60 anni fa Jurij Gagarin fece la storia: ecco alcuni aneddoti sulla spericolata missione

60 anni fa Jurij Gagarin fece la storia: ecco alcuni aneddoti sulla spericolata missione
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Il 12 aprile 1961 è sicuramente una data che gli amanti del cosmo e dell'esplorazione spaziale ricorderanno: quel giorno di ben sessant'anni fa, veniva lanciato il primo uomo nello spazio, verso l'ignoto, inaugurando una nuova era e una nuova "frontiera" della conoscenza.

Jurij Alekseevič Gagarin è stato il primo cosmonauta sovietico nonché la prima persona a orbitare attorno alla Terra. Tutto ciò fu possibile grazie alla grande innovazione tecnologica e alla "corsa folle" che l'ex URSS portò avanti senza remore, al fine di fronteggiare e sfidare il potere degli Stati Uniti d'America.

Tra le due grandi contendenti allo Spazio era in corso da tempo una accesa gara nel "chi arrivava prima" e l'Unione Sovietica era già in netto vantaggio, avendo - nel 1957 - lanciato con successo il primo satellite mai inviato in orbita terrestre, lo Sputnik. Con il successo di Gagarin si andò a consolidare la dominazione russa sul fronte spaziale, ma aprì anche un nuovo universo di conoscenze, dimostrando per la prima volta che l'Uomo poteva raggiungere l'"Ultima Frontiera".

La missione si chiamava "Vostok 1", e come razzo venne utilizzato un lanciatore R-7 modificato e la capsula "Vostok" di nuova concezione. Gagarin fu lanciato dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan e ha raggiunto un'orbita di 169km di perigeo e 315km di apogeo, superando ampiamente l'immaginaria Linea di Kármán che sancisce la fine dell'atmosfera terrestre e l'inizio dello Spazio vero e proprio.

L'obiettivo della missione era riuscire ad eseguire un'orbita completa intorno alla Terra e poi rientrare con successo sulla superficie del pianeta. Il cosmonauta all'interno della capsula però, non aveva un gran controllo di quello che stava succedendo, in quanto l'intera sequenza di comandi era totalmente automatizzata dal centro di controllo russo (l'intervento di Gagarin sarebbe stato possibile solo in situazioni di emergenza).

Insieme a Jurij Gagarin furono mandate provviste di cibo e ossigeno per circa 10 giorni: questo fu fatto perché la Capsula avrebbe potuto non funzionare a dovere, rischiando di non riuscire ad immettersi correttamente in orbita di rientro. Gli ingegneri russi calcolarono che l'attrito dell'atmosfera - qualora il rientro fosse andato storto - avrebbe naturalmente deorbitato la capsula in poco più di una settimana. L'ironia della sorte vuole che, una volta in orbita, i nuovi calcoli stimarono non meno di 20 giorni in caso di necessità (se fosse andata male, Gagarin sarebbe morto di fame?).

Tutti questo per fortuna non fu necessario, ma il rientro fu comunque pieno di problemi: il modulo orbitale che avrebbe dovuto rimanere nello spazio - distaccandosi dalla capsula prima del rientro atmosferico - non riuscì a scollegarsi completamente e ciò provocò una serie di oscillazioni violente al veicolo. Per fortuna l'attrito dell'aria sempre maggiore riuscì a distruggere i collegamenti residui, facendo posizionare la capsula in modo corretto e permettendo l'apertura dei paracadute.

Raggiunti i 7km di quota, Jurij si espulse dalla capsula come previsto dal piano missione e si lasciò paracadutare dolcemente fino a toccare il suolo, a circa 26 km dalla città russa di Ėngel's.

Da allora un'infinità di cose sono cambiate, e la ricerca ha fatto passi da gigante, eppure alcune verità sono rimaste immutate, come sottolineato dalle parole di Gagarin durante la sua gita spaziale: "Vedo la Terra, è blu... ed è magnifica!"

60 anni fa Jurij Gagarin fece la storia: ecco alcuni aneddoti sulla spericolata missione