15 marzo 1965: quando il presidente Lyndon Johnson sfidò la discriminazione razziale

15 marzo 1965: quando il presidente Lyndon Johnson sfidò la discriminazione razziale
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Era il 15 marzo del 1965, quando il presidente Lyndon B. Johnson tenne un celebre discorso al Congresso degli Stati Uniti, dal titolo "We shall overcome" ("Noi riusciremo a superarlo"). In esso, si manifesta la necessità di velocizzare il processo legislativo, al fine di proibire la discriminazione razziale nel voto.

Johnson, durante il suo mandato imposto dopo l'assassinio di John F. Kennedy, nel 1963, non si espose mai troppo su certe battaglie - pur continuando a sostenere, in linea generale, la politica sociale del suo predecessore.

Quando, nel 1964, si tennero le elezioni presidenziali, la popolazione statunitense ribadì la sua volontà di averlo nella gestione dello Stato. Il consenso era tale che il presidente rieletto vinse con un netto 61,1%. La sua vittoria, tutt'oggi, viene considerata una delle più schiaccianti nella storia americana.

Da quel momento, la vera personalità di Johnson cominciò a rivelarsi e diede inizio ad un suo progetto personale, definito "Great Society", che aveva l'ambizioso obiettivo di sradicare i grandi problemi sociali che affliggevano gli Stati Uniti dell'epoca, tra cui la discriminazione razziale.

Nel 1964, sul modello già delineato da Kennedy negli anni precedenti, il presidente neo-eletto emanò il Civil Rights Act, una legge federale che aveva come obiettivo l'abolire il sistema di segregazione razziale, soprattutto nell'ambito lavorativo, giuridico e politico.

Un altro passo in avanti si compì nel 1965, in seguito ad un terribile evento, che sfociò nel sangue, durante una delle manifestazioni pacifiche promosse da Martin Luther King Jr. a Selma (Alabama).

Quel fatidico giorno, 500 manifestanti erano in marcia per chiedere a gran voce maggiori garanzie per assicurare il pari diritto di voto anche alla popolazione afroamericana. La polizia, senza alcun pretesto, iniziò ad usare la violenza in maniera indiscriminata contro i protestanti.

Una persona ne rimase: James J. Reeb. Tuttavia, quest'ultimo non era un afroamericano qualsiasi. Al contrario, era uno dei maggiori sostenitori di King ed era un uomo bianco, leader dell'organizzazione religiosa degli Unitariani Universalisti.

Alla luce di questo evento, il presidente Johnson si rivolse direttamente al Congresso, proponendo un disegno di legge che, da quel momento, avrebbe per sempre cambiato la storia dei diritti civili negli Stati Uniti.

Nel suo discorso, rifacendosi al quattordicesimo e quindicesimo emendamento della Costituzione, inseriti dopo la Guerra di secessione americana nel XIX secolo, egli reclamava il diritto di voto anche per le minoranze razziali e maggiori misure al fine che questo venisse garantito, soprattutto negli stati del sud, in maniera indiscriminata.

"Questa volta, su questo tema, non ci devono essere ritardi, nessuna esitazione e nessun compromesso. [...] E non dovremmo e non possiamo e non dobbiamo aspettare altri 8 mesi prima di arrivare ad un disegno di legge. Abbiamo aspettato un centinaio di anni e più, non c'è più tempo di aspettare".

E' con queste parole che tutti gli organi legislativi degli Stati Uniti, dal marzo del 1965, si mossero in grande fretta per promuovere una legge che ormai era richiesta a gran voce da sempre più cittadini. Infatti, il 6 agosto dello stesso anno venne firmata, divenendo, secondo il Dipartimento di Giustizia, l'atto più efficace della legislazione federale sui diritti civili.