Criptovalute, nuova stretta in Corea del Sud sugli exchange esteri

Criptovalute, nuova stretta in Corea del Sud sugli exchange esteri
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La stretta sulle criptovalute della Commissione Europea non è l’unico chiaro segnale lanciato dalle autorità globali verso il mondo delle monete virtuali. Anche la Corea del Sud negli ultimi giorni ha avviato un’azione restrittiva nei confronti dei servizi exchange di criptovalute esteri, potenzialmente chiudendoli per “operazioni illegali”.

Stando a quanto riportato anche da Business Insider, la Commissione per i servizi finanziari della Corea del Sud ha esortato la maggior parte dei fornitori di servizi di asset virtuali stranieri a effettuare la registrazione presso di loro, pena la chiusura per operazioni illegali o multe fino a 50 milioni di Won sudcoreani, ovvero circa 43.500 Dollari, nel caso in cui gli exchange continueranno a operare anche senza la dovuta registrazione.

Nello specifico, citiamo quanto segue dalla nota: “Per i VASP stranieri che continuano a operare senza registrazione oltre la scadenza del 24 settembre, la KoFIU li informerà delle loro attività illegali e intraprenderà azioni come bloccare l'accesso ai loro siti Web per inibire le loro operazioni commerciali illegali”. Per lo stesso motivo, nell’aprile 2021 tutti gli exchange di criptovalute sudcoreani erano a rischio chiusura causa mancata registrazione; solo in seguito è stata rinviata la scadenza dell’ordine.

L’obiettivo è quello di arrestare l’utilizzo delle criptovalute per attività illecite: la registrazione degli exchange presso il regolatore, assieme alla soddisfazione di un’ulteriore serie di requisiti, sono provvedimenti che rientrano nelle strategie antiriciclaggio della Commissione per i servizi finanziari, esattamente come sta accadendo nel mercato del Vecchio Continente con la pressione della Commissione Europea. In futuro, quindi, potrebbe essere veramente a rischio l’anonimato delle transazioni crypto.

Restando nel mondo criptovalute, recentemente il co-creatore di Ethereum ha lasciato il settore in quanto “troppo rischioso”.