Una dieta vegana potrebbe aiutare contro l'artrite reumatoide: ecco come
Applicare qualche modifica alla propria dieta a volte è essenziale per vivere più a lungo, o almeno vivere meglio. Giusto lo scorso febbraio abbiamo visto come la dieta ottimale possa allungare la vita di circa dieci anni. Una nuova ricerca, però, ci mostra come una dieta vegana potrebbe aiutare contro l’artrite reumatoide.
Lo studio pubblicato sull’American Journal of Lifestyle Medicine è alquanto interessante, in quanto segnalerebbe una correlazione tra la dieta vegana a basso contenuto di grassi e senza restrizioni caloriche, e l’alleviamento del dolore articolare causato dall’artrite; a ciò si aggiungerebbe anche una perdita di peso e un miglioramento dei livelli di colesterolo.
Nel contesto di questa ricerca, ai partecipanti è stato chiesto di valutare la gravità del loro dolore articolare in una scala da “nessun dolore” a “il più forte possibile”, con una valutazione seguente della gravità effettiva dell’artrite reumatoide sulla base di articolazioni dolenti, articolazioni gonfie e valori della proteina C reattiva. Dunque, i ricercatori hanno sottoposto una parte dei 44 adulti esaminati a cui è stata precedentemente diagnosticata l’artrite reumatoide a una dieta vegana per quattro settimane, con eliminazione di certi alimenti per tre settimane e reintroduzione successiva e individuale per nove settimane. Ai partecipanti veniva comunque affidata la gestione autonoma della preparazione del cibo. Un altro gruppo, invece, ha assunto una capsula placebo al giorno.
Ebbene, coloro che hanno intrapreso l’avventura vegana hanno notato una riduzione del dolore articolare tale da ridurre la sua valutazione di due punti, mentre il numero medio di articolazioni gonfie è calato da 7 a 3,3. Nel secondo gruppo, invece, la capsula placebo ha portato a una riduzione di 0,3 punti del dolore articolare, mentre il numero medio di articolazioni gonfie sembrerebbe essere aumentato.
In aggiunta alla riduzione di dolore e gonfiore, la dieta vegana avrebbe portato a una perdita di peso media pari a 6 chilogrammi, oltre a una riduzione di colesterolo totale, LDL e HDL.
Restando sempre sul tema del cibo, abbiamo anche visto che per ridurre il rischio di scompenso cardiaco potrebbe bastare un “pizzico di sale” in meno.
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