Il diritto all'oblio vale anche per le recensioni? Il caso di un chirurgo romano e Google

Il diritto all'oblio vale anche per le recensioni? Il caso di un chirurgo romano e Google
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Un chirurgo ha preteso che venissero eliminate alcune recensioni negative fatte da suoi ex clienti su Google. Si è appellato al diritto all'oblio, quello che permette di rimuovere certe informazioni dal web lesive del proprio onore. I giudici hanno detto che questo principio non si può applicare alle recensioni.

Il diritto all'oblio, nella difesa della privacy e dell'onore delle persone, permette di richiedere la rimozione dal web alcune informazioni lesive appartenenti al passato, ad esempio notizie che riportino i precedenti penali di una persona. Da quando questo principio è stato introdotto nell'UE si è dibattuto a lungo sulla sua portata, su come debba funzionare, e su chi possa beneficiarne o meno. In linea di massima deve essere fatto un bilanciamento trai diritti rivendicati dalla persona —come quello a rifarsi una vita a molti anni di distanza dal compimento di un crimine— con il diritto di cronaca. In altre parole: quanto è importante che una certa notizia, a distanza di anni, continui ad essere reperibile?

Così è successo che un chirurgo romano, scontento di alcune recensioni negative ricevute dal suo studio, abbia chiesto a Google di rimuoverle. Al rifiuto dell'azienda, è seguita una causa per violazione del diritto all'oblio. Il Tribunale di Roma l'ha respinta, condannando il medico al pagamento delle spese sostenute dal colosso del tech. La sentenza ha fatto prevalere i principi costituzionali della libertà di espressione e della libertà d'impresa sul diritto rivendicato dal chirurgo. Una sentenza a suo modo importante, perché ci aiuta a capire meglio il quadro normativo in cui può operare un settore giovane come quello delle recensioni online —tra Google e Tripadvisor.

Google è stato assistito dal prestigioso studio legale internazionale Hogan Lovells.