Come mai il gusto e le preferenze alimentari cambiano dall'infanzia all'età adulta?

Come mai il gusto e le preferenze alimentari cambiano dall'infanzia all'età adulta?
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Tutti siamo stati bambini e, in quanto tali, abbiamo rifiutato di mangiare cibi dal sapore sgradevole, seppur salutari. Di recente è stato scoperto perché ai bambini non piacciono le verdure, ma negli adulti il disgusto è riscontrato in misura minore. Come mai, dunque, i gusti di una persona cambiano nel tempo? A cosa è dovuto questo fenomeno?

Secondo la biopsicologa Julie Mennella, il gusto e le preferenze alimentari sono determinati da diversi fattori, come la genetica, il regime alimentare adottato dalla madre in gravidanza e la nutrizione somministrata nell’infanzia. Ma non finisce qui. Le preferenze alimentari, infatti, cambiano a seconda dei sapori a cui siamo sottoposti e alle pietanze consumate nel tempo, in relazione alla frequenza di assunzione e al contesto.

L’accettazione di nuovi tipi di sapori è più agevole nei primi tre anni di vita, in seguito saranno necessarie molte più esposizioni all’alimento per apprezzarlo. Ciononostante tutti possono abituarsi a sapori insoliti ed alimenti prima abborrati. Un fattore fondamentale di questo processo è la componente associata alla memoria, soprattutto quella legata ad eventi “traumatici”, come un’intossicazione alimentare, che rendono l’accettazione del gusto più complicata.

Un altro fattore del cambiamento di preferenze alimentari potrebbe essere associato alla minore sensibilità dei sensi dell’olfatto e del gusto sperimentata con il passare degli anni. La percezione del sapore, infatti, non è fornita solo dal gusto ma anche dall’olfatto, a causa dell’inspirazione di piccole molecole, in forma di aerosol, che vengono captate dai recettori olfattivi del naso.

Assaporando un alimento, le sostanze chimiche vengono a contatto con i recettori del gusto situati sulla lingua. Questi recettori sono responsabili della percezione del dolce, salato, amaro, acido e umami.

Esistono diverse tipologie di recettori e, a seconda della sensibilità ad un dato tipo di composto chimico e alle differenze quantitativo-qualitative, possono determinare una percezione differente tra gli individui. A ciò va accostata l’interazione del microbioma orale con i composti chimici degli alimenti, che può influire sull’accettazione del gusto.

Anche l’evoluzione umana gioca la sua parte. Mennella, in relazione alla preferenza verso i dolci dei bambini, dichiara “Questo amore precoce per la dolcezza è comune tra i primati, poiché funge da segnale per i cibi ipercalorici che sarebbero fondamentali per la crescita e la sopravvivenza”. Questa preferenza è indirizzata anche al salato, in quanto minerale essenziale per la funzione cerebrale e muscolare. "L'amaro, d'altra parte, era il nostro segnale per 'Attenzione, questo potrebbe fare del male'" indicando alimenti tossici.

Un’altra esperienza importante avviene nella fase di gestazione, quando il feto inizia ad essere esposto a gusti diversi attraverso il liquido amniotico, che lo “addestra” sui sapori nutrienti e sicuri. Dopo la nascita, le molecole aromatiche vengono tramesse attraverso il latte materno, accentuando l’esposizione e permettendo ai bambini di adattarsi ai nuovi sapori.

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