Facebook dovrebbe smetterla di ospitare la campagna elettorale dei politici?

Facebook dovrebbe smetterla di ospitare la campagna elettorale dei politici?
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In queste ore negli USA si sta discutendo molto del fatto che Facebook e Twitter abbiano esplicitamente dichiarato che non interverranno sul contenuto dei messaggi promozionali dei politici durante questa campagna elettorale. Significa che ogni politico ha carta bianca e può diffondere falsità senza nessuna forma di conseguenza.

Il Comitato per la rielezione di Donald Trump è accusato di avere confezionato un video contro il candidato democratico Joe Biden con una serie di bugie conclamate. Il video è stato sponsorizzato, ma Facebook e Twitter si rifiutano di rimuoverlo o accompagnarlo con un disclaimer che avverta del contenuto potenzialmente diffamatorio. I social, in altre parole, stanno rivendicando un ruolo di assoluta neutralità, rifiutando di comportarsi da censori.

Ovviamente gli avversari di Trump non l'hanno presa benissimo, e Elizabeth Warren ha deciso di sfruttare la filosofia di Facebook contro il social stesso: la sua campagna ha sponsorizzato un post diffamatorio contro Mark Zuckerberg, anche questo con un'introduzione palesemente falsa. La Warren in realtà nel post stesso avverte che si tratta di un semplice stunt elettorale, ma l'idea è quella di sottolineare come l'accettare ogni balla dei politici non sia esattamente una scelta di buon senso. La Warren, per capirci, è la stessa candidata di dem che secondo Zuckerberg potrebbe generare un duello legale tra la sua azienda e il Governo nel caso in cui vincesse le elezioni.

Ora Josh Constine ha firmato un acceso editoriale su Tech Crunch, mettendo in dubbio il fatto stesso che i social debbano accettare pubblicità elettorale:

"Premettere falsità nelle pubblicità elettorali potrebbe anche funzionare, se solo avessimo una democrazia funzionale. Ma non è così", scrive Constine. "E ora, gli hyperlink trasformano le bugie in donazioni elettorali, e le donazioni si trasformano a loro volta in bugie ancora più grandi."

E continua: "ci troviamo davanti ad una distopia della disinformazione che si rinforza da sola, ecco perché Facebook, Twitter, Snapachat e Youtube non vogliono essere gli arbitri della verità negli spot elettorali. Dovrebbero smettere di accettarli. Se non sono in grado di diffonderli in modo sicuro, allora non dovrebbero diffonderli affatto".

Trovate l'editoriale completo nel link in fonte.