Possiamo fidarci della comunità scientifica? Tutto ciò che dobbiamo sapere

Tutto quello che dovreste sapere sulla comunità e la ricerca scientifica: come vengono pubblicati gli studi scientifici?

Possiamo fidarci della comunità scientifica? Tutto ciò che dobbiamo sapere
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Se siete assidui frequentatori "dell'internet" (e se state leggendo questo articolo probabilmente lo siete) certamente sarete entrati in contatto qualche volta con il becero complottismo del "non ce lo dicono!!1!". Bello eh, l'internet. Ma di cosa si tratta, per i più distratti di voi? Si tratta dell'idea che la comunità scientifica scelga, sulla base di non si sa quale logica, una linea scientifica da mantenere a livello pubblico. Alcune cose si possono dire, altre non si possono dire, e chi lo dice? La comunità scientifica. O in alcune versioni ancora più fantasiose i cattivi sarebbero il nuovo ordine mondiale, o Big Pharma, che pagherebbero la comunità scientifica per non far uscire alcuni lavori. Ma quanti soldi hanno questi soggetti? Avete idea della quantità di studiosi che ci sono nel mondo? Per non parlare della diversità di ognuno.
Come se la comunità scientifica fosse una specie di dittatore che detta la linea di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e gli scienziati che non sono d'accordo se ne possono andare... a fare altro. Scopriamo assieme come funzionano gli studi scientifici, come viene gestito il dibattito e anche il dissenso.

Il tuo Nobel non vale nulla

"Mio caro divulgatore dei miei stivali, stai dicendo una cosa falsa perché Montagnier, che ha vinto un Nobel per la medicina (e tu non hai vinto un cavolo), dice una cosa diversa, e ha anche l'H index più alto del mondo!". Quante volte l'avremo sentito dire, ultimamente? Troppe. Ma parliamoci chiaro, nel dibattito scientifico aver vinto un premio Nobel (a proposito qui trovate 8 curiosità sul premio Nobel) non conta granché, non è garanzia di nulla. Il motivo è molto semplice: se il Nobel avesse un valore nel dibattito scientifico, la scienza sarebbe alla mercé dell'ipse dixit, cioè una cosa sarebbe vera solo perché è stata detta da "tizio" che è molto famoso, wow! In realtà, l'unico modo per avere una voce nel dibattito scientifico è attraverso gli studi scientifici. Non c'è altro, non ci sono idee, opinioni, "ho vinto mille premi, ascoltatemi". Nulla di tutto questo.

Hai degli studi (notare il plurale, di cui discuteremo più avanti) a sostegno di ciò che stai dicendo? Bene, vediamoli e discutiamone. Non hai degli studi? Non c'è alcun dibattito possibile (scientifico, s'intende). Questa è un'idea che fatica a farsi strada nella mente di chi non è abituato a masticare la scienza, in quanto si ha generalmente l'idea che chi vinca premi importanti (come il Nobel o altri riconoscimenti) ne sappia più degli altri, o che comunque la sua voce valga la pena di essere ascoltata. La verità è che anche le più grandi menti della storia della scienza hanno detto un mucchio di leggerezze durante la loro vita, oltre alle cose per cui sono poi divenuti famosi. Quello che viene detto da una singola persona nel mondo, chiunque essa sia, non conta assolutamente nulla, proprio per questo esiste la comunità scientifica.

Dall'esterno, questo atteggiamento potrebbe quasi far pensare che nella scienza non ci sia dibattito, che alcune questioni vengano bollate come cavolate a priori, ma la realtà è ben diversa (lo vedremo nel dettaglio), sui giornali specializzati il dialogo avviene quotidianamente, e quello è l'unico luogo adatto. Chiunque può partecipare al dibattito scientifico, purché abbia studiato e stia facendo ricerca in qualche campo della scienza.

Come si fa a entrare nella comunità scientifica?

Partiamo dalle basi: la scienza è estremamente diversificata e gli scienziati sono persone estremamente specializzate. A volte si dice, ironicamente, che uno scienziato sa tutto... di nulla. Ad esempio, chi vi scrive sta finendo una magistrale in astrofisica. Cosa ne può sapere, ad esempio, di fisica dei materiali? Quasi nulla, se non le basi delle basi. Non solo.

Continuando gli studi ci si specializzerà ulteriormente. Ad esempio, immaginiamo che uno studente si specializzi in astrobiologia (lo studio della vita nell'universo, ad esempio la vita su Europa). Bene, da astrobiologo ne saprà quasi nulla dei buchi neri (magari solo le basi), perché studierebbe altre cose. Ma di più, se da astrobiologo studiasse la vita su Titano (un satellite di Saturno), potrebbe sapere poco o nulla sui nuovi sviluppi riguardanti lo studio della vita su Marte. Le cose da sapere sono talmente tante su un singolo argomento che è umanamente impossibile essere davvero preparati su molte cose.
Se invece fossimo un astrobiologo specializzato che studia la vita su Titano (argomento su cui abbiamo scritto un articolo), di questo sapremmo tutto. Probabilmente saremmo uno dei massimi esperti della vita su Titano al mondo, tanto che se uno studioso volesse poi approfondire tale argomento, dovrebbe leggere i nostri lavori. Qualsiasi altro campo della scienza funziona allo stesso modo, gli esperti sono coloro che studiano un determinato pezzettino di Sapere, minuscolo, che loro e pochi altri conoscono meglio di chiunque.

Si vuole dunque entrare a far parte del dibattito scientifico riguardante i vaccini per il COVID-19? Non basta essere medici, si deve essere medici immunologi che svolgono ricerca nell'ambito dei vaccini Covid, che pubblicano studi riguardanti tale argomento. Solo allora saremmo entrati veramente nel vivo del dibattito scientifico.

Quindi per partecipare alla discussione scientifica si devono pubblicare articoli riguardanti una certa materia specifica, ma come si fa materialmente? Dove vengono pubblicati questi articoli?

Come funzionano gli articoli scientifici?

Facciamo un esempio pratico: per la nostra tesi triennale abbiamo fatto uno studio sulla generazione di nanoparticelle di rubidio su un campione nanoporoso in una camera a ultravuoto, inserendoci ovviamente in un contesto di ricerca ben avviato con due bravissimi professori e degli ottimi dottorandi. Un argomento molto specifica. Abbiamo in effetti trovato qualcosa di concreto e quindi scritto e pubblicato un articolo. Ma dove?

Studi del genere vengono pubblicati su riviste estremamente specialistiche, che vengono lette solo da specialisti che studiano le medesime cose. Nel caso in esame abbiamo pubblicato su una rivista che si chiama "Optical and Quantum Electronics". Tale rivista non è letta da fisici qualsiasi, ma da ricercatori specializzati, che studiano e sanno comprendere queste cose. Non avrebbe senso pubblicare lo stesso articolo su una rivista di astrofisica, perché 1. a nessuno importerebbe nulla di leggerla lì e 2. nessuno sarebbe in grado di comprenderla pienamente. Quindi abbiamo il nostro articolo e abbiamo capito che si deve scegliere la rivista adeguata. Ora lo pubblichiamo? No.
Una volta che un articolo è stato inviato all'editore della rivista più adeguata, viene sottoposto a quella che in gergo viene chiamata peer review. Questa è la parte più importante della vita di uno studio scientifico: l'editore si prende la briga di mandare l'articolo a degli esperti (che studiano cose simili o uguali a quelle trattate nell'articolo) che devono leggerlo, studiarlo e valutare che sia stato seguito un metodo adeguato, che sia plausibile, che non sia insomma una ciofeca.

Questi studiosi (la cui identità rimane segreta per evitare qualsiasi tipo di interferenza) devono quindi giudicare se l'articolo è scritto bene, se ci sono errori, parti poco chiare, eventualmente possono persino chiedere delle modifiche specifiche (ovviamente argomentando la loro richiesta con basi solide).

Può persino capitare che questi studiosi, altamente specializzati, non siano d'accordo fra loro su una o più questioni. In tal caso è l'editore che deve decidere se fidarsi di uno o di un altro, o se eventualmente non preferisce chiedere ulteriori pareri ad altri studiosi. L'articolo viene quindi dissezionato in ogni sua parte, in ogni suo numerino, calcolo, affermazione (quando la peer review è fatta bene).
In tal modo si riescono a ottenere due cose. La prima è l'incipit di un dibattito scientifico (che avviene indirettamente tra gli studiosi che devono revisionare l'articolo), la seconda è garantire che l'articolo abbia uno standard di qualità minimo, che sia scientifico e valido. Un articolo può quindi essere respinto, si possono richiedere delle modifiche ad alcune parti o può essere accettato e quindi venire pubblicato. Supponiamo che il nostro articolo venga quindi pubblicato, quella diventa automaticamente l'opinione della comunità scientifica? Ancora no.

Cosa accade dopo che un articolo è stato pubblicato?

Supponiamo di aver scoperto la nuova cura per il cancro (come questa particolare cura anti-tumore). Abbiamo fatto uno studio, ottenuto dei dati, abbiamo scritto un articolo, lo abbiamo fatto revisionare da un editore che lo ha fatto passare attraverso il meccanismo della peer review e viene finalmente pubblicato. Se manca anche solo uno di questi passaggi, l'articolo non ha alcun valore scientifico.

Ora che succede? Succede che altri medici ricercatori dello stesso settore vedono il nostro articolo sulla cura definitiva per il cancro e leggendolo ne sono estremamente affascinati: vogliono provare a ottenere gli stessi risultati! Nel nostro articolo noi avremo dettagliatamente descritto come abbiamo svolto il nostro studio, in quanto deve essere riproducibile da chiunque. Di più, noi vogliamo che venga riprodotto, perché questo dimostrerebbe che abbiamo ragione. Immaginiamo che un team di ricercatori universitari di Roma veda il nostro articolo, provi a riprodurlo e ci riesca, in tal caso pubblicheranno a loro volta un articolo in cui affermano che anche secondo loro la cura funziona. Un team di ricercatori di Zurigo fa la stessa ricerca e anche loro scoprono che funziona, e pubblicano. Si comincia ad avere un numero consistente di studi che danno per buona la nuova cura per il cancro. Se la stragrande maggioranza degli studi (tutti indipendenti) trova gli stessi risultati si comincia a credere che i risultati siano corretti e che la cura definitiva al cancro sia stata trovata. In tal caso, semplificando, questa diventa l'opinione ufficiale della comunità scientifica.
D'altra parte può accadere il contrario, un team di ricercatori prova a svolgere lo stesso studio e trova risultati contrastanti. E un altro ancora. Finché non si arriva alla conclusione che lo studio di partenza era semplicemente sbagliato, in buona o cattiva fede che fosse.

Ma si può essere in disaccordo con la comunità scientifica?

In linea di principio si può essere in disaccordo con la comunità scientifica? Si, ma è una posizione difficile. Se siamo contro un'idea ampiamente accettata, supportata da molti studi, provata e riprovata, diventa estremamente complesso difendere un'idea contraria. Mettiamoci nei panni di un ricercatore convinto che la sua cura funzioni, nonostante gran parte o tutta la comunità scientifica non sia d'accordo. Abbiamo capito che se la comunità scientifica non è d'accordo è perché molti studi non concordano (è solo questo il criterio con cui la comunità scientifica prende posizione).

In tal caso, per dimostrare che la comunità scientifica si sbaglia (e in alcuni casi può accadere) si deve produrre uno studio che dimostri che si ha ragione e poi proporre una ragione convincente sul perché tutti gli altri studi fino ad ora si potrebbero essere sbagliati. Questa seconda parte è fondamentale. Non si può ignorare il fatto che la stragrande maggioranza degli studi ci danno torto, si deve spiegare perché finora si sono tutti sbagliati. La scienza deve sempre essere falsificabile, ma con rigore e con un metodo preciso. Se lo studio è valido e le argomentazioni sono convincenti, si proverà a replicare. E poi di nuovo, e di nuovo, e di nuovo, finché non sarà chiaro a tutti che una delle parti è in errore.
Posizioni di questo tipo sono molto frequenti, ad esempio, nell'astrofisica, dove continuamente si cerca di mettere in dubbio la relatività generale proponendo idee alternative. Finora si sono tutte rivelate un buco nell'acqua. Ma è importante capire che articoli di dissenso, su qualsiasi argomento della scienza, non vengano in alcun modo censurati. Vengono pubblicati (se la metodologia con cui sono stati svolti è scientifica), vengono presi estremamente sul serio (e con interesse) e poi eventualmente vengono smentiti o confermati con altri studi, con i fatti.

Ci possiamo fidare?

Il punto è che il meccanismo è estremamente efficiente, e proprio questo ha permesso un progresso veloce ed efficace. Quindi ci si può fidare? Sì e no. Si deve essere consapevoli che l'errore è dietro l'angolo e che la scienza è tale se è falsificabile. Ma questo non significa che tutto ciò che dice la comunità scientifica sia sbagliato. Al contrario l'errore va gestito e trovato con una metodologia precisa, che ci garantisce di avvicinarci sempre di più alla verità, forse senza raggiungerla mai veramente. Ma che volete farci? Rimane lo strumento migliore a disposizione dell'umanità.