Se le strade del futuro vedranno sfrecciare auto senza pilota, se la finanza di domani vede la scomparsa della figura del broker, rimpiazzata da algoritmi in grado di concludere transazioni da diversi miliardi in pochi millisecondi, se la parola d'ordine del prossimo decennio è automazione, allora gli scenari di guerra non saranno da meno. Carri armati completamente autonomi saranno dispiegati sui terreni di guerra, sommergibili senza equipaggio saranno in grado di sparare testate nucleari intercontinentali rispondendo ai comandi impartiti da remoto, da centinaia di Km di distanza, e i pochi militari invitati sul campo di battaglia saranno anche loro ibridati con le macchine, assistiti da software sofisticati, e dotati di esoscheletri all'avanguardia.
Guerra combattuta con i robot o... dai robot?
Che la guerra di domani veda un ruolo predominante dei robot non è una ipotesi, non c'è nessun se. È una solida certezza. Quello che è in dubbio, e non per un discorso di limiti tecnologici, è il loro livello di autonomia. Chi premerà il grilletto? Chi darà l'ordine di bombardare un quartiere? Chi autorizzerà l'eliminazione di una vita umana, l'uomo o la macchina in piena autonomia? Oggi il dibattito è questo. Ad agosto del 2017 centosedici leader del settore tech hanno chiesto all'ONU di regolare oggi stesso lo sviluppo e la produzione di robot con licenza d'uccidere, inserendoli nella lista delle armi vietate dall'apposita convenzione ONU del 1983. Tra questi anche Elon Musk. Lo scorso settembre il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione che impegna le istituzioni UE e gli Stati membri a combattere l'ipotesi che vede i robot killer diventare una realtà. "So che questo potrebbe sembrare un dibattito su cose che riguardano un futuro distante o la fantascienza. Non è così", aveva detto in aula l'Alta Commissaria Federica Mogherini. Ma anche all'epoca, alcuni MEP avevano sollevato delle obiezioni comunque non banali: se noi oggi ci neghiamo la possibilità di fare ricerca e sviluppare robot autonomi in grado di uccidere, chi ci garantisce che i nostri nemici decidano di fare altrettanto?
Nel frattempo i principali Stati occidentali stanno già costruendo il loro arsenale bellico futurista, a partire dalle torrette automatiche, una cosa da videogiochi. Chi si è ritrovato a ficcanasare nella tana di qualche predone in uno dei capitoli della saga di Fallout, o ad affrontare l'esercito dei Cabal in Destiny 2, lo sa bene. Eppure è proprio con strumenti del genere che la Corea intende proteggere le sue basi e i suoi confini in futuro.
Si chiama Techwin SGR-A1, è un robot sentinella equipaggiato con sensori infrarossi, videocamere termiche, mitragliatrici e lanciagranate. Lo produce Samsung, la stessa azienda dello smartphone che avete in tasca, ed è progettato per polverizzare qualsiasi cosa gli si presenti davanti nell'arco di 3,2 Km. Oggi viene controllato da remoto, ma questo robot-sentinella è progettato per svolgere la maggior parte dei suoi compiti in autonomia. Proteggerà il lato meridionale della zona demilitarizzata, quella che separa la Corea del sud dal regime di Kim Jong Un.
Gladiator è invece il robot da combattimento su sei ruote (ma c'è anche la versione su cingoli) sviluppato dalla Carnegie Mellon University per il corpo dei Marines. È equipaggiato con lanciarazzi e mitragliatrici di classe M240 e M249, in fase di test, anche questo per il momento è comandato da remoto.
Veicoli da guerra senza pilota del presente
Nella lotta contro il Califfato Islamico, gli iracheni hanno iniziato a dispiegare anche dei piccoli droni terrestri corazzati: l'AI Robot, un veicolo in miniatura teleguidato da esseri umani pensato, tuttavia, per scopi precisi e circoscritti. Chi vuole fare le cose ancora più in grande è, invece, la Cina, con il suo programma di "ricondizionamento" del vecchio arsenale di carri armati di epoca sovietica. Il Paese asiatico sta trasformando carri armati degli anni 70 in sofisticati e letali mezzi corazzati controllabili da remoto. Faranno parte della divisione motorizzata autonoma, perché l'obiettivo sul lungo termine è quello di avere carri armati senza pilota, in grado di ingaggiare autonomamente il nemico all'interno di scenari di guerra tradizionali, riducendo al minimo le perdite umane. È una mossa furba, i vecchi Type 59 scelti per questo scopo sono inadeguati per le guerre moderne, la loro corazza non regge contro la potenza di fuoco delle armi di oggi, ma senza un equipaggio interno il problema non si pone. Il veicolo può procedere finché gli rimane forza, incurante dei danni che riceve. Così la Cina punta ad avere una piccola divisione di colossi da 40 tonnellate che possono essere pilotati da remoto usando dei joystick, i carri sono equipaggiati con sensori LIDAR e radar, oltre che con un letale pezzo d'artiglieria da 150mm. Tutto in fase di test già oggi, nel 2019.
Le battaglie navali di domani invece saranno combattute da fregate fantasma. La Marina militare americana in questo momento sta sviluppando due categorie di navi da guerra completamente senza equipaggio. È un progetto su cui vige massimo riserbo, sappiamo però che un modello più piccolo della nave sarà equipaggiato con radar e sensori all'avanguardia, e avrà un compito di ricognizione: andando all'avanscoperta, sarà in grado di individuare eventuali minacce prima che il resto della flotta entri a portata di tiro. L'altra categoria di nave senza equipaggio, di dimensioni maggiori, monterà un silo per il lancio verticale di missili Mk. 41. Anche in questo caso l'assenza di un equipaggio permette tecniche di ingaggio più aggressive, raggiungendo scenari di guerra rischiosi e azzerando il rischio di perdite umane.
Ma le minacce arriveranno anche dall'alto: basti pensare ai droni "kamikaze" che sta progettando la russa Kalashnikov, UAV di piccole dimensioni (poco più lunghi di un metro), capaci di penetrare le linee nemiche senza essere individuati dai radar, per poi farsi detonare una volta raggiunto il bersaglio. Interessante il metodo d'ingaggio: manuale, con le coordinate del bersaglio, o automatico, caricando nel sistema del drone una immagine dell'oggetto o della persona che si vuole abbattere.
Una possibile risposta a questi letali UAV potrebbero essere i nuovi cannoni laser che dal 2023 saranno montati sui MSHORADS, sistemi di difesa aerea semoventi, come quelli che vedete nella foto affianco. Armi in grado di generare raggi da 50-kilowatt per sciogliere elicotteri, caccia nemici e ovviamente droni. Oggi completamente inutili, è dagli anni 50 che gli USA non registrano vittime nella fanteria causate da veicoli aerei nemici: alla loro difesa ci pensa l'aviazione. Ma UAV sempre più piccoli e letali, proprio come quelli immaginati dalla Kalashnikov, potrebbero aprire scenari dove il supporto aereo dell'aeronautica non sarebbe più sufficiente, o forse risulterebbe addirittura inadeguato.
Il soldato del futuro
Negli anni 90 gli Stati Uniti d'America avevano lanciato un programma di portata internazionale noto come "Future Soldier", compito dell'Esercito americano e dei partner quello di immaginare nuovi equipaggiamenti e nuove tecnologie che avrebbero potuto amplificare le abilità dei militari sul campo di guerra. La versione italiana si chiamava Soldato futuro, ha ricevuto finanziamenti per milioni di dollari, ma, come riportava un articolo di VICE del 2016, grossi risultati non si sono visti. Oggi la pagina ufficiale dell'Esercito dedicato al progetto non riporta aggiornamenti significativi da anni, mentre la controparte americana è finita vittima di un taglio alla spesa pubblica, venendo cancellata sempre nel 2016. Un progetto forse troppo in anticipo sui tempi, ma a quella ambizione di ibridare macchina e soldato ci stiamo comunque arrivando adesso. E, magari non sotto il nome Soldato Futuro, ma di investimenti ed esperimenti su questo fronte se ne sono continuati a fare interrottamente.
Come dovrà essere il militare mandato sul fronte di guerra nel 2040? Iperconnesso, e dotato di sensi amplificati grazie a nuovi sensori dotati di precisione chirurgica, come testimoniano ad esempio gli sforzi per una nuova generazione di armi con balistica computerizzata alla base del programma Next Generation Squad Weapons. Armi in grado di calcolare in autonomia le condizioni ambientali, la forza del vento, e la distanza del bersaglio, assistendo quindi la mira proiettando queste informazioni sull'ottica - ma in un futuro non troppo lontano si potrebbe usare la realtà aumentata o mista. Soluzioni del genere permettono di sparare da dietro un angolo o da sotto una protezione, senza dover mai esporre la testa per prendere la mira in modo tradizionale.
Sempre gli USA testano anche la possibilità di monitorare costantemente la salute del soldato con chip sottocutanei da impiantare nel loro polso. Una questione, quella del trans-umanesimo militarizzato, che apre forti interrogativi etici. "È giusto deumanizzare i soldati?" si chiedeva ad esempio un paper di alcuni ricercatori canadesi. "Se i potenziamenti saranno permanenti, che rapporti ci saranno tra soldati regolari e soldati potenziati, e come impatterà la vita di questi ultimi una volta ritornati nei panni da civili, e nella vita quotidiana?". Sono anche queste le domande che accompagneranno i prossimi anni dell'uomo, e come è spesso successo, l'industria militare potrebbe anticipare sfide e problematiche che finiranno per bussare anche alla porta dell'uomo comune, quello che di mestiere non fa la guerra.
Robot da guerra, carri armati senza pilota e altre armi letali del futuro
Il futuro della guerra: la combatteranno i robot, i mezzi letali non avranno più bisogno di equipaggio, e i soldati si ibrideranno con le macchine
Se le strade del futuro vedranno sfrecciare auto senza pilota, se la finanza di domani vede la scomparsa della figura del broker, rimpiazzata da algoritmi in grado di concludere transazioni da diversi miliardi in pochi millisecondi, se la parola d'ordine del prossimo decennio è automazione, allora gli scenari di guerra non saranno da meno.
Carri armati completamente autonomi saranno dispiegati sui terreni di guerra, sommergibili senza equipaggio saranno in grado di sparare testate nucleari intercontinentali rispondendo ai comandi impartiti da remoto, da centinaia di Km di distanza, e i pochi militari invitati sul campo di battaglia saranno anche loro ibridati con le macchine, assistiti da software sofisticati, e dotati di esoscheletri all'avanguardia.
Guerra combattuta con i robot o... dai robot?
Che la guerra di domani veda un ruolo predominante dei robot non è una ipotesi, non c'è nessun se. È una solida certezza. Quello che è in dubbio, e non per un discorso di limiti tecnologici, è il loro livello di autonomia. Chi premerà il grilletto? Chi darà l'ordine di bombardare un quartiere? Chi autorizzerà l'eliminazione di una vita umana, l'uomo o la macchina in piena autonomia? Oggi il dibattito è questo. Ad agosto del 2017 centosedici leader del settore tech hanno chiesto all'ONU di regolare oggi stesso lo sviluppo e la produzione di robot con licenza d'uccidere, inserendoli nella lista delle armi vietate dall'apposita convenzione ONU del 1983. Tra questi anche Elon Musk.
Lo scorso settembre il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione che impegna le istituzioni UE e gli Stati membri a combattere l'ipotesi che vede i robot killer diventare una realtà. "So che questo potrebbe sembrare un dibattito su cose che riguardano un futuro distante o la fantascienza. Non è così", aveva detto in aula l'Alta Commissaria Federica Mogherini. Ma anche all'epoca, alcuni MEP avevano sollevato delle obiezioni comunque non banali: se noi oggi ci neghiamo la possibilità di fare ricerca e sviluppare robot autonomi in grado di uccidere, chi ci garantisce che i nostri nemici decidano di fare altrettanto?
Nel frattempo i principali Stati occidentali stanno già costruendo il loro arsenale bellico futurista, a partire dalle torrette automatiche, una cosa da videogiochi. Chi si è ritrovato a ficcanasare nella tana di qualche predone in uno dei capitoli della saga di Fallout, o ad affrontare l'esercito dei Cabal in Destiny 2, lo sa bene. Eppure è proprio con strumenti del genere che la Corea intende proteggere le sue basi e i suoi confini in futuro.
Si chiama Techwin SGR-A1, è un robot sentinella equipaggiato con sensori infrarossi, videocamere termiche, mitragliatrici e lanciagranate. Lo produce Samsung, la stessa azienda dello smartphone che avete in tasca, ed è progettato per polverizzare qualsiasi cosa gli si presenti davanti nell'arco di 3,2 Km. Oggi viene controllato da remoto, ma questo robot-sentinella è progettato per svolgere la maggior parte dei suoi compiti in autonomia. Proteggerà il lato meridionale della zona demilitarizzata, quella che separa la Corea del sud dal regime di Kim Jong Un.
Gladiator è invece il robot da combattimento su sei ruote (ma c'è anche la versione su cingoli) sviluppato dalla Carnegie Mellon University per il corpo dei Marines. È equipaggiato con lanciarazzi e mitragliatrici di classe M240 e M249, in fase di test, anche questo per il momento è comandato da remoto.
Veicoli da guerra senza pilota del presente
Nella lotta contro il Califfato Islamico, gli iracheni hanno iniziato a dispiegare anche dei piccoli droni terrestri corazzati: l'AI Robot, un veicolo in miniatura teleguidato da esseri umani pensato, tuttavia, per scopi precisi e circoscritti. Chi vuole fare le cose ancora più in grande è, invece, la Cina, con il suo programma di "ricondizionamento" del vecchio arsenale di carri armati di epoca sovietica. Il Paese asiatico sta trasformando carri armati degli anni 70 in sofisticati e letali mezzi corazzati controllabili da remoto. Faranno parte della divisione motorizzata autonoma, perché l'obiettivo sul lungo termine è quello di avere carri armati senza pilota, in grado di ingaggiare autonomamente il nemico all'interno di scenari di guerra tradizionali, riducendo al minimo le perdite umane. È una mossa furba, i vecchi Type 59 scelti per questo scopo sono inadeguati per le guerre moderne, la loro corazza non regge contro la potenza di fuoco delle armi di oggi, ma senza un equipaggio interno il problema non si pone. Il veicolo può procedere finché gli rimane forza, incurante dei danni che riceve. Così la Cina punta ad avere una piccola divisione di colossi da 40 tonnellate che possono essere pilotati da remoto usando dei joystick, i carri sono equipaggiati con sensori LIDAR e radar, oltre che con un letale pezzo d'artiglieria da 150mm. Tutto in fase di test già oggi, nel 2019.
Le battaglie navali di domani invece saranno combattute da fregate fantasma. La Marina militare americana in questo momento sta sviluppando due categorie di navi da guerra completamente senza equipaggio. È un progetto su cui vige massimo riserbo, sappiamo però che un modello più piccolo della nave sarà equipaggiato con radar e sensori all'avanguardia, e avrà un compito di ricognizione: andando all'avanscoperta, sarà in grado di individuare eventuali minacce prima che il resto della flotta entri a portata di tiro. L'altra categoria di nave senza equipaggio, di dimensioni maggiori, monterà un silo per il lancio verticale di missili Mk. 41. Anche in questo caso l'assenza di un equipaggio permette tecniche di ingaggio più aggressive, raggiungendo scenari di guerra rischiosi e azzerando il rischio di perdite umane.
Ma le minacce arriveranno anche dall'alto: basti pensare ai droni "kamikaze" che sta progettando la russa Kalashnikov, UAV di piccole dimensioni (poco più lunghi di un metro), capaci di penetrare le linee nemiche senza essere individuati dai radar, per poi farsi detonare una volta raggiunto il bersaglio. Interessante il metodo d'ingaggio: manuale, con le coordinate del bersaglio, o automatico, caricando nel sistema del drone una immagine dell'oggetto o della persona che si vuole abbattere.
Una possibile risposta a questi letali UAV potrebbero essere i nuovi cannoni laser che dal 2023 saranno montati sui MSHORADS, sistemi di difesa aerea semoventi, come quelli che vedete nella foto affianco. Armi in grado di generare raggi da 50-kilowatt per sciogliere elicotteri, caccia nemici e ovviamente droni. Oggi completamente inutili, è dagli anni 50 che gli USA non registrano vittime nella fanteria causate da veicoli aerei nemici: alla loro difesa ci pensa l'aviazione. Ma UAV sempre più piccoli e letali, proprio come quelli immaginati dalla Kalashnikov, potrebbero aprire scenari dove il supporto aereo dell'aeronautica non sarebbe più sufficiente, o forse risulterebbe addirittura inadeguato.
Il soldato del futuro
Negli anni 90 gli Stati Uniti d'America avevano lanciato un programma di portata internazionale noto come "Future Soldier", compito dell'Esercito americano e dei partner quello di immaginare nuovi equipaggiamenti e nuove tecnologie che avrebbero potuto amplificare le abilità dei militari sul campo di guerra. La versione italiana si chiamava Soldato futuro, ha ricevuto finanziamenti per milioni di dollari, ma, come riportava un articolo di VICE del 2016, grossi risultati non si sono visti. Oggi la pagina ufficiale dell'Esercito dedicato al progetto non riporta aggiornamenti significativi da anni, mentre la controparte americana è finita vittima di un taglio alla spesa pubblica, venendo cancellata sempre nel 2016. Un progetto forse troppo in anticipo sui tempi, ma a quella ambizione di ibridare macchina e soldato ci stiamo comunque arrivando adesso. E, magari non sotto il nome Soldato Futuro, ma di investimenti ed esperimenti su questo fronte se ne sono continuati a fare interrottamente.
Come dovrà essere il militare mandato sul fronte di guerra nel 2040? Iperconnesso, e dotato di sensi amplificati grazie a nuovi sensori dotati di precisione chirurgica, come testimoniano ad esempio gli sforzi per una nuova generazione di armi con balistica computerizzata alla base del programma Next Generation Squad Weapons. Armi in grado di calcolare in autonomia le condizioni ambientali, la forza del vento, e la distanza del bersaglio, assistendo quindi la mira proiettando queste informazioni sull'ottica - ma in un futuro non troppo lontano si potrebbe usare la realtà aumentata o mista. Soluzioni del genere permettono di sparare da dietro un angolo o da sotto una protezione, senza dover mai esporre la testa per prendere la mira in modo tradizionale.
Sempre gli USA testano anche la possibilità di monitorare costantemente la salute del soldato con chip sottocutanei da impiantare nel loro polso. Una questione, quella del trans-umanesimo militarizzato, che apre forti interrogativi etici. "È giusto deumanizzare i soldati?" si chiedeva ad esempio un paper di alcuni ricercatori canadesi. "Se i potenziamenti saranno permanenti, che rapporti ci saranno tra soldati regolari e soldati potenziati, e come impatterà la vita di questi ultimi una volta ritornati nei panni da civili, e nella vita quotidiana?". Sono anche queste le domande che accompagneranno i prossimi anni dell'uomo, e come è spesso successo, l'industria militare potrebbe anticipare sfide e problematiche che finiranno per bussare anche alla porta dell'uomo comune, quello che di mestiere non fa la guerra.
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