Spotify: storia della piattaforma regina dello streaming

A dieci anni dalla sua nascita ripercorriamo la storia di Spotify, il servizio di streaming musicale più diffuso e amato.

Spotify: storia della piattaforma regina dello streaming
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Sono bastati dieci anni per cambiare il mercato, dieci anni per portare la musica verso la modernità, verso un nuovo livello di interazione e verso una nuova accessibilità. Dieci anni da quando un giovane ragazzo svedese ha deciso di puntare tutto su un servizio capace di regalare a tutti un accesso più o meno illimitato a un catalogo altrettanto infinito.
Spotify è ormai un'abitudine per tutti noi, un servizio entrato nell'uso comune, accessibile a tutte le tasche e con una filosofia di base che ha fatto tesoro del passato della rete per diventare un esempio a cui tanti altri, negli ultimi tempi, si sono ispirati. Ripercorriamo i dieci anni di storia di chi ha cambiato per sempre lo streaming musicale.

Un ragazzo prodigio

Un ragazzo come tanti, nato e cresciuto in Svezia, con la passione per la musica e il sogno di sfondare nel mondo della tecnologia. Questo il profilo di Daniel Ek, ambizioso ragazzo pronto a tutto pur di inseguire le sue passioni. Passioni che lo porteranno a lasciare l'università prima e a tentare il tutto per tutto per farsi assumere da Google poi. La lunga trafila verso una posizione in quel di Mountain View si rivelerà un buco nell'acqua e il buon Daniel deciderà di mettersi in proprio e di provare a sfondare nel campo del web e della pubblicità, con l'obiettivo di contrastare direttamente l'azienda che lo aveva rifiutato. Trasferitosi a Londra, fonderà nel 2004 Advertigo, una compagnia pubblicitaria, per poi diventare Cto della community di moda Stardoll e poi di Tradera, un servizio svedese di vendite online.
La svolta arriverà nel 2006, con Advertigo che venne acquistata da TradeDoubler e Tradera da eBay. A soli 23 anni il giovane si ritroverà all'apice del successo, ricco come non mai e potenzialmente in grado di vivere senza più alcuna preoccupazione. Ek deciderà così di ritirarsi dagli affari, comprarsi una Ferrari e un grande appartamento nel centro di Stoccolma e circondarsi di amici e belle donne.

Dalla depressione al riscatto

Daniel si accorse molto presto che la sua esistenza, seppur ricca di piaceri e denaro, era vuota e senza uno scopo. Cadde nel tunnel della depressione, incapace di capire cosa fare della sua vita. Una situazione difficile per un ragazzo così giovane: decise così di dare un taglio netto al passato, vendette la Ferrari e lasciò il suo appartamento per tornare a Ragsved, il posto in cui era cresciuto, circondandosi di nuovo delle sue passioni e degli aspetti più semplici della sua vita passata. Fu il momento dell'ennesima svolta, arrivata grazie all'incontro con Martin Lorentzon, l'imprenditore che qualche tempo prima aveva acquistato la sua agenzia.
Insieme decisero di spingere il loro spirito creativo verso il settore dello streaming. Da buon appassionato di musica e del mitico Napster, Daniel decise di dar vita a un servizio simile ma legale, una radio per il web e per gli utenti: era il 2006 e Spotify iniziò a muovere i suoi primi passi nel mondo. La musica era pronta a cambiare.

Ascesa inesorabile

L'incontro con il creatore di uTorrent Ludvig Strigeus diede a Ek nuove idee sulle quali impostare il suo nuovo servizio, che si sarebbe dovuto fondare su una condivisione di file tra utenti, ma senza alcun tipo di pirateria o illegalità.
Il modello di business tutto svedese iniziò a crescere a vista d'occhio, attirando l'attenzione di importanti investitori da tutto il mondo che, anno dopo anno, portarono a una crescita incredibile della società. Quella che era una piccola startup riuscì a raccogliere più di 1,5 miliardi di dollari in donazioni. Il primo a credere nel progetto fu Sean Parker, fondatore proprio di Napster, il servizio di condivisione musicale su cui Spotify ha basato tutta la sua filosofia.
Per almeno due anni Spotify fu distribuito quasi solo in beta, giusto il tempo di raccogliere i primi investimenti per il lancio ufficiale. Il servizio, in abbonamento a 9,99 euro, si rivelò un successo crescente tra gli utenti, sia tramite abbonamento che in modo gratuito, inizialmente tramite inviti. Proprio questa politica permise di testare le prime versioni e portò grande visibilità all'app, spesso conosciuta in numerosi Paesi ancora prima del lancio ufficiale.

Formula vincente

Il passaparola rese popolare Spotify ancora prima della sua capillare diffusione in tutto il mondo. Emblematico è stato il caso degli Stati Uniti, dove il servizio fu lanciato solo nel 2011, dopo un tira e molla durato parecchi anni. Molto prima dell'uscita, Spotify veniva già definito come il campione dello streaming musicale, con numerosi utenti che cercavano di aggirare i limiti geografici per poterlo utilizzare. Merito di una forma di diffusione legalizzata della musica che aveva già fatto scuola e reso l'app un enorme jukebox liberamente accessibile e con ben pochi limiti. Il trionfo fu crescente in tutto il mondo, con partnership con grandi aziende e più o meno tutti i social network. Importante fu l'accordo con Facebook, che ancora oggi permette agli utenti di registrarsi all'app tramite il proprio profilo.
Un successo testimoniato da numeri in continua crescita: 140 milioni sono gli utenti che utilizzano Spotify, 83 milioni quelli che sono abbonati al servizio premium. Numerosi i miliardi versati nelle casse di case discografiche e artisti, per un modello di business che ha fatto scuola e che, negli ultimi anni, è stato copiato da numerose altre realtà, rendendo lo streaming musicale legale l'ormai principale fonte di accesso alla musica per gli ascoltatori di tutto il mondo.

Dieci anni di successi

In dieci anni la creatura di Ek è riuscita a ritagliarsi un ruolo fondamentale nel mondo del web. Lo ha fatto grazie alla forza di volontà di un ragazzo talentuoso, bravo a sfruttare tutto ciò che di buono c'era nella pirateria musicale e digitale e a trasformarlo in un modello di business del tutto legale. Era l'idea che serviva per far rinascere la musica e portarla nel 21° secolo, facendola uscire dall'impasse nella quale si era rinchiusa negli ultimi tempi.
Se oggi, ogni giorno e a ogni ora, abbiamo accesso più o meno libero a un catalogo sconfinato di canzoni e possiamo ascoltare tutto quello che vogliamo su ogni dispositivo, lo dobbiamo alle ambizioni di un ragazzo che ha imparato la lezione dei pionieri del web e l'ha saputa tradurre in un modello accettabile per tutti e che, nonostante le ritrosie di discografici e artisti, è riuscito a imporsi e a regalarci un web migliore e, finalmente, legale.
Pur con tutte le sue criticità, Spotify è ancora oggi una delle più sincere e pure incarnazioni di tutto il buono che c'è sul web e di tutto ciò che un servizio di internet dovrebbe essere: ampio, libero, economico, condiviso e legale. Scusateci se è poco.