Come fa il dromedario a sopravvivere senza bere? Ce lo spiega la scienza

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In un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Communications Biology, gli scienziati dell'Università di Bristol, hanno studiato la risposta renale dei dromedari alla disidratazione ed allo stress da rapida reidratazione.

Il Camelus dromedarius, chiamato erroneamente anche cammello arabo, è l'animale da allevamento più importante nelle regioni aride e semiaride dell'Africa settentrionale ed orientale, della penisola arabica e dell'Iran, continuando ad essere fondamentale per i bisogni primari di milioni di persone.

Addomesticato circa 6000 anni fa, è un animale così incredibilmente ben adattato all'ambiente desertico che può resistere settimane senza aver accesso all'acqua. Fondamentale per questa sua caratteristica, è un rene molto ben sviluppato, che è la chiave per produrre un'urina altamente concentrata, garantendo un riassorbimento quasi totale dell'acqua presente.

Nonostante le moderne tecniche di laboratorio avessero già consentito di studiare i meccanismi genetici alla base degli adattamenti ambientali del dromedario, finora non esisteva ancora uno studio completo e disponibile che rivelasse quali geni fossero implicati nel far fronte alla disidratazione nei reni di questi animali.

Questo progetto è nato quindi nel 2015, con la collaborazione tra i laboratorio del prof. David Murphy dell'Università di Bristol ed il laboratorio del prof. Abdu Adem dell'Università degli Emirati Arabi Uniti. Il team ha analizzato come siano cambiati migliaia di geni nel rene del dromedario, in quanto conseguenza della disidratazione, suggerendo che la quantità di colesterolo presente nell'organo avesse un ruolo importante nel processo di conservazione dei liquidi.

Gli autori dello studio hanno affermato: "Una diminuzione della quantità di colesterolo nella membrana cellulare renale faciliterebbe il movimento dei soluti e dell'acqua attraverso le diverse sezioni dell'organo, un processo necessario per l'efficace riassorbimento dei liquidi e la produzione di un'urina altamente concentrata, evitando così la perdita di acqua".

La ricerca ha dimostrato per la prima volta che il livello di colesterolo è direttamente associato alla conservazione dell'acqua nei reni, descrivendo così un nuovo ruolo per questo lipide che potrebbe essere interessante studiare anche in altre specie.

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