Cos'è l'Effetto Hall? Perché è importante per i dispositivi del futuro?
Un team internazionale di fisici ha recentemente compiuto importanti progressi nell'uso di materiali antiferromagnetici nei dispositivi di archiviazione di memoria. I loro risultati, pubblicati su Nature Physics, dimostrano il legame fondamentale dell'effetto Hall con la realizzazione di dispositivi di prossima generazione.
Partiamo innanzitutto col dire che gli antiferromagneti sono dei materiali che hanno un magnetismo interno generato dallo spin degli elettroni, ma quasi nessun campo magnetico esterno. Sono quindi molto interessanti per il loro potenziale di archiviazione dei dati perché, l'assenza di questo campo magnetico esterno, determina che le unità di dati (i bit) possano essere immagazzinate in maggiore quantità all'interno del materiale.
Tutto l'opposto quindi dei ferromagneti attualmente utilizzati nei dispositivi di memoria magnetica standard. Infatti, in questi dispositivi, i bit generano campi magnetici esterni (detti anche "a lungo raggio"), che impediscono loro di essere concentrati troppo vicino, altrimenti interagirebbero tra loro.
Ed è qui che entra in gioco l'Effetto Hall. Un fenomeno fisico in cui una tensione appare perpendicolare alla direzione della corrente applicata, che viene quindi misurata per leggere un bit antiferromagnetico.
Se infatti gli spin sono tutti capovolti, la tensione di Hall cambia segno. Quindi, un segno della tensione di Hall corrisponde ad un "1" mentre l'altro segno ad uno "0", la base del fondamentale codice binario utilizzato in tutti i sistemi informatici.
Sebbene gli scienziati conoscano già da tempo le proprietà dell'effetto Hall nei materiali ferromagnetici, l'effetto in quelli antiferromagnetici è stato riconosciuto solo negli ultimi anni, ed è tuttora poco compreso.
Di recente, un team internazionale di ricercatori, facenti capo all'Università di Tokyo, alla Cornell, alla Johns Hopkins University ed all'Università di Birmingham, hanno suggerito una spiegazione dell'"effetto Hall" in un materiale che ha un effetto Hall spontaneo particolarmente forte.
I ricercatori hanno concentrato il loro interesse su un particolare cristallo a struttura magnetica Mn3Sn (manganese e stagno), perché non è un antiferromagnete perfetto, ed ha un debole campo magnetico esterno. Volevano infatti scoprire se questo debole campo magnetico fosse responsabile dell'effetto Hall.
Ciò che è stato osservato in seguito è stato l'aumento del campo magnetico esterno residuo, ma senza un incremento sostanziale della tensione, dimostrando come la disposizione degli elettroni rotanti all'interno del materiale sia responsabile dell'effetto Hall.
Clifford Hicks, dell'Università di Birmingham e coautore dell'articolo, ha affermato: "Questi esperimenti dimostrano che l'effetto Hall è causato dalle interazioni quantistiche tra gli elettroni ed i loro spin. I risultati sono molto importanti per comprendere e migliorare le future tecnologie di memoria magnetica".
I loro risultati avranno implicazioni sia per i ferromagneti che per gli antiferromagneti, e quindi, in generale, per molti dei dispositivi di memoria di prossima generazione.
A proposito di dispositivi del futuro, sapete cos'è un computer quantistico? Scopriamolo insieme con questa news.
FONTE: Nature Physics
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