Super Computer Quantistici sempre più reali grazie all'Università di Stanford

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La Professoressa Jelena Vuckovic del dipartimento di Ingegneria Elettrica di Stanford sta dirigendo degli esperimenti per lo sviluppo della tecnologia dei futuri computer quantistici, che porteranno enormi benefici alla crittografia e nella gestione dei dati, o in generale in ogni ambito in cui entrano in gioco troppe variabili da calcolare.

Gli ultimi decenni tecnologici sono stati orientati verso il rimpicciolimento dei computer che stanno diventando sempre più veloci e performanti. Questo trend non è però reiterabile all'infinito e si sta arrestando di fronte all'inesorabile barriera posta al limite tra la fisica classica e la fisica quantistica. In termini semplici: fino ad ora la scienza dietro allo sviluppo dei computer è perlopiù l'elettromagnetismo classico, dove le correnti scorrono attraverso materiali conduttori, mentre la fisica quantistica entra in gioco quando si parla di atomi. Un modo concettualmente molto diverso di vedere l'oggetto che si ha di fronte: il fiume che scorre è un fluido uniforme che si muove in una direzione precisa o una serie di particelle che si muovono in maniera caotica?

L'unità fondamentale di ogni computer, il transistor, è stata con il tempo rimpicciolita sempre di più per permetterne l'integrazione di un maggior numero per aumentare la potenza computazionale complessiva disponibile (per gli addetti ai lavori, si parla della legge di Moore). Questo processo si ferma più o meno quando il singolo transistor raggiunge le dimensioni atomiche: in quel caso bisogna considerare obbligatoriamente le leggi della fisica quantistica, completamente diverse da quelle classiche scoperte nell'ottocento.

Questa limitazione ha spinto la ricerca verso lo sviluppo dei computer quantistici, che si basano sulla trasmissione di "luce" piuttosto che di elettricità: non si ha a che fare con un trasporto di elettroni, ovvero correnti elettriche, ma con trasmissione di fotoni, ovvero i così detti quanti di energia. Si entra in un campo fisico in cui non è più possibile conoscere con precisione dove si trova e come si sta spostando una particella, dove quindi non è possibile conoscere con precisione lo stato delle particelle su cui si sta lavorando. Questi presupposti dovrebbero chiarire il perché l'ambito scientifico cambia completamente a livello atomico.

Niente più bit "uno" e "zero" dunque, perché in questo ambito di parla di qbit, ovvero bit quantistici. Non si ha a che fare con un cella elementare che può assumere un solo valore ("uno" o "zero" nel caso dei nostri computer), ma di una "scatola" che può essere sia "zero" che "uno", ovvero che contiene entrambi i valori. Il valore ottenuto dipende da come decidiamo di aprire questa "scatola" e non è possibile sapere cosa sarebbe successo se avessimo aperto la "scatola" in maniera diversa. Stiamo parlando della sovrapposizione di stati, dunque di una casualità intrinseca: la nostra "scatola" è sia "zero" che "uno" finché non la osserviamo.

Nella pratica, la Professoressa Vuckovic con il suo team non fanno altro che colpire un elettrone con un laser, in modo da capire il suo spin (in termini molto grezzi, si parla di rotazione della particella): è proprio lo spin che rimpiazza il classico "uno" e "zero". A differenza dell'elettronica odierna basata sui bit, quando un laser colpisce un elettrone in un sistema quantistico crea diversi spin possibili, che stabiliscono i presupposti per processi computazionali più complessi rispetto a quelli attuali. Non bisogna perciò considerare il computer quantistico come una semplice evoluzione del computer attuale, ma come un dispositivo complementare in grado di affrontare calcoli estremamente complessi e specifici.

Alcune imprese stanno realizzando (o han già realizzato, vedi D-Wave 2000Q Quantum Computer) i loro computer quantistici enormi basati su materiali che possono essere raffreddati a temperature vicine allo zero assoluto (parliamo di zero gradi kelvin, dove le particelle non si muovono). Al contrario la Professoressa Vuckovic vuole realizzare un computer quantistico che sia in grado di funzionare a temperatura ambiente, ovvero 25 gradi centigradi.

Attualmente gli sforzi sono concentrati sulla scelta dei materiali che siano in grado di intrappolare un singolo elettrone: con la collaborazione di diversi studi di ricerca in tutto il mondo, per ora ci si sta focalizzando su tre approcci diversi. L'obiettivo è la realizzazione dell'unità base del futuro chip quantistico, ovvero l'equivalente del transistor tanto caro alla Silicon valley.

Ad oggi non è ancora chiaro quale approccio possa dare risultati migliori, nel frattempo gli esperimenti continuano.