Centrale a carbone riattivata per il mining di Bitcoin: l'inquinamento schizza del 5000%

Centrale a carbone riattivata per il mining di Bitcoin: l'inquinamento schizza del 5000%
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Dell'impatto ambientale che ha il mining delle criptovalute abbiamo a più riprese discusso su queste pagine. Secondo un nuovo rapporto del Guardian, in Montana è stata rimessa in funzione una centrale a carbone in via di dismissione per effettuare l'estrazione del token.

La riattivazione della centrale a carbone ha portato ad un aumento delle emissioni a dir poco sbalorditivo.

Nella fattispecie, la centrale elettrica di Hardin ha una potenza da 115 megawatt ed avrebbe dovuto chiudere nel 2018 in quanto non abbastanza remunerativa. A fine 2020, però, Bitcoin Marathon ha concluso un accordo che l'ha fatto diventare l'unico cliente dell'impianto. Al suo interno sono stati installati circa 30.000 Antminer S16, vale a dire computer speciali che sono in grado di completare i calcoli per le criptovalute.

A far discutere però è l'impatto ambientale. Anne Hedges, co-direttrice del Montana Enrivonmental Information Center si è detta "inorridita nel vedere ciò che stava avvenendo", al punto che ha descritto la riattivazione della centrale come una "terribile svolta degli eventi".

Nel 2020, l'impianto ha funzionato solo per 46 giorni, mentre nei primi nove mesi del 2021 è stato attivo per 236 giorni. Solo nel secondo trimestre del 2021, ha emesso 187mila tonnellate di anidride carbonica, con un aumento del 5000% rispetto allo stesso periodo del 2020. Nel terzo trimestre ha infatti generato 206mila tonnellate, con un +905%.

Fred Thiel, l'amministratore delegato di Bitcoin Marathon, ha respinto le accuse ed ha affermato che le lavatrici attive negli USA consumano più energia.

Storie di questo tipo però non sono completamente nuove: qualche mese fa abbiamo riportato la notizia dai 1800 PC collegati ad una centrale elettrica per il mining di Bitcoin

Centrale a carbone riattivata per il mining di Bitcoin: l'inquinamento schizza del 5000%