Decisione storica in Danimarca: vietato utilizzo Chromebook e suite Workspace nelle scuole
Dopo la stangata italiana ai danni di Google, direttamente dalla Danimarca giunge la notizia di una decisione storica: il divieto di utilizzo di Chromebook e suite Workspace nelle scuole, il tutto per la “mancata conformità” dei servizi alla GDPR dell’Unione Europea relativa alla privacy dei dati.
La decisione non è stata presa così rapidamente dalle autorità danesi: in seguito a un report del 2020 intitolato “Breach of Personal Data Security”, Datatilsynet (l’autorità nazionale per la protezione dei dati) ha condotto una valutazione dei rischi per la città di Helsingør determinando infine la necessità di un ban dei servizi Google nelle scuole.
La sentenza è stata pubblicata la scorsa settimana, come ripreso da TechCrunch, e implica che nelle scuole non vengano utilizzati i Chromebook e i principali servizi Google inclusi nella suite Workspace, compresi Gmail, Google Docs, Google Drive e Calendar. Secondo Datatilsynet, i termini e le condizioni di Google acconsentirebbero il trasferimento di dati ad altri paesi per il supporto anche quando si trovano nei data center sotto lo sguardo dell’Unione Europea. Sebbene questa ultima sentenza si applichi tecnicamente solo alle scuole di Helsingør, le autorità hanno consigliato agli istituti di altre città di eliminare i dati degli utenti e applicare il divieto alla stessa maniera.
In tutto ciò, un portavoce di Google ha dichiarato quanto segue: “Comprendiamo che gli studenti e le scuole vogliono che la tecnologia che usano sia legale, responsabile e sicura. Ecco perché negli anni Google ha investito in best practice sulla privacy e in un'attenta valutazione del rischio. La nostra documentazione è ampiamente disponibile in modo che chiunque possa leggerla su come aiutiamo le organizzazioni a conformarsi al GDPR. Le scuole hanno i propri dati. Trattiamo i dati solo in conformità con il nostro contratto con loro. In Workspace for Education, i dati degli studenti non sono mai destinati a scopi pubblicitari o commerciali. I nostri servizi sono sottoposti ad audit da parte di organizzazioni indipendenti. Le nostre pratiche superano anche le revisioni interne per mantenere i più alti standard possibili di sicurezza e conformità”.
Mentre la Danimarca agisce contro Big G, la società ha aperto le porte ai pagamenti con servizi di terze parti sul Play Store.
FONTE: TechCrunch
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