K7 Argon, Thunderbird, Palomino, Sledgehammer, Newcastle, Venice, San Diego, Orleans, Lima. Prima dei nomi dei pittori, erano questi i nomi in codice delle CPU AMD. Se oggi il cavallo di battaglia si chiama Ryzen, disponibile dal 2017 nel mercato consumer, anni addietro erano ben altri i processori che hanno fatto la storia, gli Athlon. La battaglia tra AMD e Intel ebbe ufficialmente inizio proprio verso la fine degli anni Novanta. Nel decennio precedente le due compagnie erano legate strettamente da un importante accordo commerciale. Con la sua conclusione nel 1986, AMD si concesse alcuni anni per lavorare sulla sua prima famiglia di microprocessori, fino ad arrivare alla svolta definitiva nota come Athlon. Ripercorriamone insieme la storia, tra successi e passi falsi.
Il percorso verso Athlon
Il periodo tra 1990 e 2000 segnò per sempre la storia dei microprocessori. Intel Corporation, allora guidata dall'erede del leggendario Gordon Moore, Andrew Grove, stava dominando il mercato con la linea Pentium.
In un'era in cui i Macintosh lottavano con il Commodore 64 ed entrambi sovrastavano i PC IBM, il colosso di Santa Clara stava guidando la marcia dei personal computer verso il nuovo millennio. L'architettura P5 dei primi Pentium trainò Intel nella prima metà degli anni Novanta, seguita dall'aggiornamento P6 per i Pentium Pro, Pentium II e Pentium III. Chiave fu poi il passaggio alla famigerata architettura NetBurst, la quale si rivelò un grattacapo non da poco: nonostante le previsioni per la velocità di clock arrivassero alla cifra monstre di 10 GHz, a causa di problemi con la dissipazione del calore fu arduo raggiungere i 3,8 GHz, risultato che convinse i tecnici Intel a tentare la sorte con la revisione Prescott, vista nel Pentium 4 Extreme Edition e nota per consumi energetici e calore elevati. Infine, arrivarono i recenti Intel Core.
Nel mentre, dopo anni di lavoro come produttore terzo per Intel, l'allora emergente Advanced Micro Devices decise di agire e offrire un'alternativa ai consumatori. Furono necessari 18 mesi affinché la società riuscisse a effettuare reverse-engineering sul processore Intel 80386, dando vita così al chip Am386. Ignari di questa battaglia dietro le quinte, però, i consumatori scoprirono i numerosi vantaggi del chip derivato: performance superiori, meno calore generato, maggiore efficienza energetica e, soprattutto, costi inferiori.
Con questi risultati, AMD riuscì a firmare un accordo a lungo termine con Compaq e iniziò a fornire loro l'immediato successore, il chip Am486. In questo modo il monopolio Intel venne meno, tanto che nel 1995 AMD raggiunse una quota di mercato pari al 40% e un anno dopo la società creò il suo primo processore x86 denominato K5, dove la "K" sta per Kryptonite, ammiccando chiaramente all'arcinemesi di Intel.
Fino al 1999 l'evoluzione dei K5 e successivi K6 fece sì che il pubblico percepisse AMD come un produttore di spessore, capace di porre fine al dominio Intel nel futuro prossimo, ma fu proprio nel biennio 1999-2000 che la società, guidata ancora dal fondatore Jerry Sanders, fece la sua grande mossa. La generazione K6-III vedeva i costi di produzione elevarsi a livelli insostenibili e, nonostante la sorprendente velocità massima di 550 MHz su PC dal prezzo inferiore ai 1.000 Dollari (traguardo allora entusiasmante), divenne chiaramente necessario cambiare strada, portando allo sviluppo dei primi Athlon.
Quando Athlon fece la storia
Gli amanti della tecnologia, nostalgici e lettori di una certa annata ricorderanno certamente l'emergere della gamma Athlon.
La settima generazione di processori targati AMD fu cruciale ai fini del successo della società che, dopo un debutto convincente, doveva solo dimostrare di non essere un Icaro prossimo a cadere, come insegna la storia del gigante delle schede video 3dfx. Per raggiungere tale scopo, AMD decise che era tempo di tagliare definitivamente il legame con Intel rinunciando al connettore Slot 1 sulla scheda madre. Con il passaggio ad Athlon, AMD lanciò lo Slot A, dal voltaggio inferiore e dal bus differente. Athlon fu la prima CPU desktop a superare la barriera di 1GHz di clock, addirittura arrivando a 1,4 GHz. Inoltre, fu il primo processore a compiere la transizione dal rame all'alluminio per i conduttori, riuscendo così a utilizzare meno energia e garantire performance superiori rispetto ai rivali. In altri termini, il primo processore AMD Athlon era il modello x86 più veloce al mondo, per giunta proposto a un prezzo di acquisto a dir poco concorrenziale.
La prima generazione di Athlon (nota come K7 Argon o Athlon Classic) fino al 2002 non ebbe rivali: godeva di velocità superiori del 10% rispetto al Pentium III con la medesima frequenza di clock durante attività quotidiana, o del 20% durante il gaming. AMD optò, in questo caso, per il blocco dell'overclock, in quanto comportava particolare instabilità, prediligendo un prodotto solido senza la necessità di spingerlo oltre i limiti posti. Ciò non recò fastidio ai consumatori più "smanettoni" che, anzi, vennero soddisfatti tra 2000 e 2001 con la seconda generazione Thunderbird. La differenza chiave di questa versione aggiornata era l'implementazione di un design esclusivo per la cache, aumentando la dimensione complessiva di 256 KB e garantendo al contempo performance superiori e maggiore stabilità.
Parallelamente, sempre nel 2001, AMD rilasciò il processore Athlon XP, prima nella versione mobile denominata Corvette, poi nella variante desktop di terza generazione Palomino. Il nome della CPU era un chiaro richiamo a Windows XP, nonostante il vero significato fosse "extended performance": si trattava di un processore dal consumo inferiore del 20% rispetto al predecessore Thunderbird, con meno genesi di calore e dalle prestazioni superiori del 10%.
Palomino fu il primo core di settima generazione a includere l'istruzione SSE (Streaming SIMD Extensions) sviluppata da Intel per i suoi Pentium III, come anche la tecnologia proprietaria 3DNow! Professional, dedicata all'aumento delle prestazioni durante il gaming con titoli dalla grafica 3D.
Testa a testa con Intel
Dopo Palomino ci furono anche Thorton e la più performante Barton, rilasciate tra 2001 e 2004 e ormai era chiaro: il testa a testa con Intel era nel vivo. I primi processori NetBurst denominati Pentium 4 riuscirono a raggiungere dunque specifiche vicine ai modelli rivali, infine proponendo sul mercato la serie Pentium Extreme Edition tra 2005 e 2006 con frequenze minime pari a 2.66 GHz e massime fino a 3.73 GHz nel caso del core Presler XE, dotato poi di 4 MB di cache L2 - un salto importante rispetto ai 512 KB a cui si era abituati. Anche in questo caso, però, la risposta arrivò tardi rispetto ad AMD.
Dopo il debutto della gamma Athlon nel 1999, Jerry Sanders passò il testimone a Hector Ruiz, ingegnere messicano che dopo 22 anni di esperienza con Motorola era pronto a portare il suo know-how all'interno di AMD. La sua esperienza con l'azienda non fu del tutto positiva sul lungo termine e coprì il ruolo di CEO fino al 2008, anno in cui si dimise in seguito alla conferma dei risultati finanziari di AMD, ovvero sette trimestri consecutivi di perdita.
Nonostante ciò, siccome era il momento di rinnovare la serie di processori consumer, egli guidò la creazione della nona generazione di microprocessori, la terza sotto il nome Athlon: il 23 settembre 2003 arrivò sul mercato Athlon 64, la prima gamma di CPU consumer con architettura AMD64 a 64-bit retrocompatibile con istruzioni x86 a 32-bit. Il suo lancio fu interessante e anche chiara manifestazione della rivalità con Intel Corporation. Il progetto originale del primo Athlon 64 FX, denominato Athlon FX-51 o Sledgehammer, era basato sul core Opteron (CPU per server e workstation rilasciata nell'aprile dello stesso anno) prodotto su nodo a 130 nanometri e non si rivelò propriamente economico, dato che il costo al lancio fu pari a 733 Dollari.
Su questo dettaglio fece leva Intel una settimana dopo con il lancio di Pentium 4 Extreme Edition, processore creato proprio per competere con l'Athlon 64 FX, che però veniva venduto intorno ai 1.200 Dollari. Sia AMD, sia parte della stampa iniziarono a chiamare questa gamma "Emergency Edition" o "Expensive Edition", ma una certa emergenza sussisteva anche all'interno della catena di produzione del team rosso: per i primi mesi, la società non riuscì a soddisfare la forte domanda del pubblico e calò la produzione a 100.000 chip al mese.
La critica non diede troppo peso a questi disguidi tecnici e, anzi, portali come PC World definirono il primo Athlon FX-51 "il processore più veloce al mondo", capace di sconfiggere agilmente il P4 Extreme Edition della casa rivale.
Osservando attentamente le recensioni di allora, notiamo però un testa a testa intrigante lato performance. Per confronto, abbiamo il Pentium 4 Extreme Edition "Smithfield XE" da 3,2 GHz di clock con 512K di cache L2 e 2MB di cache L3, per un TDP di 130W; contro, troviamo l'Athlon 64 FX-51 con 1 MB di cache L2 e frequenza di clock base a 2,2 GHz, per un TDP di 89W. I benchmark di allora dimostrarono un chiaro successo dell'Athlon 64 FX-51 nelle performance lato memoria, complice il controller integrato sulla CPU. Anche la latenza era nettamente inferiore rispetto al rivale, con 52 nanosecondi contro 68 nanosecondi.
In ambito gaming la diatriba si fa più interessante: nella demo di Unreal Tournament 2003 il processore di punta AMD registrò performance superiori al P4 Extreme Edition, mentre su Quake III Arena fu la cache L3 del prodigio Intel ad avere la meglio. Il sorpasso avvenne nuovamente con il lieve vantaggio di AMD su Wolfenstein: Enemy Territory, mentre su Comanche 4 ancora una volta la cache L3 riuscì a trainare il Pentium 4 per pochi FPS in più.
Grande vantaggio fu invece ottenuto dall'Athlon 64 FX-51 su Serious Sam SE. Nei test di 3DMark03 Intel ottenne un punteggio migliore, ma per singole CPU i chip Athlon 64 mostrarono dati migliori. Infine, se nel rendering Cinebench 2003 il P4 a 3,2 GHz fece faville, nello shading fu l'Athlon 64 FX-51 a dominare.
In poche parole, è ben chiaro come si sia trattato di una sfida all'ultimo benchmark tra i due pupilli di Intel e AMD: gli Athlon 64 sin dal debutto mostrarono pochi punti deboli grazie al supporto SSE2 e all'accesso rapido alla memoria, mentre i Pentium 4 Extreme Edition si rivelarono più capaci sul rendering 3D grazie alla cache L3 e all'Hyper-Threading migliorato. Tuttavia, risulta altrettanto palese che se AMD avesse puntato le fiches sulla cache L3 tanto quanto Intel, con ogni probabilità avrebbe avuto la meglio. Il confronto va fatto anche in termini di ottimizzazione e accessibilità: la gamma ammiraglia di AMD costava quasi la metà del rivale Intel, per un consumo energetico inferiore e anche una generazione di calore nettamente più bassa.
L'ultimo dominio
I problemi per AMD giunsero negli anni seguenti. Con l'abbandono dell'architettura NetBurst e il passaggio alla nota architettura Core, dal 2007 in avanti il team blu riuscì a recuperare quello svantaggio accumulato nel rapporto qualità/prezzo abbassando i consumi e i prezzi mentre le prestazioni miglioravano. Fu soprattutto la generazione Sandy Bridge nel 2011 a riportare Intel sul gradino più alto del podio.
La sfida del 2011: Sandy Bridge...
...contro AMD FX
Dopo Athlon 64, la gamma FX rilasciata nel 2011 fu infatti accolta negativamente dalla critica: nonostante allora riuscì a superare il Guinness World Record del processore più veloce al mondo con ben 8.429 GHz, le performance erano inferiori rispetto alle aspettative e all'equivalente del rivale, il consumo energetico superiore e dunque la performance per watt peggiore.
Parte di questo declino potrebbe essere dovuto all'acquisizione di ATI Technologies nel 2006 e all'approdo di AMD nel mercato delle GPU, ergo a un caos interno dato dalla necessità di riformare la società. Proprio grazie ad ATI Technologies, ora incorporata in AMD, il produttore diede vita alla gamma di APU Fusion, utilizzata anche su PlayStation 4, Xbox One e Wii U in varianti semi-personalizzate.
Da lì, però, il silenzio: la necessità di una riorganizzazione interna ad AMD si palesò nel corso degli anni seguenti e, per ben sei anni, tutto ciò che uscì dalle fabbriche per conto suo furono riprogettazioni della famiglia FX di scarso successo. Nel 2014, sotto la guida di Rory Read e poi Lisa Su, che oggi gli amanti del team rosso accoglieranno forse come "la salvezza di AMD", arrivarono i primi cambiamenti chiave. Tre anni dopo, Lisa Su presentò al mercato le nuove famiglie Ryzen 1000, Threadripper 1000, le APU Ryzen 2000 e la gamma EPYC. E la storia che seguì la conosciamo bene.
Quando AMD sfidò Intel: storia e successi delle CPU Athlon
La sfida tra AMD e Intel risale a molti anni fa: nacque con il chip Am386 e raggiunse il picco con Athlon, il cavallo di battaglia pre-Ryzen.
K7 Argon, Thunderbird, Palomino, Sledgehammer, Newcastle, Venice, San Diego, Orleans, Lima. Prima dei nomi dei pittori, erano questi i nomi in codice delle CPU AMD. Se oggi il cavallo di battaglia si chiama Ryzen, disponibile dal 2017 nel mercato consumer, anni addietro erano ben altri i processori che hanno fatto la storia, gli Athlon.
La battaglia tra AMD e Intel ebbe ufficialmente inizio proprio verso la fine degli anni Novanta. Nel decennio precedente le due compagnie erano legate strettamente da un importante accordo commerciale. Con la sua conclusione nel 1986, AMD si concesse alcuni anni per lavorare sulla sua prima famiglia di microprocessori, fino ad arrivare alla svolta definitiva nota come Athlon. Ripercorriamone insieme la storia, tra successi e passi falsi.
Il percorso verso Athlon
Il periodo tra 1990 e 2000 segnò per sempre la storia dei microprocessori. Intel Corporation, allora guidata dall'erede del leggendario Gordon Moore, Andrew Grove, stava dominando il mercato con la linea Pentium.
In un'era in cui i Macintosh lottavano con il Commodore 64 ed entrambi sovrastavano i PC IBM, il colosso di Santa Clara stava guidando la marcia dei personal computer verso il nuovo millennio.
L'architettura P5 dei primi Pentium trainò Intel nella prima metà degli anni Novanta, seguita dall'aggiornamento P6 per i Pentium Pro, Pentium II e Pentium III. Chiave fu poi il passaggio alla famigerata architettura NetBurst, la quale si rivelò un grattacapo non da poco: nonostante le previsioni per la velocità di clock arrivassero alla cifra monstre di 10 GHz, a causa di problemi con la dissipazione del calore fu arduo raggiungere i 3,8 GHz, risultato che convinse i tecnici Intel a tentare la sorte con la revisione Prescott, vista nel Pentium 4 Extreme Edition e nota per consumi energetici e calore elevati. Infine, arrivarono i recenti Intel Core.
Nel mentre, dopo anni di lavoro come produttore terzo per Intel, l'allora emergente Advanced Micro Devices decise di agire e offrire un'alternativa ai consumatori. Furono necessari 18 mesi affinché la società riuscisse a effettuare reverse-engineering sul processore Intel 80386, dando vita così al chip Am386. Ignari di questa battaglia dietro le quinte, però, i consumatori scoprirono i numerosi vantaggi del chip derivato: performance superiori, meno calore generato, maggiore efficienza energetica e, soprattutto, costi inferiori.
Con questi risultati, AMD riuscì a firmare un accordo a lungo termine con Compaq e iniziò a fornire loro l'immediato successore, il chip Am486. In questo modo il monopolio Intel venne meno, tanto che nel 1995 AMD raggiunse una quota di mercato pari al 40% e un anno dopo la società creò il suo primo processore x86 denominato K5, dove la "K" sta per Kryptonite, ammiccando chiaramente all'arcinemesi di Intel.
Fino al 1999 l'evoluzione dei K5 e successivi K6 fece sì che il pubblico percepisse AMD come un produttore di spessore, capace di porre fine al dominio Intel nel futuro prossimo, ma fu proprio nel biennio 1999-2000 che la società, guidata ancora dal fondatore Jerry Sanders, fece la sua grande mossa. La generazione K6-III vedeva i costi di produzione elevarsi a livelli insostenibili e, nonostante la sorprendente velocità massima di 550 MHz su PC dal prezzo inferiore ai 1.000 Dollari (traguardo allora entusiasmante), divenne chiaramente necessario cambiare strada, portando allo sviluppo dei primi Athlon.
Quando Athlon fece la storia
Gli amanti della tecnologia, nostalgici e lettori di una certa annata ricorderanno certamente l'emergere della gamma Athlon.
La settima generazione di processori targati AMD fu cruciale ai fini del successo della società che, dopo un debutto convincente, doveva solo dimostrare di non essere un Icaro prossimo a cadere, come insegna la storia del gigante delle schede video 3dfx. Per raggiungere tale scopo, AMD decise che era tempo di tagliare definitivamente il legame con Intel rinunciando al connettore Slot 1 sulla scheda madre. Con il passaggio ad Athlon, AMD lanciò lo Slot A, dal voltaggio inferiore e dal bus differente.
Athlon fu la prima CPU desktop a superare la barriera di 1GHz di clock, addirittura arrivando a 1,4 GHz. Inoltre, fu il primo processore a compiere la transizione dal rame all'alluminio per i conduttori, riuscendo così a utilizzare meno energia e garantire performance superiori rispetto ai rivali.
In altri termini, il primo processore AMD Athlon era il modello x86 più veloce al mondo, per giunta proposto a un prezzo di acquisto a dir poco concorrenziale.
La prima generazione di Athlon (nota come K7 Argon o Athlon Classic) fino al 2002 non ebbe rivali: godeva di velocità superiori del 10% rispetto al Pentium III con la medesima frequenza di clock durante attività quotidiana, o del 20% durante il gaming.
AMD optò, in questo caso, per il blocco dell'overclock, in quanto comportava particolare instabilità, prediligendo un prodotto solido senza la necessità di spingerlo oltre i limiti posti. Ciò non recò fastidio ai consumatori più "smanettoni" che, anzi, vennero soddisfatti tra 2000 e 2001 con la seconda generazione Thunderbird. La differenza chiave di questa versione aggiornata era l'implementazione di un design esclusivo per la cache, aumentando la dimensione complessiva di 256 KB e garantendo al contempo performance superiori e maggiore stabilità.
Parallelamente, sempre nel 2001, AMD rilasciò il processore Athlon XP, prima nella versione mobile denominata Corvette, poi nella variante desktop di terza generazione Palomino. Il nome della CPU era un chiaro richiamo a Windows XP, nonostante il vero significato fosse "extended performance": si trattava di un processore dal consumo inferiore del 20% rispetto al predecessore Thunderbird, con meno genesi di calore e dalle prestazioni superiori del 10%.
Palomino fu il primo core di settima generazione a includere l'istruzione SSE (Streaming SIMD Extensions) sviluppata da Intel per i suoi Pentium III, come anche la tecnologia proprietaria 3DNow! Professional, dedicata all'aumento delle prestazioni durante il gaming con titoli dalla grafica 3D.
Testa a testa con Intel
Dopo Palomino ci furono anche Thorton e la più performante Barton, rilasciate tra 2001 e 2004 e ormai era chiaro: il testa a testa con Intel era nel vivo. I primi processori NetBurst denominati Pentium 4 riuscirono a raggiungere dunque specifiche vicine ai modelli rivali, infine proponendo sul mercato la serie Pentium Extreme Edition tra 2005 e 2006 con frequenze minime pari a 2.66 GHz e massime fino a 3.73 GHz nel caso del core Presler XE, dotato poi di 4 MB di cache L2 - un salto importante rispetto ai 512 KB a cui si era abituati. Anche in questo caso, però, la risposta arrivò tardi rispetto ad AMD.
Dopo il debutto della gamma Athlon nel 1999, Jerry Sanders passò il testimone a Hector Ruiz, ingegnere messicano che dopo 22 anni di esperienza con Motorola era pronto a portare il suo know-how all'interno di AMD. La sua esperienza con l'azienda non fu del tutto positiva sul lungo termine e coprì il ruolo di CEO fino al 2008, anno in cui si dimise in seguito alla conferma dei risultati finanziari di AMD, ovvero sette trimestri consecutivi di perdita.
Nonostante ciò, siccome era il momento di rinnovare la serie di processori consumer, egli guidò la creazione della nona generazione di microprocessori, la terza sotto il nome Athlon: il 23 settembre 2003 arrivò sul mercato Athlon 64, la prima gamma di CPU consumer con architettura AMD64 a 64-bit retrocompatibile con istruzioni x86 a 32-bit. Il suo lancio fu interessante e anche chiara manifestazione della rivalità con Intel Corporation. Il progetto originale del primo Athlon 64 FX, denominato Athlon FX-51 o Sledgehammer, era basato sul core Opteron (CPU per server e workstation rilasciata nell'aprile dello stesso anno) prodotto su nodo a 130 nanometri e non si rivelò propriamente economico, dato che il costo al lancio fu pari a 733 Dollari.
Su questo dettaglio fece leva Intel una settimana dopo con il lancio di Pentium 4 Extreme Edition, processore creato proprio per competere con l'Athlon 64 FX, che però veniva venduto intorno ai 1.200 Dollari. Sia AMD, sia parte della stampa iniziarono a chiamare questa gamma "Emergency Edition" o "Expensive Edition", ma una certa emergenza sussisteva anche all'interno della catena di produzione del team rosso: per i primi mesi, la società non riuscì a soddisfare la forte domanda del pubblico e calò la produzione a 100.000 chip al mese.
La critica non diede troppo peso a questi disguidi tecnici e, anzi, portali come PC World definirono il primo Athlon FX-51 "il processore più veloce al mondo", capace di sconfiggere agilmente il P4 Extreme Edition della casa rivale.
Osservando attentamente le recensioni di allora, notiamo però un testa a testa intrigante lato performance. Per confronto, abbiamo il Pentium 4 Extreme Edition "Smithfield XE" da 3,2 GHz di clock con 512K di cache L2 e 2MB di cache L3, per un TDP di 130W; contro, troviamo l'Athlon 64 FX-51 con 1 MB di cache L2 e frequenza di clock base a 2,2 GHz, per un TDP di 89W. I benchmark di allora dimostrarono un chiaro successo dell'Athlon 64 FX-51 nelle performance lato memoria, complice il controller integrato sulla CPU. Anche la latenza era nettamente inferiore rispetto al rivale, con 52 nanosecondi contro 68 nanosecondi.
In ambito gaming la diatriba si fa più interessante: nella demo di Unreal Tournament 2003 il processore di punta AMD registrò performance superiori al P4 Extreme Edition, mentre su Quake III Arena fu la cache L3 del prodigio Intel ad avere la meglio. Il sorpasso avvenne nuovamente con il lieve vantaggio di AMD su Wolfenstein: Enemy Territory, mentre su Comanche 4 ancora una volta la cache L3 riuscì a trainare il Pentium 4 per pochi FPS in più.
Grande vantaggio fu invece ottenuto dall'Athlon 64 FX-51 su Serious Sam SE. Nei test di 3DMark03 Intel ottenne un punteggio migliore, ma per singole CPU i chip Athlon 64 mostrarono dati migliori. Infine, se nel rendering Cinebench 2003 il P4 a 3,2 GHz fece faville, nello shading fu l'Athlon 64 FX-51 a dominare.
In poche parole, è ben chiaro come si sia trattato di una sfida all'ultimo benchmark tra i due pupilli di Intel e AMD: gli Athlon 64 sin dal debutto mostrarono pochi punti deboli grazie al supporto SSE2 e all'accesso rapido alla memoria, mentre i Pentium 4 Extreme Edition si rivelarono più capaci sul rendering 3D grazie alla cache L3 e all'Hyper-Threading migliorato. Tuttavia, risulta altrettanto palese che se AMD avesse puntato le fiches sulla cache L3 tanto quanto Intel, con ogni probabilità avrebbe avuto la meglio. Il confronto va fatto anche in termini di ottimizzazione e accessibilità: la gamma ammiraglia di AMD costava quasi la metà del rivale Intel, per un consumo energetico inferiore e anche una generazione di calore nettamente più bassa.
L'ultimo dominio
I problemi per AMD giunsero negli anni seguenti. Con l'abbandono dell'architettura NetBurst e il passaggio alla nota architettura Core, dal 2007 in avanti il team blu riuscì a recuperare quello svantaggio accumulato nel rapporto qualità/prezzo abbassando i consumi e i prezzi mentre le prestazioni miglioravano. Fu soprattutto la generazione Sandy Bridge nel 2011 a riportare Intel sul gradino più alto del podio.
La sfida del 2011: Sandy Bridge...
...contro AMD FX
Dopo Athlon 64, la gamma FX rilasciata nel 2011 fu infatti accolta negativamente dalla critica: nonostante allora riuscì a superare il Guinness World Record del processore più veloce al mondo con ben 8.429 GHz, le performance erano inferiori rispetto alle aspettative e all'equivalente del rivale, il consumo energetico superiore e dunque la performance per watt peggiore.
Parte di questo declino potrebbe essere dovuto all'acquisizione di ATI Technologies nel 2006 e all'approdo di AMD nel mercato delle GPU, ergo a un caos interno dato dalla necessità di riformare la società. Proprio grazie ad ATI Technologies, ora incorporata in AMD, il produttore diede vita alla gamma di APU Fusion, utilizzata anche su PlayStation 4, Xbox One e Wii U in varianti semi-personalizzate.
Da lì, però, il silenzio: la necessità di una riorganizzazione interna ad AMD si palesò nel corso degli anni seguenti e, per ben sei anni, tutto ciò che uscì dalle fabbriche per conto suo furono riprogettazioni della famiglia FX di scarso successo. Nel 2014, sotto la guida di Rory Read e poi Lisa Su, che oggi gli amanti del team rosso accoglieranno forse come "la salvezza di AMD", arrivarono i primi cambiamenti chiave. Tre anni dopo, Lisa Su presentò al mercato le nuove famiglie Ryzen 1000, Threadripper 1000, le APU Ryzen 2000 e la gamma EPYC. E la storia che seguì la conosciamo bene.
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