Crisi dei semiconduttori: per la Casa Bianca la situazione resta disperata

Crisi dei semiconduttori: per la Casa Bianca la situazione resta disperata
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Nonostante gli ultimi report abbiano fatto sperare in un lieve miglioramento della crisi dei semiconduttori, il chip shortage sta ormai interessando anche i più alti livelli della politica mondiale: per esempio, nella giornata di ieri anche la Casa Bianca è intervenuta sulla questione, spiegando le sue prospettive di ripresa dallo shortage.

Purtroppo, riportano Bloomberg e il Washington Post, la situazione sarebbe ancora disperata, e le speranze per una sua risoluzione a breve termine si sono quasi del tutto spente. In particolare, il Segretario del Commercio americano Gina Raimondo (equivalente del Ministero dello Sviluppo Economico italiano) ha spiegato che "Non siamo nemmeno vicini a intravederne una fine".

Le dichiarazioni di Raimondo arrivano dopo lunghi colloqui della Casa Bianca con i produttori di chip, che sono stati raccolti in un report del Dipartimento del Commercio che spiega che nessun produttore "ipotizza che la situazione possa risolversi nei prossimi sei mesi". Il report, d'altro canto, fa eco alle parole del CEO di Intel Bob Iger, che già prima della fine del 2021 aveva spiegato che lo shortage si sarebbe protratto fino al 2023 inoltrato.

Il report si basa sulle previsioni di 150 produttori diversi in ambito informatico, compresi "quasi tutti i maggiori produttori di semiconduttori e delle compagnie in diverse industrie di consumo". Il documento, inoltre, scava anche più in profondità, spiegando tra le altre cose che la crisi al momento è causata da un eccesso di domanda, e non tanto da una riduzione dell'offerta dei chip, che è anzi tornata ai livelli pre-pandemia. Il Dipartimento del Commercio, infatti, ha calcolato che la domanda dei chip si è alzata del 17% tra il 2019 e il 2021.

Il report continua spiegando che alcune aziende hanno componenti per soli cinque giorni di produzione in magazzino, ma anche che questa situazione è una di quelle più critiche riscontrate dalla Casa Bianca, e non è generalizzata: il Dipartimento tuttavia spiega che "ciò potrebbe significa che un problema oltreoceano, con la chiusura di un sito produttivo per 2-3 settimane, ha la possibilità di bloccare anche le manifatture americane e i lavoratori degli Stati Uniti, se le aziende hanno delle scorte così ridotte".

Il riferimento è qui chiaramente alle chiusure di intere città imposte dal Governo di Pechino in risposta al Coronavirus: come vi abbiamo raccontato un paio di settimane fa, per esempio, il lockdown di Xi'an e della fabbrica di RAM della città hanno messo a rischio la disponibilità di RAM e SSD di Micron.

Il Dipartimento spiega poi quanto era già noto, ovvero che non sono i chip più recenti ad essere soggetti allo shortage, che invece colpisce duramente i chip logici "legacy", i chip analogici e i chip optoelettronici: tutte queste componenti, tuttavia, sono di importanza centrale per i produttori, poiché gestiscono il power management e il processing delle immagini, ma anche le frequenze radio e i dati biometrici, trovando infatti ampia applicazione anche in ambito medico e nell'automotive.

Infine, il report spiega che "Il collo di bottiglia principale è la produzione di wafer, o quantomeno la capacità produttiva di questi ultimi, che però richiede delle soluzioni di lungo periodo". Insomma, la situazione pare disperata, e si risolverà solo quando gli enormi investimenti in nuovi impianti produttivi ripagheranno i produttori, ovvero quando gli impianti stessi entreranno a regime, non prima di fine 2023.