In cosa consiste il paradosso dell'amico di Wigner?

In cosa consiste il paradosso dell'amico di Wigner?
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Il paradosso dell’amico di Wigner è un esperimento mentale di fisica quantistica concepito nel 1961 dal fisico Eugene Wigner, che dimostra il ruolo della coscienza per il processo di misurazione in meccanica quantistica.

Può essere considerato un’estensione del famoso paradosso del gatto di Schrödinger, in quanto pone la sovrapposizione di stati come punto cardine del suo enunciato. Nello specifico, Wigner immagina che un suo amico compia l’esperimento del gatto di Schrödinger, misurando lo stato di sovrapposizione tra “gatto vivo” e “gatto morto”, e facendo quindi collassare la funzione d’onda di uno di questi possibili stati. A seguire, un altro soggetto (nel caso specifico lo stesso Wigner), misura a sua volta il dato già osservato dall’amico nel laboratorio adiacente, senza conoscerne il risultato. Questo approccio genera due sistemi distinti: il sistema "scatola", che contiene il gatto di Schrödinger, e il sistema "laboratorio" all'interno del quale troviamo l'amico di Wigner. Il paradosso risiede nel fatto che l'amico di Wigner, aprendo la scatola contenente il gatto, diventa osservatore di quel dato evento, portando lo stesso sistema scatola ad ammettere due possibilità ("gatto vivo" e "gatto morto"). E considerando che l'indeterminazione dello stato del sistema "laboratorio" è dovuta solo all'indeterminazione del sistema "scatola", si ha che anche lo stato del sistema "laboratorio" dovrebbe collassare prima che Wigner possa effettuare la sua osservazione, in contraddizione con il fatto per cui fino all'effettiva osservazione di Wigner siano ammessi entrambe gli stati del sistema laboratorio ("gatto vivo" oppure "gatto morto").

Il punto centrale del paradosso consiste nel relativismo della realtà stessa, e nel capire se i due osservatori vedono la stessa cosa. L’esperimento si interroga quindi sull’esistenza di una realtà oggettiva, indipendente dall’osservatore e dal libero arbitrio personale. Wigner elaborò questo paradosso in correlazione al problema mente-corpo inerente alla meccanica quantistica, per riflettere l’apparente incompatibilità della teoria quantistica deterministica e non deterministica.