CEO FIMI: "Ecco quanto costerebbe al settore musicale non fare la riforma del copyright"

CEO FIMI: 'Ecco quanto costerebbe al settore musicale non fare la riforma del copyright'
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In questi giorni, YouTube si sta schierando contro l'articolo 13 della riforma del copyright UE, che stando all'azienda minaccerebbe l'economia creativa. Non è dello stesso avviso la FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), che in un articolo firmato dal CEO Enzo Mazza fa emergere la sua posizione in merito.

In particolare, Mazza fa riferimento all'intervista rilasciata qualche settimana fa da Susan Wojcicki, attuale CEO di YouTube, al Financial Times. "Youtube sostiene che la riforma voluta dall'Ue minaccia l'economia creativa. Ma tradisce la mancanza di volontà di confrontarsi con la nuova legislazione versando più royalty. Ed è un buon motivo per sostenere la riforma europea", scrive Mazza nell'articolo.

Il CEO di FIMI continua parlando della recente "chiamata a raccolta" dei creativi da parte dell'azienda, che chiede a questi ultimi di realizzare contenuti multimediali che vadano contro la riforma del copyright. "L'approccio di Google è noto: la frase 'sarà la fine di internet' è stata ormai utilizzata più volte dal colosso di Mountain View [...] Anche in occasione del processo di revisione delle normativa sulla privacy, il celebre GDPR, non sono mancati allarmi sui gravi rischi connessi a normative che avrebbero penalizzato l’ecosistema delle rete, norme in realtà che costringevano l'azienda ad adattarsi semplicemente a regole condivise", continua Mazza.

Le motivazioni che spingono Google a effettuare queste azioni sono dunque chiare: i ricavi, che secondo il CEO di FIMI derivano anche da "una posizione giuridica favorevole derivata da normative ormai obsolete". Mazza effettua poi degli interessanti esempi relativi alle royalty versate dai grandi player del settore: "Se pensiamo ai ricavi generati da YouTube a livello globale e ragionassimo sui diritti che la piattaforma dovrebbe versare in un contesto di legislazione uniforme, la piattaforma dovrebbe versare circa 13 miliardi di dollari all'anno agli aventi diritto del settore musicale. A titolo di esempio, Spotify nel 2017, con circa 160 milioni di utilizzatori, ha versato in royalty 2,2 miliardi di dollari.

YouTube, che secondo Susan Wojciki ha oltre 1 miliardo di utenti, ha versato meno di 500 milioni. Il mercato discografico USA, secondo i dati IFPI, nel 2017 valeva 8,7 miliardi di dollari: emerge chiaramente quanto sia vasto il gap tra i ricavi della piattaforma e il riconoscimento di un’adeguata remunerazione. [...] Venendo all'Italia, [...] i ricavi dalla piattaforma di video sharing dovrebbero essere almeno il doppio di quelli attuali".

Insomma, la posizione della FIMI in merito alla riforma del copyright UE è ben definita e va in contrasto con la visione sostenuta da YouTube. Ricordiamo che attualmente la riforma è oggetto del trilogo, ovvero del negoziato con il Consiglio degli Stati membri per arrivare alla decisione finale.

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