Ecco come l'FBI ha buttato giù il più grande sito pedopornografico del Deepweb

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L'FBI ha tenuto in questi giorni una conferenza stampa per spiegare (e difendere) i metodi utilizzati per eliminare uno dei principali siti pedopornografici del deepweb. L'operazione ha portato all'arresto di un cinquantenne della Florida, che ora sconta venti anni di galera per quello che è il peggior crimine che una persona possa commettere.

Il sito in questione era descritto come il "più grande sito pedopornografico al mondo", con oltre 150.000 utenti attivi ogni mese, connessi da ogni parte del globo. Numeri che all'epoca della notizia avevano fatto accapponare la pelle, oltre che sollevato numerosi interrogativi su quanto fosse diffusa questa piaga. L'FBI ha quindi tenuto una conferenza stampa non solo per spiegare i metodi utilizzati, ma anche per giustificarli, visto che all'epoca fecero pure questi parecchio discutere il mondo degli attivisti interessati alla sicurezza informatica.

Gizmodo in particolare aveva descritto quella dell'FBI come una "decisione controversa in questi giorni". L'FBI aveva infatti preso il possesso del sito, tenendolo tuttavia attivo (con tutti i suoi contenuti intatti e perfettamente visibili) per ben due settimane. L'obiettivo? Creare una trappola che non destasse il minimo sospetto agli utenti abituali che, via via che si connettevano e si riconnettevano, venivano infettati con un malware usato dai federali per acquisire preziosi informazioni quali indirizzo IP e luogo di connessione.

L'FBI ha dichiarato che si trattava di una operazione su larga scala regolarmente autorizzata da un procuratore federale, che ha condotto ad indagini su mille utenti negli States, e altre migliaia in Europa, Israele, Turchia, Perù, Malesia, Cile e Ucraina. Dei mille americani sono stati almeno 350 le persone arrestate, di cui 25 produttori di contenuti pedopornografici e 51 persone che non si limitavano a guardare, ma che erano rei di abuso vero e proprio. L'operazione ha condotto all'identificazione di 55 bambini americani e 296 di altra provenienza, tutti sottoposti alle molestie di cui il sito si nutriva, e che ora si trovano al sicuro.

La controversia, come spiegò all'epoca la testata Motherboard, consiste nel fatto che ben 8.000 computer in 120 paesi sono stati sottoposti a violazione informatica sulla base di un singolo mandato. Facile dire che i fini giustificano i mezzi, ma stiamo parlando pur sempre del sistema penale (americano e non solo) le cui garanzie costituzionali sono fondamentali. Questione non banale che, verosimilmente, sarà oggetti di discussioni da parte della dottrina giuridica americana -oltre che dai media interessati al tema della sicurezza informatica- ancora a lungo.

L'operazione, aggiunge l'FBI, ha portato ad un rafforzamento della cooperazione internazionale nell'intervento contro questo terribile crimine.