Gli antidolorifici di nuova generazione potrebbero derivare da una proteina fungina

Gli antidolorifici di nuova generazione potrebbero derivare da una proteina fungina
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Gli scienziati australiani hanno scoperto dei particolari peptidi, piccoli filamenti di aminoacidi, che in qualche modo agiscono come gli oppioidi “classici” e che provengono da una fonte molto particolare.

Si tratta di un fungo appartenente al genere Penicillium, lo stesso a cui appartiene il Penicillum notatum che è divenuto famoso nel 1928 grazie al lavoro di Fleming e alla scoperta della penicillina.

Gli oppioidi, termine usato impropriamente per indicare gli oppiacei contenuti nell’oppio, alleviano il dolore in modo molto efficace attivando degli specifici recettori, proteine che si trovano sulle membrane cellulari e che rispondono a determinate sostanze. Questi recettori inviano dei segnali all’interno della cellula attraverso molecole chiamate Proteine G. Per molto tempo si è creduto che questi farmaci si limitassero ad interagire con la segnalazione delle proteine G, aumentandola o bloccandola.

La neuroscienziata Laura Bohn ha affermato, invece, che tutti gli oppioidi ad oggi conosciuti non solo attivano i segnali legati alle proteine G, ma anche quelli legati a un’altra proteina regolatrice chiamata beta-arrestina. Quest’ultima sarebbe responsabile dei gravi effetti collaterali legati all’uso e abuso di questi farmaci, tra cui la depressione respiratoria che in alcuni casi più risultare fatale.

Il nuovo composto ricavato dai peptidi fungini scoperto dall’Università di Sydney prende il nome di bilorfina, la cui particolarità sarebbe quella di concentrarsi unicamente sui segnali dipendenti dalle proteine G, e quindi con un basso potenziale di causare effetti collaterali.

I ricercatori hanno già testato la bilorfina nei topi, ma questa ha attenuato i segnali di dolore solo se iniettata direttamente nel midollo spinale perché non in grado di attraversare la barriera emato-encefalica. La sfida sarà quella di progettare nuovi composti ispirati alla bilorfina che possa arrivare al cervello e allo stesso tempo mantenere le sue capacità di segnalazione uniche: bloccare il dolore senza il rischio di causare depressione respiratoria.

Nuove alternative agli oppioidi sono già state prese in considerazione in altri studi clinici, anche per trattare il dolore nei nostri amici a quattro zampe.