Facebook, studio conferma: fake news hanno molte più interazioni delle notizie verificate
Le fake news su Facebook sono tra i contenuti con più interazioni all’interno del social network: uno studio recente in merito al comportamento degli utenti sulla piattaforma di Mark Zuckerberg ha scoperto che la disinformazione riceve sei volte più “mi piace” e condivisioni rispetto alle notizie verificate.
Lo studio peer-reviewed è stato condotto da ricercatori della New York University e dell'Université Grenoble Alpes in Francia, e ha analizzato i post Facebook di oltre 2.500 editori di notizie come CNN, fonti note per la loro affidabilità come l'Organizzazione Mondiale della Sanità e altre pagine Facebook nel periodo tra agosto 2020 e gennaio 2021. Per giungere alle seguenti conclusioni, gli esperti si sono basati sulle categorizzazioni delle organizzazioni NewsGuard e Media Bias/Fact Check, da tempo interessate alla disinformazione online, che dividono migliaia di editori in base alle loro inclinazioni politiche e in base alla loro propensione a condividere notizie affidabili o inaffidabili.
Ebbene, lo studio ha permesso di scoprire che le pagine da tempo note per la diffusione di fake news, sia di estrema destra che di estrema sinistra, generano molto più coinvolgimento tra gli utenti Facebook rispetto alle pagine ufficiali degli stessi schieramenti politici. Si nota, però, come nel caso degli editori e gruppi di destra ci sia una propensione molto più alta a condividere informazioni fuorvianti rispetto agli editori di altre categorie politiche; o ancora, fra le varie pagine di estrema destra, quelle che diffondono disinformazione ottengono il 68% delle interazioni degli utenti. I temi su cui si focalizzavano i contenuti analizzati dallo studio riguardavano la pandemia di COVID-19, le teorie del complotto sui vaccini e su trattamenti alternativi, ma anche le elezioni presidenziali statunitensi.
Lo studio ha comunque provato che non ci sono dati concreti relativi a un potenziale danno causato dagli algoritmi di Facebook. Piuttosto, una delle autrici dello studio, Laura Edelson, ha spiegato che “la disinformazione viene amplificata perché funziona bene con chi si circonda di utenti e contenuti che postano notizie fuorvianti in maniera regolare”. Si tratterebbe quindi di una diffusione notevole tra gruppi privati e chat personali, dentro cerchie di persone che condividono principalmente notizie da fonti non verificate.
In risposta a questo studio, il portavoce di Facebook Joe Osborne ha dichiarato quanto segue: “Questo rapporto esamina principalmente il modo in cui le persone interagiscono con i contenuti, che non deve essere confuso con quante persone effettivamente lo vedono su Facebook”.
Sempre a proposito di Facebook, uno rapporto pubblicato da ProPublica ha riferito che la società potrebbe leggere le conversazioni private su WhatsApp.
FONTE: Washington Post
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