Sbagliare è umano, ma ecco i bias più comuni che ci fanno cadere in errore

Quante volte avete creduto a qualcosa per via del bias del sopravvissuto? Oppure a causa dell'effetto Forer? Eccone qualcuno tra i più ricorrenti.

Sbagliare è umano, ma ecco i bias più comuni che ci fanno cadere in errore
Articolo a cura di

L'abbiamo già detto ma non possiamo smettere di sottolineare come il cervello umano sia, ancora oggi, un vero e proprio mistero.
Oggi parleremo di alcuni dei meccanismi della mente che, in psicologia e sociologia, vengono chiamati "inclinazioni" o "bias cognitivi", modelli sistematici psicologici che portano all'irrazionalità e ancor peggio ad una deviazione della realtà stessa. I bias cognitivi, intesi come inclinazioni del pensiero, vengono classificati in base ai meccanismi generativi da cui derivano e ne esistono davvero moltissimi.

Basti sapere che, a causa di alcune queste inclinazioni, gli esseri umani tendono a commettere errori di valutazione e soprattutto, molte volte, esitano in una totale mancanza di oggettività. Perché diciamo "alcune"? È opinione condivisa che molti di questi bias siano in effetti scorciatoie usate dal nostro cervello per aiutarci nell'adattamento sociale e, in un certo senso, nella sopravvivenza. Alcuni di questi facilitano la comprensione degli eventi, permettendoci di fare pensieri più veloci e pragmatici, ma questo si rivela molto spesso un'arma a doppio taglio.
Non è, comunque, dei bias cognitivi più utili che parleremo oggi ma invece delle inclinazioni o distorsioni cognitive più comuni tra gli esseri umani, che portano inevitabilmente a una percezione della realtà alterata o comunque non fedele all'effettivo verificarsi degli eventi.

Bias del sopravvissuto

Il bias del sopravvissuto non è altro che quell'errore cognitivo che porta le persone a credere che osservando un caso specifico si possa avere una visione completa di un determinato argomento.
Avete mai sentito qualcuno argomentare contro la tesi per cui fumare le sigarette fa male, prendendo in esempio lo zio, la nonna, l'amico, la madre che, nonostante abbiano fumato per tutta la loro vita, hanno vissuto 80 o anche 100 anni? Sicuramente sì.
Questo è un palese esempio di bias del sopravvissuto per cui, cognitivamente alcune persone giustificano o più semplicemente sottovalutano un vizio estremamente dannoso per la salute perché un conoscente, nonostante fosse un assiduo fumatore, in effetti non ha mai riscontrato alcun problema medico.

È del tutto logico credere che queste persone, anche involontariamente, siano semplicemente influenzate - come può succedere per qualsiasi cosa e in qualsiasi contesto - dalle fallacie logiche della propria mente (così come lo erano i soldati durante la guerra, del resto è da questo contesto che nasce il survivorship bias).
Tuttavia, è importante rendersene conto perché il bias del sopravvissuto ha diversi effetti negativi generali sulle persone. Può incoraggiare pensieri eccessivamente positivi o negativi: questo può non essere un problema solo per la sfera emotiva personale ma anche per quella finanziaria, per esempio, portando a investimenti sbagliati.

Non a caso, il bias del sopravvissuto è ampiamente trattato nella comunicazione e nel marketing, poiché molte persone quando pensano alle aziende prendono in esempio solo grandi conglomerati come Amazon, Google, Tesla, ignorando completamente le esperienze di chi ci ha provato senza riuscirci.
Questo pensiero potrebbe portare a false correlazioni, ovvero creare dei collegamenti che sembrano logici ma non lo sono. Tornando all'esempio delle aziende, è possibile che le persone con bias del sopravvissuto possano elaborare informazioni esclusivamente derivanti della casualità per poi tradurle in veri e propri schemi, come potrebbe essere il comune abbandono del percorso scolastico da parte dei CEO dei grandi conglomerati.

L'apparente "ragionamento" potrebbe suggerire che lasciando la scuola si avrà lo stesso risultato, ma non tiene conto di tutti gli altri che lo hanno fatto e non sono diventati presidenti di alcuna importante azienda.

Bias dell'effetto Forer

Il bias cognitivo chiamato effetto Forer o effetto Barnum è comune tra le persone che credono nell'astrologia o nel potere dei tarocchi.
Questo succede, genericamente, quando si ha la necessità di sapere che al mondo tutto abbia un senso, che esista come un circolo che chiude ogni cosa. Anche qui, non si tratta di un ragionamento logico e lucido, altrimenti queste persone farebbero solo finta di credere all'oroscopo, e invece ci credono davvero.

Si tratta di alcune lacune cognitive che portano a colmare tutte le variabili a cui non vogliono prestare la dovuta attenzione e il cervello in modo automatico decide di tappare questi buchi con pensieri inconsci che, tuttavia, non fanno che rafforzare gli schemi mentali preesistenti.
In un certo senso, il motivo per cui questo genere di meccanismi si scatena potrebbe essere quello per cui cerchiamo di confermare e consolidare la nostra visione del mondo, il modo in cui comprendiamo la realtà: è una sorta di comfort zone della mente. Ecco perché le informazioni vaghe e perlopiù applicabili a qualsiasi persona, a qualsiasi situazione, che danno l'astrologia, i tarocchi e tutte quelle forme di divinazione pseudomistica, possono facilmente essere viste come segni specifici per la propria vita.
D'altronde, anche la scienza lo ha recentemente affermato: il più grande studio sull'oroscopo ha dimostrato che l'astrologia non ha senso.

Tramite l'elaborazione di queste vaghe indicazioni, le persone sono portate a trovare un senso che si ricolleghi alle proprie esperienze e in generale alla percezione e comprensione che hanno del mondo e degli eventi.
In questo modo, si creano delle vere e proprie scorciatoie cognitive che guidano gli individui per evitare di soffermarsi troppo a ragionare quando devono fare una scelta, così come capita di aspettare una qualche sorta di segno legato a un fenomeno naturale o meno per decidere come comportarsi in merito a una situazione personale: anche questo è effetto Forer.

Bias di ancoraggio

Gli psicologi hanno confermato che le persone tendono a dare maggior credito alla prima informazione che ricevono e lo capirono già nel '74.
Partendo da questo, possiamo parlare del temibile bias di ancoraggio che porta gli individui a commettere grandi errori sia per quanto riguarda il proprio giudizio che il proprio portafogli.
Può risultare interessante, però, soffermarsi un momento sull'esperimento condotto dagli psicologi israeliani Tversky e Kanheman, che ebbe dei risvolti davvero interessanti. Gli esperti chiesero a un gruppo di volontari di girare una ruota su cui si trovavano i numeri tra 0 e 100 prima di rispondere alla domanda su quanti paesi africani fossero nelle Nazioni Unite.

Dopo aver ricevuto il risultato dalla ruota, è stato notato che tutti i volontari proponevano stime vicine al numero ottenuto in precedenza. Insomma, era evidente come tutte le persone fossero fortemente influenzate dal risultato di partenza, ancorandosi a esso.
Se, invece, volessimo fare un esempio più pratico su come il bias cognitivo di ancoraggio sia applicabile alla vita di tutti i giorni, basti immaginare di voler comprare uno specifico tipo di frigorifero trovandolo online a 2.000 euro. Andando a cercarlo in un negozio fisico, magari, lo troviamo a 1.900 euro; quindi, pensando di risparmiare 100 euro, lo acquistiamo immediatamente.
Poi, però, scopriamo che altri negozi vendono sempre lo stesso frigo a 1500 euro.

Questo pregiudizio cognitivo può portare a questo tipo di errori perché si dà eccessiva importanza alla prima informazione che viene recepita. Lo stesso accade per le fake news; infatti, allo stesso modo si darà maggiore credibilità alla prima notizia, nonostante questa possa essere falsa, tendendo a sottovalutare o ignorare tutte le altre perché il cervello si ancora proprio alla prima informazione.

Questi sono i più comuni tra i bias cognitivi con cui abbiamo a che fare direttamente o indirettamente tutti i giorni. Sicuramente, però, non mancheremo in futuro di parlare di altri interessanti pregiudizi che spesso e involontariamente ci fanno cadere in trappola.