L'arresto della CFO di Huawei diventa un caso internazionale, la Cina attacca gli USA

L'arresto della CFO di Huawei diventa un caso internazionale, la Cina attacca gli USA
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Abbiamo riportato questa mattina la notizia dell'arresto chiesto ed ottenuto dagli Stati Uniti ai danni della CFO di Huawei, Meng Wanzhou, che è stata accusata in Canada di aver violato le sanzioni all'Iran.

L'arresto arriva in un momento in cui le tensioni tra Stati Uniti e Cina sembravano pronte ad allentarsi, dopo l'incontro tra i due leader, Donald Trump e Xi Jinping.

Il caso, come ampiamente prevedibile, è divenuto rapidamente un affare di stato e sono scesi in campo anche esponenti politici molto importante, il tutto mentre Huawei in una nota parla di "accuse non specificate da parte del distretto orientale di New York. L'azienda ha ricevuto poche informazioni riguardo le accuse e non è a conoscenza di alcun illecito da parte della signora Meng. Siamo convinto e fiduciosi che le autorità canadesi e statunitensi raggiungeranno senza dubbio una conclusione corretta ed imparziale. Huawei rispetta le leggi e le regole dei paesi in cui ospita, incluse quelle in materia di controllo delle esportazioni dell'ONU, degli USA e dell'Unione Europea".

La parte che preoccupa di più i legali ed il governo cinese è quella che riguarda la richiesta di estradizione chiesta dagli USA al Canada.

A tal proposito è sceso in campo anche il Ministero degli Esteri cinese, che attraverso una dichiarazione rilasciata dal portavoce Geng Shuang in una conferenza stampa tenuta a Pechino ha affermato che il ministero ha "presentato rimostranze formali a Canada e Stati Uniti, chiedendo che entrambi chiariscano immediatamente le ragioni dell'arresto e liberino subito l'arrestata per proteggere i diritti legali della persona". Shuang si sofferma sul fatto che "la Cina non ha ricevuto alcuna spiegazione ufficiale, nè dal Canada che ha predisposto l'arresto il 1 Dicembre scorso, tanto meno dagli Stati Uniti che chiedono l'estradizione". Il governo asiatico sostiene che la detenzione in corso, "senza dare chiare ragioni, viola sicuramente i diritti umani della persona".