E' grazie a Giulio Cesare se noi, oggi, conosciamo molto di più sulla misteriosa Britannia

E' grazie a Giulio Cesare se noi, oggi, conosciamo molto di più sulla misteriosa Britannia
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La Britannia, durante le guerre galliche condotte da Giulio Cesare, non era solo conosciuta come il confine ultimo del mondo. In molti suoi scritti il generale ribadì come questa terra fosse in estremo contatto con il mondo gallico e che rappresentasse una minaccia. Per questo il futuro dittatore avviò una spedizione per invadere l'isola.

Dopo continui interventi da parte dei ricchi e misteriosi britanni, nel 55 a.C. (4 anni prima di incontrare Cleopatra in Egitto), Giulio Cesare provò ad approdare, con ottanta navi, nel porto di Dover. Il suo attacco, tuttavia, non fu una sorpresa per gli abitanti dell'isola, che si fecero trovare armati nelle vicinanze e li attaccarono.

Il primo scontro assoluto tra romani e britanni non fu facile, ma alla fine i primi ebbero la meglio grazie alle proprie sofisticate armi d'assedio.

Da quel momento, Giulio Cesare si illuse di aver conquistato parte del confino del mondo. Iniziò, quindi, a costruire dei campi fortificati e ad avviare trattative diplomatiche con i capi locali.

L'azione militare cesarea avrebbe, probabilmente, avuto successo nelle fasi iniziali, se non vi fosse stata una terribile tempesta a ostacolare gran parte della cavalleria in arrivo dal continente per rinforzare le linee di difesa ed offensiva.

I Britanni non si lasciarono scappare un'occasione d'oro del genere: iniziarono i primi episodi di ribellione, soffocati nel sangue dalle forze romane. Alla fine, le tribù si videro costrette a chiedere nuovamente la pace e a consegnare numerosi ostaggi.

Con l'arrivo dell'inverno, la prima esperienza traumatica della Britannia si concluse per Cesare. Quest'ultimo tornò velocemente in Gallia, dove dislocò gran parte delle proprie legioni, sia perché non abituato al clima rigido atlantico sia perché diventava difficile, per le navi, rifornire i soldati.

Dall'altra parte della Manica, però, i Britanni insorsero per un'ennesima volta, questa volta mancando ai patti presi col generale romano. Cesare, quindi, organizzò una seconda invasione, con un Senato che lo appoggiava in pieno.

Questa volta non si mirava solo ad una semplice conquista territoriale, ma a qualcosa in più: le misteriose ricchezze dell'isola britannica, note in tutt'Europa. Per questo Roma inviò, nella seconda spedizione, cinque legioni e ottocento navi.

E' probabile che questo gran numero di soldati abbia intimorito i Britanni che, al contrario della prima volta, non attaccarono immediatamente. Fu solo dopo la marcia notturna romana nell'entroterra inglese a spingere le tribù ad attaccare gli invasori.

Cesare riuscì ad avere nuovamente la meglio, ma anche questa volta le sue navi vennero distrutte da una tempesta, costringendolo a tornare al punto in cui era approdato. Qui si accampò, con le sue forze militari, in attesa di riparare tutto ciò che era andato distrutto.

Improvvisamente, Cassivellauno, un signore delle terre al nord del fiume Tamigi, attaccò le truppe romane, iniziando una serie di guerriglie con l'obiettivo unico di fermare l'avanzata di Cesare.

Il generale, però, era nettamente superiore. In poco tempo, le forze romane portarono la guerra nelle terre di Cassivellauno (forse intorno al villaggio di Wheathampstead), costringendolo alla resa. Da quel momento in poi, si diede il via ad una serie di trattative di pace che imposero alla Britannia di pagare, annualmente, un tributo a Roma e un certo numero di ostaggi.

Cesare creò, così, la base per la conquista definitiva dell'isola nel 43 d.C da parte dell'Imperatore Claudio, comandante della misteriosa Legio VIIII Hispana.

La Britannia, tutto d'un tratto, era diventata, con l'invasione cesarea, una terra esistente, con una propria economia, geografia ed etnografia. Gran parte delle informazioni che abbiamo su questi aspetti derivano proprio dalle trattive diplomatiche intraprese da Giulio Cesare.