7 aprile del 1994: ha inizio il genocidio dei Tutsi in Ruanda

7 aprile del 1994: ha inizio il genocidio dei Tutsi in Ruanda
di

Il genocidio del Ruanda fu uno degli episodi umanitari più tragici del secondo dopo-guerra. Esso ebbe inizio tra il 6 e il 7 aprile del 1994 e si protrasse fino al 15 luglio dello stesso anno, mietendo un numero non definitivo di vittime, ma che si aggira tra le 800 mila e 1 milione di persone di etnia Tutsi e gli Hutu moderati.

Le radici di questo drammatico episodio di fine XX secolo vanno ricercate nella lunga stagione coloniale europea nella nazione. Il Ruanda, infatti, venne guidato per decine di anni, prima, dalla Germania e, successivamente, dal Belgio.

Le due potenze europee cercarono di favorire una particolare etnia, cioè quella dei Tutsi. Questi andarono presto a rappresentare i "privilegiati" della società - coloro che potevano possedere terre, bestiame, risorse e il potere politico. Gli Hutu, invece, ricaddero automaticamente tra le classi inferiori, finendo per sopravvivere unicamente con il poco prolifico lavoro agricolo.

Quando i belgi, con la loro catastrofica politica coloniale-imperialista, ottennero il dominio sul Ruanda nel XIX secolo, andarono ad alimentare le differenze fra questi due gruppi etnici, dando più potere ai Tutsi e sottraendone agli Hutu.

Ovviamente, agli inizi del XX secolo, ad un clima di sempre maggiore tensione sociale, si andarono ad aggiungere le teorie della razza. I belgi diffusero la falsa convinzione che i Tutsi avessero degli antichi legami di sangue con i popoli europei caucasici e, di conseguenza, fossero "superiori" rispetto agli altri gruppi etnici.

Questo sistema, quindi, era destinato a crollare, prima o poi. Infatti, nel 1959, gli Hutu, sempre più esclusi ai margini della società, si ribellarono contro la monarchia Tutsi, si imposero nei tavoli politici del paese col referendum del 1961 e iniziarono le prime persecuzioni contro i secolari nemici, che si videro costretti a fuggire in paesi come l'Uganda o il Burundi.

Questi flussi migratori alimentarono i disordini, sempre più violenti, in questi due paesi e lo scontro tra i due gruppi etnici non si concluse nemmeno in Ruanda.

Nel 1990 le violenze tra i due fronti non sembrarono cessare. Il Fronte Patriottico Ruandese (l'RPF), un gruppo politico-militare nato tra le comunità Tutsi in Uganda, decise di provare un colpo di stato in Ruanda, ma non fecero altro che alimentare una guerra civile che perdurava ormai da anni.

Il presidente Juvenal Habyarima, un dittatore Hutu, di fronte a questi eventi, portò avanti una retorica anti-Tutsi, consolidando ancora di più il proprio potere e giustificando i continui massacri contro il gruppo nemico.

Il punto di svolta arrivò quando venne coinvolto persino l'esercito, che, col supporto del governo, armò la popolazione civile Hutu di pistole e machete per uccidere il più alto numero di Tutsi possibile.

Il 6 aprile del 1994 l'areo presidenziale di Habyarima venne abbattuto da un missile terra-aria. Non si sa se furono i gruppi di guerriglia Tutsi a farlo precipitare, ma è certo che la risposta del governo e degli Hutu fu immediata e sanguinosa.

Lo sterminio di massa ebbe inizio e il giorno dopo alcuni peacekeeper del Belgio vennero coinvolti nel massacro, rimanendone vittime.

Quello fu il fattore principale per cui le Nazioni Unite decisero di intervenire, seppur con molto ritardo, in Ruanda, nella cosiddetta "Opération Turquoise" - una missione umanitaria guidata principalmente dai francesi.

Se siete interessati all'argomento, vi suggeriamo la visione del film "Hotel Rwanda".