Fusione di due enzimi "mangia plastica" rende smaltimento del materiale 6 volte più veloce

Fusione di due enzimi 'mangia plastica' rende smaltimento del materiale 6 volte più veloce
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La plastica è diventata un problema enorme per il nostro pianeta e una soluzione per il suo smaltimento sembra essere davvero molto lontana. Fortunatamente gli esperti lavorano ogni giorno per trovare una soluzione, e questa nuova trovata potrebbe tornarci molto utile: l'enzima PETase adesso riesce digerire la plastica sei volte più velocemente.

L'enzima non è stato scoperto adesso, ma nel 2016 da un batterio che prolifera tra i rifiuti plastici. Gli esperti hanno creato un "cocktail" enzimatico grazie a un secondo enzima trovato nello stesso batterio che è stato combinato con PETase. Quest'ultimo scompone il polietilene tereftalato (PET) nei suoi elementi costitutivi, creando un'opportunità per riciclare la plastica all'infinito.

Come ben sappiamo, il PET è il termoplastico più comune, utilizzato per produrre bottiglie per bevande monouso e molto altro ancora. Il team ha progettato l'enzima naturale PETasi in laboratorio per essere circa il 20% più veloce nella scomposizione di questa plastica. Il secondo enzima, invece, è stato chiamato MHETase e ha raddoppiato la velocità di rottura del materiale.

Lo studio è pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. "I nostri primi esperimenti hanno dimostrato che funzionavano davvero meglio insieme, quindi abbiamo deciso di provare a collegarli fisicamente, come due Pac-men uniti da un pezzo di corda", afferma il professor John McGeehan, direttore del Center for Enzyme Innovation (CEI) presso l'Università di Portsmouth che ha condotto lo studio insieme al collega Gregg Beckham, Senior Research Fellow presso il National Renewable Energy Laboratory (NREL) negli Stati Uniti.

"Siamo stati lieti di vedere che il nostro nuovo enzima chimerico è fino a tre volte più veloce degli enzimi separati naturalmente evoluti, aprendo nuove strade per ulteriori miglioramenti", afferma infine l'esperto. Insomma, una scoperta che potrebbe essere utilizzata in futuro per la scomposizione - una volta per tutte - della plastica.