Cina: Big Tech in crisi, colpa delle nuove sanzioni americane sui chip

Cina: Big Tech in crisi, colpa delle nuove sanzioni americane sui chip
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Da inizio ottobre, gli Stati Uniti hanno annunciato una stretta sulle vendite di chip alla Cina, che è passata prima per la richiesta di una licenza a tutti gli esportatori di semiconduttori nel Paese asiatico e poi, da martedì 11 ottobre, per delle vere e proprie sanzioni contro le Big Tech di Pechino.

Proprio queste ultime, in particolare, sembrano aver messo in allarme il Governo cinese, visto che il MIT di Pechino, ossia il Ministero dell'Informatica e della Tecnologia, ha annunciato di aver avviato delle trattative con i principali produttori di computer, componenti, server e supercomputer colpiti dalle sanzioni americane, proponendo loro dei piani di aiuto finanziario per evitarne il tracollo economico.

Si tratta di una vera e propria inversione di rotta per il chipmaking cinese: solo qualche mese fa, per esempio, era la Cina a minacciare tasse del 400% sui chip di importazione provenienti da Taiwan e dagli USA. Ora, invece, Pechino potrebbe trovarsi a replicare quanto già fatto con Huawei e ZTE quando le due compagnie sono state colpite dalle sanzioni della presidenza Trump, ovvero tenere in vita diverse Big Tech nazionali con l'uso di finanziamenti a fondo perduto.

Tra le aziende che dovrebbero essere interessate dagli aiuti governativi troviamo, secondo un report di Bloomberg, compagnie come il produttore di NAND 3D Yangtze Memory Technologies, il costruttore di server e supercomputer Sugon (meglio noto come Dawning Information Industry), già colpito dal round trumpiano di sanzioni, e il colosso dei semiconduttori Inspur.

Sempre secondo Bloomberg, la Cina si aspetta che il mercato domestico fornisca una domanda sufficiente alle compagnie per permettere loro, sia pure con ingenti aiuti governativi, di rimanere a galla finché le sanzioni non verranno sollevate o evase, ovvero quando le esportazioni e, soprattutto, le importazioni di semiconduttori potranno riprendere senza intoppi. Resta ovviamente da vedere quanto ci vorrà prima che la Casa Bianca ponga fine al "pugno duro" con il colosso asiatico nel mercato dei chip.