L'acquedotto di Costantinopoli è l'opera di flusso delle acque più grande dell'età antica

L'acquedotto di Costantinopoli è l'opera di flusso delle acque più grande dell'età antica
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L'acquedotto di Costantinopoli, oggi conosciuto come "Acquedotto di Valente", si trova nella moderna Istanbul (Turchia). Completato nel 368 d.C., questa costruzione andò a concludere la più grande struttura antica di canali lungo tutta la provincia della Tracia, costituita all'epoca dai territori dell'odierna Turchia, Grecia e Bulgaria.

Come sappiamo bene, gli ingegneri dell'Impero romano, che fossero originari di quello d'Occidente o di quello d'Oriente, erano avanti anni luce nella gestione dei flussi d'acqua. Una testimonianza lo sono, per esempio, i mulini di Barbegal in Francia.

Per quanto possa suonare banale, l'acqua fu un elemento preziosissimo per lo sviluppo della società imperiale romana. Sviluppare costantemente, quindi, dei sistemi per farla arrivare nel numero maggiore di strutture era essenziale per garantire la stabilità interna dell'intero Impero.

Questo l'imperatore Costantino lo capì perfettamente. Infatti, quando istituì Costantinopoli come nuova capitale dell'Impero nel 324 d.C., vista la sua posizione centrale nella fitta rete commerciale imperiale, uno dei principali problemi che volle affrontare fu quello di portare l'acqua fresca dalle sorgenti distanti dalla città per rifornire le case, le terme, i bagni pubblici, etc...

Per questo finanziò la costruzione di un primo acquedotto a Costantinopoli, che si estese dalle sorgenti d'acqua distanti 60 km ad ovest fino alla città.

Successivamente, il centro urbano crebbe e così anche l'esigenza di approvvigionare gli edifici essenziali con molta più acqua. Per questo, intorno al V secolo d.C., si estese la struttura, facendole raggiungere la lunghezza di ben 426 km. Ad oggi, con queste misure, l'acquedotto di Costantinopoli risulta essere il più grande sistema di flusso delle acque dell'intera antichità.

L'aspetto interessante, mostrato da un recente studio condotto dalla ricercatrice Gül Sürmelihindi, dell'Università "Johannes Gutenberg" di Mainz, è la dissonanza tra i dati scientifici recuperati dall'analisi dei depositi di carbonio e le fonti scritte nell'antichità.

Secondo i campioni prelevati dall'intero sistema, l'intero acquedotto sarebbe stato utilizzato solo per 27 anni. Al contrario, gli annali dell'ex-capitale dell'Impero romano d'Oriente affermano che questa straordinaria opera d'ingegneria idraulica venne utilizzata per ben 700 anni, o almeno fino al XII secolo d.C. - quindi, in pieno Medioevo.

La studiosa suppone che questa bassa presenza di carbonio nei depositi suggerisce la scrupolosa cura che i cittadini di Costantinopoli, durante tutta l'era dell'impero bizantino, ebbero nella manutenzione e pulizia dell'acquedotto.

Sfortunatamente, sarà impossibile condurre ulteriori studi sul come questo poteva accadere e su come fosse possibile che le acque venissero convogliate per lunghe distanze, perché uno dei ponti principali è stato accidentalmente distrutto nel 2020.

Ad ogni modo, dopo l'arrivo dell'impero ottomano, l'acquedotto venne abbandonato e, infatti, oggi ne sopravvivono solo 921 metri, tra cui un tratto che passa in una strada cittadina.