Realtà virtuale: i dubbi sul futuro dell’intrattenimento

Il 2016 sembra essere l'anno della realtà virtuale, ma la verità è che ci vorrà ancora molto tempo prima che i visori si affermino definitivamente, dando inizio a una nuova era nell'intrattenimento.

Realtà virtuale: i dubbi sul futuro dell’intrattenimento
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La realtà virtuale è entrata prepotentemente nella scena tecnologica mondiale. Tutte le maggiori aziende al mondo si stanno preparando per quello che sembra essere il più grande affare degli ultimi anni, una tecnologia nuova che crea una nuova categoria di prodotti, in grado potenzialmente di cambiare la fruizione dei contenuti multimediali e di generare profitti miliardari. Ormai siamo già a uno stadio di sviluppo piuttosto avanzato, non tanto per quanto riguarda la tecnologia in sé, quanto più per la definizione dell'ecosistema che ruota intorno ad essa. I visori infatti sono solo la punta dell'iceberg, perché la realtà virtuale necessita di una potenza computazionale elevata e di accessori dedicati, senza dimenticare tutto l'ecosistema software, dai giochi agli applicativi per crearli, che devono supportare gli sviluppatori nella creazione dei contenuti. Il giro d'affari dunque sarà enorme e toccherà realtà anche molto diverse. Ora però, sembra giunto il momento di fare un passo indietro e di guardare questo fenomeno non dal punto di vista dell'appassionato di tecnologia, inquadrandolo in modo più critico. Ma perché fare tutto questo? Semplicemente perché la VR, allo stato attuale, è soltanto all'inizio del suo sviluppo e di certo non è adatta a veicolare tutti i tipi di contenuti, motivo per cui potrebbero volerci anni prima che i mondi virtuali entrino davvero nelle nostre vite.

Realtà virtuale per scettici

Google, Samsung, AMD, NVIDIA, HTC e Oculus sono solo alcune delle aziende che stanno spingendo per la diffusione della realtà virtuale. Gli investimenti sono stati ingenti e di certo non riguardano solo il periodo recente. Per creare le tecnologie impiegate nei visori e tutto l'ecosistema software sono stati necessari anni di sviluppo, tant'è che di realtà virtuale si parla ormai da decenni. Il primo visore per la VR è stato infatti creato nella seconda metà degli anni sessanta da Ivan Edward Sutherland, pioniere di internet e scienziato, vincitore anche di un Premio Turing: era molto diverso da quelli moderni e pesava talmente tanto da dover essere appeso al soffitto, da qui il nomignolo "Spada di Damocle". In tutto questo tempo la realtà virtuale non ha mai trovato spazio al di fuori del campo scientifico o di ricerca, o per lo meno non è mai riuscita ad arrivare agli utenti comuni. I motivi vanno dall'elevata complessità delle tecnologie legate ai visori di vecchia generazione ai costi assolutamente proibitivi, che non hanno permesso di rendere la VR disponibile al pubblico. Oggi invece l'avanzamento dei processi produttivi e in generale della tecnologia permette di avere visori relativamente economici, almeno in confronto a quelli di qualche anno fa, e di dimensioni contenute, pronti per il pubblico finale. Ma quanti sono disposti oggi a spendere tra le 700 e i 1000 euro per avere tra le mani prodotti che, di fatto, sono ancora lontani dall'essere perfetti?
Sia chiaro, la qualità raggiunta dalle esperienze virtuali è elevata e Oculus e Vive rappresentano il meglio attualmente disponibile, ma il lavoro da fare è ancora lungo. Il reticolo di pixel, seppur diminuito tantissimo, è ancora presente, creando una barriera percettiva non di poco conto, che diminuisce il senso di immersione. Come si fa a considerare davvero reale un mondo digitale osservato attraverso i pixel?

Altra criticità che non ha ancora trovato una risposta è l'interazione con gli ambienti virtuali. HTC Vive ha cercato di porvi rimedio attraverso un controller proprietario mentre Oculus, focalizzata maggiormente sul gaming, ha deciso di puntare sui joypad tradizionali. Periferiche funzionali e adatte ai due prodotti, ma che non permettono un'immersività totale nei mondi digitali, quella che ha fatto della VR un argomento perfetto per libri e film a tema, creando un immaginario collettivo ben definito, in cui anche il corpo diventa un alter ego digitale. La realtà è tangibile, fisica, ed è ricreata non solo attraverso la vista, ma anche con tutti gli altri sensi, dal tatto all'olfatto, tutti elementi attualmente esclusi dalle esperienze virtuali. Esperienze che, come abbiamo provato sulla nostra pelle, non precludono ancora disagi come nausea e mal di testa. Questo punto è importante perché, soprattutto nel gaming, il tempo di utilizzo aumenta molto e non tutti sono in grado di fruire degli attuali visori senza disagi, che tuttavia rimangono casuali e variano molto da persona a persona.

Cosa fare col visore?

Molto spesso, quando si parla di VR, si dà troppa importanza alla tecnologia e all'effetto "wow", ma ci si dimentica della cosa più importante: il contenuto. Allo stato attuale, il gaming sembra essere l'unico settore in cui questi visori possono essere impiegati in modo intensivo dal pubblico finale, anche se di vere e proprie killer application, che sfruttano al massimo le peculiarità dei nuovi device, non ce ne sono. Sviluppare un titolo esclusivamente per la realtà virtuale sarebbe assurdo oggi, dato il basso numero di visori in commercio, senza contare che il motion sickness potrebbe ridurre i tempi di gioco, costringendo gli utenti più sensibili a pause tra una sessione e l'altra. Nonostante questo, i videogiochi rimangono il modo migliore per sfruttare Oculus e Vive, soprattutto in prospettiva. Del resto il loro sviluppo è iniziato proprio per questo, anche se in seguito i campi di utilizzo si sono diversificati, offrendo esperienze cinematografiche virtuali oppure sfruttando contenuti prodotti nel corso di eventi live o addirittura realizzati da comuni utilizzatori.
A proposito di VR accostata al cinema, i dubbi aumentano molto in questo campo. Tralasciando produzioni particolari e incentrate sulla realtà virtuale, che possono sfruttare bene questo mezzo di comunicazione per fini artistici, il cinema tradizionale farà molta più resistenza all'arrivo di queste tecnologie. I motivi sono diversi, dai costi per attrezzare le sale alla diversa impostazione che si dovrebbe necessariamente dare alle scene. Ma c'è un altro fattore da approfondire, cioè il punto di vista del regista. Pensiamo a un capolavoro come Pulp Fiction: cosa sarebbe senza le inquadrature e l'espressività visiva di Tarantino, che ha marchiato questa pellicola con il suo stile inconfondibile? Fin dalla nascita del cinema siamo stati abituati ad essere guidati dal regista all'interno del tessuto filmico, ma con le capacità di tracciamento dei movimenti dei visori saremo noi a scegliere cosa osservare all'interno della scena. Appare probabile che in futuro il cinema offrirà sia un intrattenimento di tipo tradizionale sia virtuale, con contenuti differenziati per i visori. Allo stato attuale tuttavia non ci sono contenuti filmici in grado di elevare la realtà virtuale al livello del cinema classico, anche se i primi esperimenti mostrati al Sundance Film Festival di quest'anno promettono bene, almeno per i contenuti espressamente pensati per la VR.

Diverso invece il discorso per quanto riguarda il mondo mobile, che ha saputo cogliere fin da subito la palla al balzo, complice anche la presenza sul mercato di visori a basso costo. YouTube è un'ottima fonte per trovare contenuti, ma in questo caso la qualità dell'esperienza virtuale cala molto rispetto a quella ottenibile con Oculus e Vive nei giochi. Il fatto di trovarsi davanti a filmati precostruiti inoltre abbassa molto il livello di immersività, vista l'interattività limitata al solo movimento del capo. Sempre in campo mobile sono disponibili diverse app che sfruttano gli schermi degli smartphone e i visori ad essi dedicati, alcune anche interessanti da un punto di vista visivo, ma resta il fatto che si tratta di un intrattenimento pensato per essere fruito a piccole dosi, offrendo un'esperienza all'inizio gratificante ma che potrebbe scemare nell'impatto visivo a mano a mano che viene usata.
Considerati tutti questi fattori, la verità è che ci vorrà tempo prima di vedere contenuti virtuali in abbondanza, in ambito ludico ma anche negli altri contesti d'uso. Tutto dipenderà dalla diffusione che riusciranno a raggiungere Vive e Oculus, gli unici prodotti ad offrire un'esperienza di livello, non priva di difetti ma comunque apprezzabile. L'alto costo dei due dispositivi, a cui va sommato quello dell'hardware per giocare in modo ottimale (problema non presente nel caso di contenuti video), pone un serio limite alla diffusione dei visori, diminuendo l'interesse nella produzione di contenuti pensati espressamente per la VR.

Virtual Reality Abbiamo provato sia Oculus Rift che HTC Vive, senza dimenticare il Gear VR di Samsung, che rappresentano buona parte dell’attuale panorama hardware della realtà virtuale. Siamo rimasti stupiti da quello che si può ottenere dalle tecnologie virtuali (e chiunque abbia provato la demo “Everest” con Vive può confermarlo), soprattutto in ambito ludico, e speriamo davvero che in futuro la VR diventi uno strumento importante nelle mani degli sviluppatori. Bisogna però ammettere che osservando queste nuove tecnologie con maggiore senso critico, senza lasciarsi prendere dall’entusiasmo, i punti oscuri sono molti e andranno limati nel tempo. A livello tecnologico, per arrivare alla perfezione bisognerà aumentare la risoluzione dei display, ma soprattutto creare dei sistemi di controllo più immersivi ed eliminare il motion sickness, ancora presente nonostante i miglioramenti rispetto ai primi modelli. Per quanto riguarda i contenuti invece, almeno per ora, mancano delle vere e proprie killer application che invoglino il pubblico all’acquisto dei visori, scommettendo su questa tecnologia, che rimane per pochi. Insomma, anche se il futuro sarò quasi certamente virtuale, il presente non sembra ancora esserlo, e potrebbe volerci più tempo del previsto prima che la VR diventi davvero un mezzo con cui creare nuovi mondi.