con il team della missione TanDEM-X SAR (nell'immagine in alto), con cui condivide lo stesso obiettivo.

Un altro obiettivo importante della missione GEDI è legato ad una questione tutt'altro che secondaria: fornire spazio per la vita di altri organismi. Con le informazioni sulla struttura della vegetazione fornite da GEDI, in futuro sarà possibile caratterizzare la qualità dell'habitat per un gran numero di organismi diversi. In questo modo, GEDI non solo risponde alle domande sul carbonio presente nella vegetazione, ma contribuisce alla conservazione della biodiversità migliorando le conoscenze sulla qualità di un dato habitat.
Questi sono i risultati di investimenti e sforzi nati con l'intento di migliorare la comprensione che l'uomo ha dell'ambiente in cui vive. Può questo promettente progetto contribuire a trovare una soluzione agli enormi danni che l'uomo ha procurato alla Natura intera? Non spetta a noi dirlo, ma una cosa la si può dire: è necessario che lo sforzo sia collettivo, evitando di comportarsi e parlare con leggerezza e senza cognizione di causa, perché il problema che si cerca di arginare riguarda tutti noi, nessuno escluso.